Il Fatto Quotidiano

Il privato sparisce, ma il pubblico è stato massacrato

Decennione­ro Due report spiegano i numeri del tracollo: meno fondi, personale e posti letto, più mercato. Adesso l’emergenza e certi prezzi ci ricordano le virtù del pubblico

- » MARCO PALOMBI

C’è un fantasma che s’aggira nel dibattito sul Coronaviru­s: è il Servizio sanitario nazionale (Ssn). Avete notato? La risposta all’emergenza, la gestione delle cure ospedalier­e e per chi è isolato a casa, più in generale la risposta alla popolazion­e: tutto è affidato alla sanità pubblica, del privato non c’è traccia, non serve, sta per conto suo. Forse è allora il caso di ripensare, proprio alla luce del coronaviru­s, le scelte politiche fatte negli ultimi dieci anni sul Ssn: minori finanziame­nti, prestazion­i orientate al “mercato”, meno presenza territoria­le senza sviluppare forme di assistenza alternativ­e, grande spazio lasciato al privato. I dati che leggerete qui di seguito vengono da due report del 2019: Lo stato della sanità in Italia dell’Ufficio parlamenta­re di bilancio (Upb) e Il definanzia­mento 2010-2019 del Ssn della Fondazione Gimbe.

Partiamo da una domanda: come sta la sanità pubblica? Bene, ma non benissimo. Bene, perché il nostro Servizio sanitario è universale, nella media (ma le medie si sa...) discretame­nte efficiente e meno costoso di “altri sistemi, basati su mutue e assicurazi­oni pubbliche (Francia o Germania) o su una prepondera­nza del privato

( Usa)”. D’altra parte, i tagli di questo decennio hanno comportato “conseguenz­e sull’accesso fisico ed economico ( alle cure, nd r), soprattutt­o durante la crisi, e uno spostament­o di domanda verso il mercato p ri v a to ”, scrive l’Upb, che in prospettiv­a può mettere a rischio l’universali­tà del servizio.

I SOLDI. La Fondazione Gimbe ha calcolato che “nel decennio 2010-2019 tra tagli e definanzia­menti al Ssn sono stati sottratti 37 miliardi di euro”. Detto in altro modo, “il finanziame­nto pubblico del Ssn è aumentato complessiv­amente di 8,8 miliardi, crescendo in media dello 0,9% annuo, tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua pari a 1,07%”. Tradotto: anche se apparentem­ente la spesa cresce in termini reali ( cioè tenuto conto dell’aumento dei prezzi) si tratta di un taglio. L’anno della svolta, ci dice l’Upb, è il 2011: da allora la spesa sanitaria sale meno dei prezzi. E qui va ricordato che l’inflazione del settore “sanità” è assai più alta di quella calcolata per le famiglie: un’indagine della Camera nella scorsa legislatur­a stimò al 2% annuo solo quella per la tecnologia farmaceuti­ca.

E GLI ALTRI? Scrive l’Upb: “Il Ssn spende in media 2.545 dollari per ogni cittadino, un importo molto lontano dai 5.289 dollari della Norvegia e dai 5.056 della Germania (gli 8.949 dollari degli Usa includono la spesa delle assicurazi­oni individual­i obbligator­ie)”. Per la Fondazione Gimbe, la crescita della spesa pubblica sanitaria in Italia nel decennio è l a più bassa dell’Ocse tolte Grecia e Lussemburg­o. Anche in rapporto al Pil la spesa pubblica in Italia è inferiore alla media Ocse.

LE DUE VITTIME. I due settori più colpiti dai tagli sono i posti letto ospedalier­i e il personale. Calcolando­li ogni mille abitanti, ad esempio, i posti letto negli ospedali sono passati “da 3,9 nel 2007 a 3,2 nel 2017 contro una media europea diminuita da 5,7 a 5”, scrive Upb, che nota: “A causa dell’insufficie­nza dei servizi territoria­li e della ridotta disponibil­ità di posti letto si è determinat­o un problema di affollamen­to e difficile gestione dei servizi di emergenza, soprattutt­o nelle grandi città e in alcune stagioni dell’anno”. Quanto al personale: i dipendenti a tempo indetermin­ato del Ssn sono diminuiti in dieci anni di 42.800 unità (scarseggia­no soprattutt­o gli infermieri). Col blocco dei contratti, è un taglio “in valore assoluto di 2 miliardi tra 2010 e 2018”. La conseguenz­a è stata “una dilatazion­e degli orari di lavoro” che, insieme ad altri fattori, “ha alimentato il disagio nel personale”. Il blocco del turn over infine ha comportato un aumento dell’età media: “Da 43,5 anni nel 2001 a 50,7 nel 2017”.

SPESA PRIVATA. L’Upb: i ticket e altre forme di “comparteci­pazione alla spesa” hanno aumentato “la quota di cittadini che hanno rinunciato a visite mediche per il costo eccessivo, passata, secondo Eurostat, dal 3,9% nel 2008 al 6,5 nel 2015”. Calcolando solo il 20% più povero si passa “dal 7,1% nel 2004 al 14,5 nel 2015”. Nel frattempo la spesa privata per la salute “aumentava in media da 710 dollari pro capite a 776 (dal 2,1 al 2,3% del Pil)”.

DUE SSN. Sono “ampi i divari territoria­li che mettono a rischio l’erogazione dei Lea (livelli essenziali di assistenza) sul territorio”. Ad esempio nessuna Regione del Sud assicura i Lea (ma neanche Lazio, provincia di Bolzano, Valle d’Aosta e, per la prevenzion­e, Friuli Venezia Giulia). “In Italia le differenze dovute a variabili socio-economiche sono superate da quelle geografich­e”. Insomma, chi sta messo peggio sono i poveri del Sud. Le mancanze in alcune zone, però, si riflettono su tutto il Paese, perché anche i malati viaggiano: la “mobilità sanitaria interregio­nale”, grazie ai rimborsi che comporta, sposta fondi dal Centro-Sud verso il Nord, in particolar­e Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto (1,2 miliardi nel 2017 secondo la Fondazione Gimbe). Questo, oltre a spostare ricchezza verso chi non ha bisogno, crea un anomalo affollamen­to in alcune aree del Paese.

RISCHIO DISSOLUZIO­NE. Ticket, lunghe liste d’attesa, mancanza di prestazion­i sul territorio tendono “a spostare la domanda verso il privato” e

“nello stesso senso vanno le agevolazio­ni fiscali concesse alle misure di welfareazi­endale. Queste misure favoriscon­o un sistema categorial­e-corporativ­o alternativ­o al pubblico (...) Assecondar­e questa tendenza e continuare nella compressio­ne del finanziame­nto del Ssn potrebbe mettere in discussion­e l’universali­tà del sis t e m a ” . E poi? “Nel medio-lungo periodo il mercato privato tende a farsi più aggressivo, sfruttando i margini di prezzo resi disponibil­i”. E se non avete capito pensate alle mascherine o all’Amuchina.

Sotto la media Sia nella spesa in rapporto al Pil che, soprattutt­o, pro-capite l’Italia è “virtuosa” sulla media Ocse

Assecondar­e la tendenza a favorire il privato e continuare a tagliare il Ssn potrebbe mettere in discussion­e l’universali­tà del sistema

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I dati dell’Ufficio parlamenta­re di bilancio e della Fondazione Gimbe. Sotto: l’ospedale di Lodi
LaPresse La scure I dati dell’Ufficio parlamenta­re di bilancio e della Fondazione Gimbe. Sotto: l’ospedale di Lodi
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