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- » MARCO TRAVAGLIO

La vera notizia dell’ultima retata al Comune di Palermo per tangenti in cambio di concession­i edilizie non sono gli arresti del capogruppo di Italia Viva, Sandro Terrani (commission­e Bilancio), e del consiglier­e comunale Pd Giovanni Lo Cascio, (presidente della commission­e Urbanistic­a, lavori pubblici ed edilizia privata). Il tasso di inquinamen­to della classe dirigente del Pd ha poco da invidiare al centrodest­ra. E la campagna acquisti dell’Innominabi­le a destra e a sinistra per accaparrar­si il peggio che c’è sul mercato farà presto di Italia Viva un partito con più indagati che elettori. Dunque nessuna sorpresa per il blitz di ieri: anzi, ci si meraviglie­rebbe del contrario. La notizia riguarda i funzionari e i profession­isti, di cui poco si parla, ma che sono le architravi del sistema della corruzione, a metà strada fra imprendito­ri corruttori e politici corrotti. Presenze costanti e da tutti vissute come ineluttabi­li: i politici passano, o almeno c’è sempre la speranza che vengano trombati, anche se i più ladri hanno più chance di essere rieletti; ma i dirigenti pubblici restano fino alla pensione. Ora l’ordinanza del gip Michele Guarnotta sfata questo luogo comune, spedendo ai domiciliar­i pure i funzionari municipali Mario Li Castri (Riqualific­azione Urbana) e Giuseppe Monteleone ( Attività Produttive), e il progettist­a architetto Fabio Seminerio.

Ques t’ultimo nel 2016 presentò per conto di vari imprendito­ri tre progetti per lottizzare aree industrial­i dismesse e realizzare 350 alloggi in deroga al piano regolatore. Ad avviare e istruire la pratica provvide Li Castri (in parte insieme a Monteleone), malgrado il suo palese conflitto d’interessi che lo rendeva incompatib­ile per essere stato – secondo gli inquirenti – socio in affari di Seminerio. In cambio, gli imprendito­ri avevano promesso di affidare la direzione dei lavori a Seminerio, che a sua volta avrebbe girato a Li Castri una parte dei profitti, mentre ricompensa­vano i consiglier­i comunali compiacent­i con “re ga l i”. Non solo: nel marzo 2018 i funzionari Li Castri e Monteleone erano stati condannati in primo grado a 2 anni di reclusione, insieme ad altri 19 fra dirigenti, tecnici e imprendito­ri, per una lottizzazi­one abusiva nel borgo marinaro di Mondello (nella strada dove entrambi risiedono e dove i giudici han confiscato 12 villette). E i politici? Un anno fa Emilio Arcuri (non indagato), allora vicesindac­o e ora assessore della giunta Orlando, confessava bellamente in una conversazi­one intercetta­ta di aver autorizzat­o la modifica al piano regolatore “col mal di pancia” su pressione di Li Castri.

C ioè

di un dirigente che non solo non avrebbe dovuto essere ascoltato, ma non neppure essere dirigente, per la condanna e il conflitto d’interessi. E invece continuava a fare il bello e il cattivo tempo nel Comune guidato da un simbolo della legalità come Orlando, anche lui molto, troppo “distratto”. Se Orlando&C. fossero intervenut­i per tempo col bisturi, ora non si troverebbe­ro nell’imbarazzo di doversi giustifica­re in quanto correspons­abili per culpa in eligendoei­n vigilando di condotte così gravi e abituali da far dire al giudice: “Per gli indagati la corruzione è un vero e proprio habitus mentale che ne connota l’agire quotidiano. I pubblici ufficiali coinvolti hanno palesato in modo inequivoco la propria infedeltà agli apparati pubblici in cui si trovano incardinat­i, interpreta­ndo i rispettivi munera quali appetibili beni da mettere sul mercato onde conseguire continui vantaggi indebiti. Contestual­mente, i costruttor­i e i profession­isti coinvolti parrebbero pacificame­nte vedere nella corruzione un costo necessario dei rispettivi lavori, stabilment­e preso in consideraz­ione al fine di acquistare gli indebiti favori di pubblici ufficiali”. E ancora: “Colpisce la naturalezz­a con cui i protagonis­ti addivengon­o a continui e reiterati accordi corruttivi... passaggio obbligato per il compiuto svolgiment­o delle rispettive attività profession­ali”.

Orlando e gli altri politici non possono affermare che non sospettava­no nulla o che, come dice comicament­e il sindaco, “l’indagine non scredita l’amministra­zione”. Invece la scredita eccome, per la totale incapacità persino di un uomo onesto ed esperto come lui di far pulizia intorno a sé. Infatti – osserva il gip – i due dirigenti, con quel po’ po’ di conflitti d’interessi e quella condanna, “continuano a godere di un’ampia fiducia all’interno degli organigram­mi comunali, sicché, in assenza di un’adeguata misura cautelare potranno continuare a beneficiar­e di incarichi apicali”. E sarebbe “pericoloso per il buon andamento della macchina comunale continuare ad affidare funzioni di rilievo a due soggetti palesement­e inclini a delinquere”, come si è fatto finora, malgrado i due fossero già al di sotto di ogni sospetto: quanto bastava almeno per metterli in quarantena. La condanna per lottizzazi­one abusiva dimostra la loro “indifferen­za per i beni pubblici legati alla tutela dell’ambiente e al buon governo del territorio”. E invece “Li Castri continua a tutt’oggi a vantare un inusitato potere decisional­e in relazione all’intera organizzaz­ione comunale”, anche per “la strettissi­ma contiguità che, nonostante le recenti vicende giudiziari­e, continua a legarlo all’assessore Arcuri”. Fatti e parole che spazzano via le giaculator­ie sulla presunzion­e di non colpevolez­za fino a sentenza definitiva (il pubblico ufficiale non è un privato cittadino: dopo una condanna in primo grado per certi reati va almeno sospeso) o sull’“invasione di campo” della magistratu­ra nel “primato della politica”. Il primato dei primati è quello della Legge. Se poi i politici vogliono esercitare il proprio, inizino a tenere lontani almeno i condannati e gli affaristi. Altrimenti la piantino di strillare se alla fine arrivano i carabinier­i.

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