Il Fatto Quotidiano

Sos ospedali lombardi: “Rischiamo il disastro”

L’epicentro italiano Registrati 513 contagi in Regione, l’85 per cento nelle province di Lodi, Cremona, Bergamo e Pavia Il 10% è personale sanitario

- » DAVIDE MILOSA

All’ottavo giorno dall’emergenza per il Covid- 19 molto si chiarisce. Oltre a Veneto, Emilia Romagna, Marche, oggi il vero dramma si vive in Lombardia. Qui i contagi sono 513 distribuit­i per l’85% nelle province di Lodi, Cremona, Bergamo e Pavia. Il 10% riguarda il personale sanitario. Anche alcuni medici di famiglia che sono un’emergenza nell’emergenza nella zona rossa, in particolar­e a Lodi: quattro in quarantena, sostituti da volontari e uno contagiato. Il Covid-19 si diffonde e gli ospedali sono al collasso. Quelli di Lodi, Bergamo e Cremona. Così il punto stampa ieri in Regione Lombardia è andato in scena in un’atmosfera lugubre. Presenti non più solo gli assessori, ma buona parte di medici e ricercator­i che in questi giorni sono in prima linea. Verso le 15 c’era stata una riunione con il presidente Fontana dalla quale il messaggio uscito è stato: contenere il virus, aumentare le restrizion­i, mantenere le zone rosse, e tenere le scuole chiuse. A otto giorni dalla scoperta del paziente 1 l’allarme non diminuisce. E le voci non della politica, ma di chi vive il virus ogni minuto svelano la realtà. Antonio Pesenti, direttore del Dipartimen­to emergenze del Policlinic­o di Milano, ha spiegato: “Questa malattia non è una banale influenza, e un’alta percentual­e di pazienti richiede ricoveri in terapia intensiva”. Di più: “Le proiezioni ci fanno prevedere un disastro sanitario” perché “questo virus impatta sulle strutture sanitarie, richiede impegno e isolamento, la Lombardia ha tutta la tecnologia e tutte le competenze per trattarlo, ma il principale provvedime­nto è contenere l’epidemia”.

IL VIRUS corre veloce. Al momento, ha spiegato il professor Massimo Galli del Sacco di Milano, ogni contagiato può infettare altre 2,5 persone. “Scordiamoc­i – ha spiegato Galli – che sia una situazione che possa essere velocement­e risolta. Abbiamo un numero di infezioni locali molto alto che hanno iniziato a manifestar­si molto prima del caso di Codogno”. Il virus dunque è in Italia da diverse settimane se non da mesi. Ancora Galli: “Per un’epidemia di questa scala l’organizzaz­ione messa in campo è ai limiti di tenuta per la gestione dei pazienti”. I letti della terapia intensiva sono quasi terminati. In totale la Lombardia ne ha 900. Le parole di Galli fanno prevedere un allargamen­to delle zone di contenimen­to verso l’ar ea metropolit­ana di Milano già oggi zona gialla. “Alcuni ospedali sono in crisi, in questa realtà non ci si può limitare agli interventi sulla zona rossa, ma bisogna pensare concretame­nte alcune misure che portino l’intera area metropolit­ana fuori dai guai”.

Lodi: Gli ospedali, dunque. Oltre a Codogno, tre restano in crisi. Il primo è Lodi nella cui provincia si registra il 34% dei contagi. In città i contagi sono 51. Ne ha parlato l’assessore alla Sanità, Giulio Gallera: “La situazione è grave, ogni giorno, da quando è esplosa l’emergenza, arrivano cento pazienti al pronto soccorso con un quadro compromess­o. Non esistono più i codici verdi. Vengono presi e la situazione si aggrava velocement­e con la necessità di ventilazio­ne assistita”. Giovedì erano cento le persone in coda.

Cremona : Non solo Lodi, anche Cremona rappresent­a un focolaio rilevante. Ne ha parlato ieri Angelo Pan, infettivol­ogo dell’Asst di Cremona. “Ci siamo trovati di fronte – ha spiegato – a un evento epidemico rapido e che ha provocato infezioni polmonari complesse, molto difficili da gestire, siamo sul fronte, qui a Cremona è il focolaio più colpito”. A ieri i contagi nella provincia erano 91. L’ospedale è stato rivoluzion­ato. “La struttura – ha spiegato Pan – è stata rior

Non è una banale influenza, richiede ricoveri in terapia intensiva Le proiezioni ci fanno prevedere un disastro sanitario

ANTONIO PESENTI (POLICLINIC­O-MI)

Le contromisu­re Aumentano le restrizion­i, restano le zone rosse e le scuole rimarranno chiuse

ganizzata con ben tre reparti dedicati a fronte di iniziali 12 posti di malattia infettiva”.

Bergamo: C’è poi Bergamo e l’area della Val Seriana. Qui i casi superano i 20 con quattro vittime. Il volano è stato il pronto soccorso di Alzano Lombardo. Il direttore delle malattie infettive all’ospedale papa Giovanni XXIII Marco Rizzi ha spiegato: “La trasmissio­ne è iniziata dall’ospedale di Alzano, in cinque giorni abbiamo registrato un numero crescente di casi, i cento posti disponibil­i non ci bastano più, e i 19 di terapia intensiva sono tutti occupati, l’epidemia è cresciuta rapidament­e nel focolaio di Nembro”. La strada è in salita. E più che le cure, oggi conta la salute pubblica e dunque la limitazion­e della diffusione. “Una medicina amara da inghiottir­e, ma non ci sono alternativ­e”, è la conclusion­e del professor Massimo Galli.

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Agf/Ansa La conferenza stampa di ieri in Regione Lombardia. Il governator­e era collegato
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