Dai serbi di Amerika alle curve Milano è la nuova narco-city
Primo fotogramma: cittadina austriaca di Villach. Due uomini: il primo è un emissario di Cosa Nostra legato al clan Fidanzati, l’altro si chiama Humolli Mete, detto Met, trafficante serbo. Stanno concordando otto chili di cocaina da far arrivare a Milano. Cosa Nostra acquista, Met, che ha agganci con grossisti in Spagna, vende. Secondo fotogramma: Milano, via Marco Aurelio. Il blitz è rapido, gli investigatori arrestano due tagliatori di coca albanesi. La storia dei nuovi narcos a Milano inizia da qua e si riannoda attraverso le ultime acquisizioni degli investigatori della Guardia di finanza di via Fabio Filzi e della sezione Gico. Una vera avanguardia nel contrasto al narcotraffico. Investigatori esperti, capaci non solo di intercettare, pedinare, ma anche di studiare nomi e collegamenti. Tanto da comporre, attraverso atti giudiziari oggi depositati in Procura a Milano, una rete inedita che tiene assieme trafficanti di Belgrado legati ai narco-cartelli di Darko Saric e del famigerato “gruppo Amerika”, viceré di Cosa Nostra e ‘ndrangheta, pro-consoli della malavita milanese in rapporti con esponenti del tifo organizzato di Inter e Milan, come Mimmo Bosa e il pregiudicato per droga Enzo Aghinelli ferito con diversi colpi di pistola in un agguato il 12 aprile scorso in via Cadore.
È narco- city all’ombra della Madonnina. Qualcosa di mai visto e che va ben oltre l’im maginazione di fiction in stile Zero Zero Zero.
Humolli Mete entra in contatto con l’e mi s s a r i o di Cosa Nostra grazie ai buoni uffici di Lasic Miroslav, trafficante serbo tra Spagna e Italia, uno dei personaggi chiave di questa storia. Soprannominato Miki, oggi vive a Milano. È lui ad agganciare i siciliani. Intercettato spiega: “È gente molto potente”. Ed è sempre Lasic, stando alla ricostruzione dei segugi della Finanza, lo snodo per arrivare a un cartello serbo-pugliese e ai rapporti tra un narcos montenegrino e la famiglia calabrese dei Flachi. Prima di tutto, però, Lasic qui
L’intercettazione Uno dei capi, condannato a 7 anni, è scappato negli Stati Uniti: “È il miglior lavoro al mondo”