ANZIANI MORTI? VALGONO MENO
Il nichilismo dell’anagrafe può rassicurarci nell’emergenza, ma non ci salverà a lungo
Èevidente che è per pura osservanza liturgica alla statistica che continuiamo a contare i numeri dei morti da Covid-19. Da quando si è imposto il protocollo burocratico di “non alimentare la psicosi” sottolineando l’e vi den za che a morire sono più che altro gli anziani (con o senza malattie pregresse), ci siamo rincuorati con letizia.
L’unico studio pubblicato, cinese, rivela che del virus che ha fatto finora 2.933 morti le persone sopra gli 80 anni hanno il 24,8% di probabilità di morire, quelli tra i 70 e gli 80 anni l’8%, e giù a scendere.
La regola così placida e rasserenante che ci si ammala gravemente e si muore solo se si è vecchi è contraddetta da alcune evidenze (in Cina, medici morti nel pieno della maturità; in Italia, il 38enne di Codogno sano e sportivo intubato in condizioni gravi); e dentro questi dati, e dentro quelli futuri relativi a Paesi dove non c’è la Sanità pubblica e gratuita (pensiamo agli Usa), bisognerebbe discriminare tra gli anziani che guariscono perché in grado di pagarsi le cure e quelli che muoiono per strada, come alcune immagini dalla Cina già testimoniano.
Ma è significativo che il sistema dei media e quindi il discorso pubblico si sia subito adeguato a questo nuovo linguaggio: i morti non vengono più indicati come “person e” o “vitti me” da Covid-19, ma come “anziani”, come si trattasse di una categoria a parte e tutto sommato trascurabile.
Il Capo della Protezione civile Borrelli ha detto in più occasioni: “Erano ultra settantenni malati”. Non è il caso di farla troppo lunga: sarebbero morti lo stesso, un destino a cui evidentemente qualcuno sente di poter sfuggire.
Il sospiro di sollievo stride col fatto che la nostra è una società che invecchia progressivamente: i 37 miliardi sottratti alla Sanità pubblica in dieci anni e i 5 milioni di poveri sono indicatori rilevanti in questo avvilente conteggio di morti alla spicciolata, che magari, fossero stati più in salute, non sarebbero morti.
N e ll ’ Occidente moderno ai vecchi è toccato un destino crudele: dall’el im in az io ne degli improduttivi sterminati dai nazisti insieme ai disabili col programma di eugenetica Aktion T4, si è giunti all’etica-estetica pubblicitaria che vuole gli anziani performanti, giovanili, e dunque in grado di lavorare (la maggiore considerazione cosmetica si paga con l’alta età pensionabile), salvo poi oltraggiarli come parassiti che “ci hanno rubato il futuro” e gioire se a morire per il virus sono più che altro loro. Questo nichilismo forse ci aiuta a farci sentire al sicuro nell’emergenza, protetti dalla biologia e dall’anagrafe; ma certo non ci salverà nel lungo termine.
Le vittime sui media già non sono più “persone”, ma “anziani”: strano sollievo in un Paese che invecchia