Il Fatto Quotidiano

Verdi amava gli alieni: la strega Azucena, Rigoletto e la zingara

L’ANTICIPAZI­ONE Esce oggi un saggio di Isotta sul grande compositor­e e i suoi anni parigini Spesso i protagonis­ti delle sue opere sono deformi, abietti, infami ed emarginati dalla società

- » PAOLO ISOTTA

Anticipiam­o stralci dell’ultimo libro di Paolo Isotta, “Verdi a Parigi”, in libreria da oggi con Marsilio.

Il Trovatore succede immediatam­ente al Rigoletto . Ambedue i capolavori hanno a personaggi­o principale un estraneo, un alieno a ogni ordine sociale. Lui, infame, buffone e deforme. Lei, zingara: una razza per millennî vagante e posta ai margini di ogni categoria civile e culturale. E strega. Altrove ho scritto: quasi sempre in cielo stanno le madri di Verdi. L’eccezione è Azucena. Questo sol fatto le attribuisc­e un rilievo eccezional­e nell’ambito di tutta l’opera di Verdi, del quale protagonis­ta è simbolicam­ente sempre un Padre. E tuttavia. Primo: Azucena è una falsa madre. Secondo: ama davvero ella Manrico, come da tanti teneri accenti parrebbe? O non è ella un’anima diabolica, la quale, per intervalla insaniae, ama Manrico che – lo ripeto: a tratti – crede suo figlio? Anima diabolica ch’è invece concentrat­a solo sulla vendetta per la propria madre, come lei strega e arsa viva? E non è in realtà Manrico il solo strumento possibile della sua vendetta? Ella tale vendetta paga col rogo: ma può far sì che il Conte uccida il proprio fratello, ossia Garcia. Ella, che ha già compiuto un sacrificio umano, bruciando il suo proprio figlio: col che ha preparato la vendetta che ne segue…

OLTRE CHE STREGA, Azucena è segnata da psicopatia: lo sdoppiamen­to della personalit­à: che la porta a nutrire a tratti un reale amore per Manrico – se fosse simulato, la sua psicopatia sarebbe diversa. Che l’amore per Manrico sia reale, lo mostra la meraviglio­sa melodia del II atto con la quale ella tenta d’impedire a Manrico di correre pericolo quando ancora non è guarito dalle ferite ricevute nello scontro col Conte, Perigliart­i ancor languente. Questo è vero amor materno. Ma si potrebbe aggiungere: perché ella vuole che Manrico non muoia? Perché perirebbe in combattime­nto e non catturato per salvare lei (che – possiamo osarlo? – si è fatta prendere di proposito). Così facendo determina ch’egli sia giustiziat­o sotto i suoi occhi: Sei vendicata o madre! Tutto questo è di Verdi e poco di Gutiérrez. Allora forse Azucena non è psicopatic­a.

Meraviglio­so è che un’anima nobile (e anche, or lo sappiamo, un sangue nobile) come Manrico possa amare filialment­e un personaggi­o così abietto. Allo stesso modo, però inverso, l’infame Rigoletto un parallelo, e ancor più forte e tenero amore nutre, per la figlia Gilda. Un altro tratto accomuna i due alieni: l’ossessione per la vendetta. Che mette capo, tuttavia, a risultato opposto. Il fatto che l’amore di Azucena per Manrico sia autentico, e tuttavia ch’egli sia per lei solo lo strumento della vendetta: ciò rende la donna un vero demonio. Intenerirs­i su di lei e sui suoi accenti d’amore per Manrico significa non aver compreso nulla e di Gutiérrez e, soprattutt­o, di Verdi. Il quale, per la sua davvero shakespear­iana equidistan­za, riesce tuttavia a dar alla strega accenti commoventi quando ama il (non) figlio nonché strumento del suo diabolico piano...

Azucena è personaggi­o tanto a cuore a Verdi da essere la vera protagonis­ta dell’Opera, pur segnata da altre tre fortissime personalit­à. D’altronde, ella è il motore della vicenda: e anche se non ci fosse la dichiara

zione di Verdi ciò sarebbe palese. Secondo, e importanti­ssimo: a Verdi preme che Azucena non debba apparire folle, o almeno che non debba esserlo fino all’ultimo momento...

OR AZUCENA non è pazza:

nel senso che se lo fosse non possedereb­be i mezzi per attuare la vendetta ordinatale dalla madre, la sua ossessione. Il che le riesce.

Ma Azucena al tempo stesso è pazza. Perché la vendetta è per lei un’ossessione, oltre che criminale, monomaniac­a. È il suo pensiero dominante, anzi il suo solo reale pensiero. La contraddiz­ione con l’amore per Manrico, amore che Verdi raffigura in termini così struggenti, non è tale da determinar­e due pari poli nell’animo suo. Il polo dell’amor materno è più debole... L’amore di Azucena per Manrico è uno strumento per

pervenire alla vendetta. A me pare si possa addirittur­a affermare che ella si sia fatta catturare di proposito dal Conte: perché sa che la notizia indurrebbe Manrico, anima generosa e sincera, il

quale la crede sua madre, a tentar il tutto per tutto per salvarla. Facendosi sconfigger­e e catturare...

Dunque: e lo dico per l’ultima volta. Azucena non è una sventurata che per l’altrui fanatismo è presa per strega e per tale condannata, come a migliaia di altre avvenne, con commovente equità da parte di cattolici e protestant­i. È una vera strega, autrice della più terribile operazione diabolica. Finché lo affermano Gutiérrez e Cammarano, non ha decisiva importanza. Ma lo dichiara la musica di Verdi. E perciò il “fatal delirio” non è “delirio” né “fatale”. È fulminea scelta a freddo.

Nel ‘Trovatore’ la zingara non è pazza: se lo fosse non possedereb­be i mezzi per attuare la vendetta, la sua ossessione

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 ?? Ansa/LaPresse ?? “All’opra” Marie-Nicole Lemieux è Azucena nel “Trovatore”. A destra, Giuseppe Verdi (1813-1901)
Ansa/LaPresse “All’opra” Marie-Nicole Lemieux è Azucena nel “Trovatore”. A destra, Giuseppe Verdi (1813-1901)
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