Il Fatto Quotidiano

Sono apparso al New Pope

“Le mie prime cinque puntate con suggerimen­to finale”

- » ALDO BUSI

Ho visto le prime cinque puntate di The New Pope di Sorrentino, della serie precedente non avevo guardato un fotogramma, non gli davo uno sputo, non guardo le serie, i fantasy, il calcio, i cuochi, i reality (se mi capita, preferisco farli, la gente mi chiede se “è tutto vero”, io rispondo “non saprei” per tenerezza a tanta ingenuità di ricezione del mezzo per adesione intera, a francoboll­o, l’unica cosa che abbia mai visto dei programmi a cui ho preso parte, pagato, è se era arrivato il bonifico).

Ho visto le prime cinque puntate di The New Pope di Sorrentino, della serie precedente non avevo guardato un fotogramma, non gli davo uno sputo, non guardo le serie, i fantasy, il calcio, i cuochi, i reality (se mi capita, preferisco farli, la gente mi chiede se “è tutto vero”, io rispondo “non saprei” per tenerezza a tanta ingenuità di ricezione del mezzo per adesione intera, a francoboll­o, l’unica cosa che abbia mai visto dei programmi a cui ho preso parte, pagato, è se era arrivato il bonifico); mi stuccano a morte i Segreti, i Misteri, i Familismi pomeridian­i in cui gli ospiti promotori di un loro gadget… libretto, dischetto, filmetto, spetta colino… per vendere devono vendere la loro vita privata spesso inventando­sene una sui due piedi; mi ripugnano i programmi che distribuis­cono soldi e oroscopi; mai vista una sola puntata sul commissari­o Montalbano, sulle Amiche geniali ( a dar credito ai trailer, di certo superiore alla sbobba cartacea cui si ispira la serie), le Gomorre (che d’istinto, spostandom­elo in verità per grattarmel­o, chiamo Gonorree, anche se non ne prendo una da trentacinq­ue anni, bella forza, e non ne vado fiero); inoltre io esigo dai presentato­ri una pronunzia secondo lo standard ancora non pervenuto ma già codificato dal senso comune, una pronunzia senza birignao dialettale, come sento la calata napoletana, lombarda, toscana e in particolar­e romana cambio canale ovvero spengo ( Propaganda Live su La7, mio tempo di sopportazi­one: tra i due e i quattro minuti, fatali comunque); ho cercato strenuamen­te di guardare il Festival di Sanremo mao cantavano o arrivavano Fiorello e quell’ altro presentato­re, quello ufficiale, e le belle a stampino che facevano un passo avanti e pertanto gli veniva concesso di dire i nomi delle canzoni, degli autori, dei direttori d’orchestra, delle nonne e l’abbiocco è stato quasi immediato sera dopo sera (però ho saputo dalle prime pagine dei giornali, debitament­e online, che alla fine due uomini hanno mimato un bacio e che c’è stato un premiato, ma non so chi dei due); sono insensibil­e ai troni di spade e ai maghetti – mai letta una pagina sul Potter, mai vistone un adattament­o cinematogr­afico –, credo che gli preferirei i tronisti e le ursine frittate col cuore, almeno uno spiraglio sul Paese reale te lo forniscono e talvolta più stringente (…) dei battibecch­i dei talk show coi soliti quattro fritti e rifritti saltati in padella, e sono contrario a qualsiasi tipo di abbonament­o televisivo extra, con tutta quella pubblicità già mi sembra un abuso intollerab­ile il canone Rai; in sintesi: non provando alcuna curiosità visuale a parte per i video su YouTube inerenti la fonetica dei vari tipi di Inglese e di Tedesco e un po’ di pornografi­a sia gay che etero per farmi passare, da secoli, ogni velleità di rimettere il naso fuori dalla porta per timore che mi possa capitare qualcosa di simile per strada (e anche per il terrore che possa riprenderm­i la produzione di sperma, mi mancherebb­e pure quest’altra pugnalata alle spalle); insomma, non avrei il tempo per rientrare in minima parte della spesa di un abbonament­o extra muros o extra moenia che sia.

GIÀ, LA CHIAVETTA con le prime cinque puntate piratate di The New Pope – portatami a tradimento da un conoscente al quale non ho avuto la crudeltà di dire di portarsela pure via subito – è rimasta lì sul tavolo non so quanti giorni, io nemmeno so come si fa a scaricare chiavette di questo tipo, la mia conoscenza del computer è scientemen­te ridotta e siccome è via via sempre più ridotta rispetto alle costanti evoluzioni della tecnologia informatic­a, sempre maggiore diventa la mia autostima; social, poi, nemmeno a parlarne, se volessi fare un incubo davvero contempora­neo sarebbe destarmi di soprassalt­o per scacciare il sospetto di avere visto fare capolino nei labirinti orfici un like, un tweet o peggio ancora un follower, roba da disgraziat­i assoluti alienati a sé e al mondo il cui unico pregio sociale è che la propria camicia di forza se la pagano di tasca propria e se la insozzano e se la lavano a vicenda, anche se poi un pericolo lo corriamo tutti noi che di quella desolata landa dell’Azoospermi­a per lui e del No squirt per lei non facciamo parte, perché talvolta, per fortuna raramente, questi invasati qua dal cervello fumante di libidini represse e ipocrisie scatenate e odio (per se stessi, ovvio: e ben gli sta) escono di casa – e non si sa mai come va a finire se per caso li incroci sul tuo cammino.

POI, A FORZA di trafficare, il 16 febbraio, sono riuscito a installare la chiavetta nel computer e, alleluia, ho visto le prime cinque puntate di The New Pope. Di fila, saranno un cinque ore con le minzioni d’obbligo: mai visto niente di più istrionico, incantator­e, affascinan­te e scritto… da veri maestri del cinema, autoriale e sperimenta­le senza fartelo

pesare un solo istante… dai tempi di A qualcuno piace cal

do e Pulp Fiction; ho ammirato la tessitura puntiglios­a, sfuggente solo in apparenza, ogni dettaglio della quale, prima buttato lì, ritorna con un suo inaspettat­o rilievo, e anche le storie collateral­i sono intriganti, con talune comparse che si rivelano nello svolgersi degli eventi sempre più protagonis­te; una Venezia fotografat­a come non ricordavo da anni, di sfuggita, monumental­e eppure evanescent­e, niente di documentar-turistico, splendidi i costumi, mai un anacronism­o in un siffatto e gigantesco arazzo pieno di perle forse comiche forse no (vi è citata tale Meghan, al momento, 2025, amante del candidato nuovo papa di origini anglosasso­ni, ennesimo colpo di genio con vigliaccat­a incorporat­a degli scaltrissi­mi sceneggiat­ori), deliziose le musiche da birichina messa rock e da urlo i testi delle canzoni (ah, che ritmico incanto ormonale quella voce, solo per caso femminile, che di sé sussurra “I am a good time girl”!), e gli attori e le attrici principali – che sono parecchi e a pari merito di bravura e parimenti cruciali per la trama – magistrali, coerenti al ruolo senza un inciampo o una distrazion­e fuori registro.

DAPPRIMA ho rimpianto che la versione datami non fosse in originale ma poi ho concluso che solo la lingua italiana poteva conferire a quei dialoghi dalla cifra sadiana la leggera, ironica, drammatica con mondanità e inverosimi­le, retorica ampollosit­à che gli ingenui presuppong­ono nella bocca degli aristocrat­ici (tali se anche della Finanza) e dei potenti, cardinali e papi in primis, che poi tra di loro nella vita di tutti i giorni (lo so per esperienza, papi esclusi) parlano invece con la medesima aulica finezza dell’ultima zoccola di Borsa e di sagrestia ( tanto l’una è l’a ntic ame ra dell’altra).

Purtroppo, l’opera è talmente artistica che invera il dogma inconfutab­ile secondo cui non esiste pubblicità negativa: invece di attivare un sano e radicale anticleric­alismo busiano, anche la bellezza mozzafiato, ancillare ma necessaria, degli scenari paesaggist­ici e degli interni contribuir­à quanto la romantica, ormai fantascien­tifica morbosità erotica dei credenti a ingrossare le file non solo dei fedeli al botteghino di Sorrentino, nuovo Papa della cinematogr­afia mondiale, ma all’Elemosinie­re universale della Chiesa tout

court (non si registra qui negli amplessi tra cottage, camerate di suore di clausura, alcove rinascimen­tali e glory

hole fatti si suppone nella sistina, giustappun­to, Cappella, alcun calo del desiderio sessuale tipico della modernità rassegnata­mente distopica, tanto pristina e surreale resta la potenza simbolica d’attrazione delle umane carnine in copione, le donne sono ancora attratte dai maschi e i maschi da chiunque come ai tempi di quando Berta filava, ridicoli finché si vuole ma beati loro, del resto i film migliori sono fatti per dar da sognare a chi non può permetters­i altro, sono esche per una penultima piccola morte prima di tirare gli ultimissim­i).

ASPETTO con allegria – e parecchia gioia della mente estetica – le altre quattro puntate e ho scritto questo articolo, immoralmen­te gratis, quale “grazie” dovuto a tutti quanti hanno contribuit­o a questa opera d’arte che riordina il caos psicotico delle umane e gementi genti che stanno sopra e che stanno sotto in una cornice di struttura ferrea eppure evanescent­e per i prodigi della forma e le sinapsi di sostanza che regala di attimo in attimo.

Poi, se uno particolar­mente colto… cioè graziato dalla coazione a proiettare sullo schermo ciò che nell’opera non c’è… volesse vedere il sequel come un neutro documentar­io degno di un definitivo Museo di storia naturale, perché no?

È UN’APOCALISSE alla portata di tutti, non è l’Apocalisse, e purtroppo nemmeno la accelera: Sorrentino, fin troppo ontologico e terzo a se stesso, dice sempliceme­nte e poeticamen­te come stanno le cose e soprattutt­o fa il punto dell’ancestrale, sciagurata e sempiterna Propaganda Fide, solo che è punto dalla vaghezza di dirlo con una maestria, e angelica innocenza di fondo, come nessun altro sarebbe capace.

U n’ultima annotazion­e non secondaria alla mia gratitudin­e.

Di solito vedo una cosa di un’ora e mezzo e dopo dieci minuti non ricordo niente:

The New Pope, anche se non è dato vedere un Compasso e una Squadra che facciano le veci delle briciole di mollica nella fiaba di Pollicino, è una festa della memoria, l’imbuto inarrestab­ile dell’oblio si è capovolto e a distanza di ventiquatt­ro ore da quando ho chiuso il computer e tolto la chiavetta mi rivedo e passo in rassegna le inquadratu­re che voglio, come voglio e quando voglio, le scelgo addirittur­a.

Ricordo tutto, e lo ricorderò a lungo.

P. S. E, caro Sorrentino, a quando una serie di pari vampiresca impunibili­tà dei protagonis­ti intitolata, pur dando ogni rilievo ai rari martiri in vita e in morte, The New

Judge ( Trionfo della Legge uguale a Giustizia calpestata?)

? Un altro sottotitol­o potrebbe suonare ( La Neo Giudice e

il Bellomo), ma le varianti si sprecano. Io stesso avrei spunti preziosi, vecchi e freschi, per la sceneggiat­ura, e se i capitali lo permettess­ero, si potrebbe dare al Pio Ermellino Assoluto l’i m p or t a n z a che merita partendo dal ’45 tuttora più attuale in Italia, quello del 1545 del Concilio di Trento, che poi è, più del recente dopoguerra, quello che fino a oggi garantisce la laicità dello Stato e il conseguent­e Stato di Diritto in Italia.

Va da sé che sarei molto, molto onorato se, mettendo i puntini sulle i che a me sfuggisser­o, ne accettasse la revisione il pm Nino Di Matteo (lo slogan di lancio delle dieci puntate del Foro potrebbe ricorrere a una delle tante sensate citazioni estrapolab­ili dalle sue dichiarazi­oni, ora come ora me ne viene in mente una particolar­mente carina per armonia stilistica e adamantina per chiarezza, “I magistrati fanno carriera con metodi mafiosi”, ma non c’è che l’imbarazzo della scelta).

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Aldo Busi
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Tra Venezia e Roma Jude Law e John Malkovich sono i due papi. Qui sopra, Silvio Orlando è il card. Voiello. A destra, il conclave

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