Il Fatto Quotidiano

Lacrime di Porro: al suo confronto la D’Urso è la Streep

- » ANDREA SCANZI

Egli ha pianto. Lunedì sera, su Rete4, 936 mila persone (4,6% di share) hanno vissuto la stordente meraviglia di vedere Nicola Porro piangere. Oddio, piangere: è stata più una sorta di semiparesi momentanea, roba che il buon Renè Ferretti di Boris l’avrebbe battezzata con il sempiterno “cagna maledetta!”, ma il momento è stato comunque leggendari­o.

Porro, 50 anni e sartoria di medio pregio, conduce il talk-show preferito da Matteo Salvini. Si chiama Quarta Repubblica, e il titolo è ottimo, perché non vuol dire un cazzo: proprio come il programma. Gli ospiti pressoché fissi sono le spoglie mortali di Sgarbi e l’uomo dal cognome doppiament­e fallico Capezzone, a conferma di come le disgrazie non vengano mai sole. Porro è molto attivo sui social. Ogni giorno o quasi ci regala una diretta social in cui, con la scusa di commentare i fatti del giorno, fa sempre le stesse cose: difende Salvini; dileggia Conte; zimbella le Sardine; e insulta il Fatto Quotidiano. Nell’ecosistema buffamente lunare di Rete4, che dopo il Rinascimen­to abortito di Gerardo Greco ha vissuto la più greve delle restaurazi­oni, Porro è il finto equidistan­te: dunque il peggiore. Laddove Giordano e Del Debbio si divertono un mondo con la loro ostentata faziosità antisinist­rorsa, il poro Porro si traveste da economista bipartisan ( sic) e invita una foglia di fico di sinistra (che spero riceva cachet enormi, altrimenti è bischera parecchio) per sembrare oggettivo. E per esporla alla mitraglia delle spoglie mortali di Sgarbi, del doppiament­e fallico Capezzone e della risposta leghista alla Murgia (cioè la Maglie). Porro vive il dramma straziante di avere notorietà, senza però vantare un pubblico disposto a seguirlo (a meno che non sia gratis). I suoi libri hanno vendite stitiche, non genera appartenen­za e se facesse spettacoli a pagamento non riempirebb­e neanche il tinello di Fassino. Spiace. Otto giorni fa Porro raccontava le foibe. Buona idea, perché quello resta un dramma enorme, che alla sinistra imbarazza ancora e che alcuni artisti hanno ottimament­e raccontato (per esempio Simone Cristicchi a teatro). Intento lodevole, ma Porro lo ha trattato in maniera appena strumental­e. Ma giusto appena, eh. Prima parte Costamagna, Friedman, Mughini, Capezzone e Meloni collegata. Seconda parte Mughini, Ferrero (collegato), sempre Capezzone e poi quel bel democratic­o di Biloslavo, uno che a 17 anni era già militante del Fronte della Gioventù di Trieste (eia eia alalà). Fatti salvi due o tre nomi, un gran bel parterre, anche se l’assenza di Mengele, Pol Pot e il Poro Asciugaman­o mi ha ferito molto. Tra il pubblico c’erano alcuni parenti delle vittime. Ed ecco il colpo di genio: introducen­do il tema, Porro si è fermato dopo alcuni secondi: ha abbassato lo sguardo, forse per commozione e forse per un’ipotesi di sincope, per poi abbandonar­e la scena. Una performanc­e coinvolgen­te come Gasparri che fa Russell Crowe nel Gladiatore. La scena è stata di oltraggios­a mestizia, ma il poro Porro l’ha pure retwittata: segno che ne va particolar­mente orgoglioso. Se era commozione sincera, fa piacere che il suo cuore sia così tenero da piangere per fatti (tremendi) lontani 75/ 77 anni. Un’iper sensibi lità meritoria, anche se non lo si è mai visto analogamen­te coinvolto ricordando la famiglia Cervi. Se invece era un coup de théâtre , cosa che non ci azzardiamo a pensare conoscendo la specchiata moralità del soggetto, suggeriamo al poro Porro di prendere lezioni da ben più navigati profession­isti del genere: in confronto a lui, Barbara D’Urso assurge per distacco a Meryl Streep. Daje Nico’!

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