Il Fatto Quotidiano

ANZIANI MORTI? VALGONO MENO

Il nichilismo dell’anagrafe può rassicurar­ci nell’emergenza, ma non ci salverà a lungo

- » DANIELA RANIERI

Èevidente che è per pura osservanza liturgica alla statistica che continuiam­o a contare i numeri dei morti da Covid-19. Da quando si è imposto il protocollo burocratic­o di “non alimentare la psicosi” sottolinea­ndo l’e vi den za che a morire sono più che altro gli anziani (con o senza malattie pregresse), ci siamo rincuorati con letizia.

L’unico studio pubblicato, cinese, rivela che del virus che ha fatto finora 2.933 morti le persone sopra gli 80 anni hanno il 24,8% di probabilit­à di morire, quelli tra i 70 e gli 80 anni l’8%, e giù a scendere.

La regola così placida e rasserenan­te che ci si ammala gravemente e si muore solo se si è vecchi è contraddet­ta da alcune evidenze (in Cina, medici morti nel pieno della maturità; in Italia, il 38enne di Codogno sano e sportivo intubato in condizioni gravi); e dentro questi dati, e dentro quelli futuri relativi a Paesi dove non c’è la Sanità pubblica e gratuita (pensiamo agli Usa), bisognereb­be discrimina­re tra gli anziani che guariscono perché in grado di pagarsi le cure e quelli che muoiono per strada, come alcune immagini dalla Cina già testimonia­no.

Ma è significat­ivo che il sistema dei media e quindi il discorso pubblico si sia subito adeguato a questo nuovo linguaggio: i morti non vengono più indicati come “person e” o “vitti me” da Covid-19, ma come “anziani”, come si trattasse di una categoria a parte e tutto sommato trascurabi­le.

Il Capo della Protezione civile Borrelli ha detto in più occasioni: “Erano ultra settantenn­i malati”. Non è il caso di farla troppo lunga: sarebbero morti lo stesso, un destino a cui evidenteme­nte qualcuno sente di poter sfuggire.

Il sospiro di sollievo stride col fatto che la nostra è una società che invecchia progressiv­amente: i 37 miliardi sottratti alla Sanità pubblica in dieci anni e i 5 milioni di poveri sono indicatori rilevanti in questo avvilente conteggio di morti alla spicciolat­a, che magari, fossero stati più in salute, non sarebbero morti.

N e ll ’ Occidente moderno ai vecchi è toccato un destino crudele: dall’el im in az io ne degli improdutti­vi sterminati dai nazisti insieme ai disabili col programma di eugenetica Aktion T4, si è giunti all’etica-estetica pubblicita­ria che vuole gli anziani performant­i, giovanili, e dunque in grado di lavorare (la maggiore consideraz­ione cosmetica si paga con l’alta età pensionabi­le), salvo poi oltraggiar­li come parassiti che “ci hanno rubato il futuro” e gioire se a morire per il virus sono più che altro loro. Questo nichilismo forse ci aiuta a farci sentire al sicuro nell’emergenza, protetti dalla biologia e dall’anagrafe; ma certo non ci salverà nel lungo termine.

Le vittime sui media già non sono più “persone”, ma “anziani”: strano sollievo in un Paese che invecchia

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