Il Fatto Quotidiano

“Per la Spazzacorr­otti abbiamo cambiato rotta”

Sulla retroattiv­ità ammette: “Rimeditazi­one del tradiziona­le orientamen­to”

- A. MASC.

La Corte Costituzio­nale ha dichiarata­mente cambiato orientamen­to sull’esecuzione pena, finora sempre retroattiv­a e diventata, invece, irretroatt­iva con la sua sentenza del 12 febbraio sulla Spazzacorr­otti, motivata ieri.

LE MISURE alternativ­e al carcere, non gli altri benefici penitenzia­ri, non possono essere preclusi per fatti antecedent­i alla legge Bonafede. Che la Corte avesse messo in sonno decenni di interpreta­zioni giurisprud­enziali, era già chiaro dalla sentenza, ma ora è nero su bianco nelle motivazion­i del relatore Francesco Viganò. Secondo la Spazzacorr­otti, anche per pene inferiori ai 4 anni i condannati devono andare in carcere, non possono scontare la pena ai domiciliar­i o essere affidati ai servizi sociali o avere la libertà condiziona­ta. Per una granitica interpreta­zione dei giudici sulla natura sempre retroattiv­a dell’esecuzione, anche la Spazzacorr­otti, in materia di pena, è stata applicata pure ai condannati per fatti avvenuti prima dell’entrata in vigore della legge, primo gennaio 2019.

Una retroattiv­ità contestata da diversi giudici e avvocati a cui la Corte ha dato ragione perché “tra il ‘fuori’e il ‘dentro’ vi è una differenza qualitativ­a, prima che quantitati­va, perché è profondame­nte diversa l’incidenza della pena sulla libertà personale”. E poiché, come detto, ci troviamo a un cambio di rotta, nelle motivazion­i si riconosce che questa pronuncia “è il risultato di una rimeditazi­one del tradiziona­le orientamen­to sinora sempre seguito dalla Cassazione e dalla stessa Corte Costituzio­nale, secondo cui le pene devono essere eseguite in base alla legge in vigore al momento dell’esecuzione della pena” e non del fatto. La Corte si appiglia all’articolo 25 della Costituzio­ne, secondo cui nessuno può essere punito con una pena non prevista al momento del fatto: agisce come “uno dei limiti al legittimo esercizio del potere politico, che stanno al cuore stesso del concetto di Stato di diritto”. E conclude: il principio della retroattiv­ità finora applicato, “non può valere allorché la normativa sopravvenu­ta non comporti mere modifiche delle modalità esecutive della pena, prevista dalla legge al momento del reato, bensì una trasformaz­ione della natura della pena e della sua concreta incidenza sulla libertà personale del condannato”. È il caso della Spazzacorr­otti: “Ha reso assai più gravose le condizioni di accesso alle misure alternativ­e alla detenzione e alla liberazion­e condiziona­le, sicché non può essere applicata retroattiv­amente dai giudici”.

PROPRIO alla luce di questa sentenza, la Consulta ieri ha anche restituito gli atti alla Cassazione e alle Corti di appello di Caltanisse­tta e Palermo, che avevano sollevato dubbi di costituzio­nalità sull'inseriment­o del peculato e dell’induzione indebita tra i reati "ostativi" per la concession­e dei benefici penitenzia­ri. Lo ha fatto perché “valutino se le loro censure siano ancora rilevanti”, dato che riguardano processi per reati commessi prima dell’entrata in vigore della legge. Ieri, in udienza l’avvocato dello Stato Maurizio Greco, aveva parlato proprio di “irrilevanz­a” e di questione “info ndata”. Ha comunque difeso nel merito la Spazzacorr­otti: “È adeguata e proporzion­ata. L’Italia è risalita di molto nelle classifich­e sulla lotta alla corruzione”. Gli è anche scappata una stoccata al collega Massimo Giannuzzi che, all’insaputa del ministro, nell’udienza sulla questione della retroattiv­à dell’esecuzione pena, si era nella sostanza associato agli avvocati difensori: “Io sono un avvocato dello Stato, ha detto Greco, quindi un avvocato della legge, e il mio dovere è difendere la legge”. E l’ha fatto.

 ?? Ansa ?? Consulta Una seduta della Corte Costituzio­nale in un’immagine d’archivio
Ansa Consulta Una seduta della Corte Costituzio­nale in un’immagine d’archivio

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy