“La prescrizione è come operare il paziente senza ricucire la ferita”
Patrizia Pagliarone, 49 anni, ha denunciato il suo ex, l’attore e politico Andrea Buscemi
“Oggi non sono più serena, per anni non ho dormito la notte e non guido più la macchina per paura di quegli agenti investigatori che il mio ex mi aveva messo alle calcagna. Eppure è tutto prescritto”. Patrizia Pagliarone, 49 anni, di Taranto, è sconsolata, ormai rassegnata. Di fronte a una giustizia che, dice lei, non le restituirà mai quella “gioia di vivere di un tempo” prima che il suo ex fidanzato, l’attore ed ex assessore della Lega a Pisa, Andrea Buscemi, non accettasse che la loro relazione era finita. I due si conoscono nel 2007 tramite un amico comune. Lei va in giro per il mondo a insegnare Economia con il professor Edward De Bono. Lui è conosciuto al grande pubblico per i suoi film con Paolo Virzì, Giorgio Panariello, Leonardo Pieraccioni e soprattutto per il suo ruolo in Amici Miei di Neri Parenti e in Un Medico in Famiglia in cui interpreta Vincenzo, il vicino di casa della famiglia Martini. Ma la relazione non andava per niente bene: “Erano più le volte che lo lasciavo che altro, ma lui non voleva allontanarsi” racconta. Poi Pagliarone, grazie alla Casa della Donna di Pisa, prende il coraggio e denuncia tutto in Procura. Nella querela lei parla di “pedinamenti e appostamenti”, “telefonate e messaggi” a ogni ora e “minacce e ingiurie”: “Mi minacciava di farmi il culo e di farlo anche alla mia famiglia, dicendo che ci avrebbe distrutto la vita” o che “io ero una puttana, una troia, un’imbecille” e altre offese simili. Dopo il processo, in primo grado il Tribunale di Pisa assolve l’attore perché, scrive il giudice di Pisa, si rilevava “l’assenza (nella persona offesa, ndr) di un turbamento psichico e morale stante la continua ripresa positiva della storia da parte della persona offesa”. Ma, dopo il ricorso della Procura, la Corte di Appello di Firenze a fine 2016 riforma la sentenza: per una parte del reato Buscemi viene assolto perché, all’epoca dei fatti, il reato di “atti persecutori” non era stato ancora inserito nel nostro ordinamento mentre per i comportamenti successivi al 25 febbraio 2009, il reato è prescritto. Eppure, nelle motivazioni della sentenza di Appello i giudici scrivono che la condotta di Buscemi “ha costituito un modo programmatico con cui l’imputato ha cercato di continuare a mantenere il controllo sulla compagna impedendole di affermare subito in modo netto la sua volontà di cessazione del rapporto” rendendola “ancora più lunga e penosa per lei”. E infatti condanneranno l’attore teatrale a pagare un risarcimento del danno, che però gli ermellini della Cassazione hanno annullato a gennaio scorso chiedendo alla Corte di Appello di decidere sul riconoscimento di un danno dovuto a un comportamento che penalmente non può più essere giudicato.
Signora Pagliarone, com’era la sua vita all’epoca dei fatti?
Organizzavo conferenze e insegnavo Economia con Edward De Bono in Italia e all’estero. Poi ci ha presentati un suo amico. La relazione non è andata bene e dopo che lo avevo lasciato ho iniziato a subire inseguimenti, pedinamenti, appostamenti nel vano scale e anche molestie nei confronti dei vicini. Mi ricordo che una volta ero a Trieste per un incontro con dei premi
Nobel e lui è venuto direttamente da Pisa per dirmi di non lasciarlo. Ma la cosa più atroce è stata un’altra…
Ovvero?
Mi aveva messo dietro tre agenti investigativi che mi seguivano, pensavo fossero dei criminali. Mi camminavano accanto al paraurti della macchina. Ho sentito la mia vita minacciata: una sera mi sono accorta che questi tre uomini mi stavano seguendo e ho iniziato a camminare per tutta Pisa passando per tutti i varchi elettronici della città. Pensavo: “Se mi ammazzano, almeno lascio qualche traccia e possono risalire a chi è stato”. Ovviamente quella sera ho anche chiamato in Questura e nel frattempo lui mi mandava messaggi dicendomi: “Non costringermi a fare lo stronzo” o “Ti voglio troppo bene per farlo”. Mi aveva messo dietro tre investigatori e poi mi diceva che mi voleva bene.
Dopo cos’è successo?
La mia vita è completamente cambiata: non sono più serena, per anni non ho dormito la notte, pensavo continuamente a questi agenti investigativi che avevo alle spalle. Per me guidare la macchina dopo questo trauma è stato molto difficile perché gli investigatori mi seguivano in macchina: io ero terrorizzata e guardando continuamente lo specchietto ho rischiato più volte di fare incidenti. Infatti oggi cerco sempre di evitare di usare l’auto. Eppure il reato è in parte prescritto.
Sì, tutto quanto. Mi aspettavo che un processo di questo tipo fosse più veloce, soprattutto in un momento in cui si parla di violenza contro le donne.
Come sta adesso? Nessuno mi ridarà mai la mia tranquillità, la giustizia almeno sarebbe stata una cura. Già denunciare una persona è difficilissimo, poi farlo con lui lo è stato ancora di più perché è molto conosciuto: una condanna sarebbe stato un balsamo sulla ferita. Per me la prescrizione è come se fossi entrata in sala operatoria e non mi avessero ricucito la ferita. Ho sempre addosso questo senso di ingiustizia perenne.
Se fosse stata in vigore la legge Bonafede, la prescrizione non ci sarebbe stata. Infatti sono favorevole alla legge perché nel mio caso avrei avuto giustizia. È chiaro che in ogni caso non superi mai quello che hai passato, ma un riconoscimento ti aiuta a stare meglio.
Non guido più per paura di quegli agenti investigatori che il mio ex mi aveva messo alle calcagna. Eppure è tutto prescritto
Mi aspettavo che fosse un processo più veloce, in un momento in cui si parla di violenza contro le donne
Già denunciare è difficilissimo, poi farlo con lui lo è stato ancora di più perché è molto conosciuto