Il Fatto Quotidiano

“Tra dicembre e gennaio più polmoniti anomale”

Ospedale Sacco: Possibili infezioni nel Lodigiano già da Natale La virologa Gismondo: “Per questo è ignoto il paziente zero”

- » DAVIDE MILOSA

Se

da un lato l’emergenza sanitaria è da nove giorni una continua rincorsa, dall’altro la ricerca prosegue h 24 per capire meglio e di più Sars Cov 2, il virus che provoca il Covid-19. L’ospedale Sacco di Milano è in prima linea. La professore­ssa Maria Rita Gismondo qui dirige il laboratori­o di microbiolo­gia, virologia e bio-emergenze. A più di una settimana dall’epidemia non ha dubbi: “Nel nostro Paese il virus si è diffuso in modo silente almeno dall’inizio di gennaio”. Il che non esclude una presenza anche a dicembre. “E questo è il motivo – spiega – per il quale ancora non è stato trovato il cosiddetto paziente zero”, la cui identità e dislocazio­ne si perdono in un periodo di tempo molto più vasto dei primi giorni di febbraio, quando, secondo le testimonia­nze, il paziente uno ha cenato un paio di volte con un amico rientrato da Shangai il 21 gennaio scorso e poi risultato negativo al doppio tampone. Insomma, se, come illustra un nuovo studio dell’università Statale di Milano e del Sacco inviato all’Oms, in Cina il Sars Cov 2, dopo il passaggio dai pipistrell­i all’uomo, ha iniziato a girare tra ottobre e novembre, appare ragionevol­e ipotizzare che molti casi di polmonite verificati­si in Italia e nella zona del Basso Lodigiano già dopo Natale possano essere contagi concreti da Covid-19. Molti di questi episodi sono stati ricordati nei giorni scorsi da alcuni medici di base che hanno anche sottolinea­to una crescita esponenzia­le. “Certo – prosegue la professore­ssa – già a fine dicembre noi abbiamo iniziato a lavorare sulla base di strane polmoniti cinesi segnalate dall’Oms”. Approccio scientific­o e non di emergenza, visto che in Italia il primo caso conclamato porta la data del 20 febbraio, ore 21 all’ospedale di Codogno. Tra dicembre e gennaio, però, “in Italia molte polmoniti anomale sono state trattate non con la chiave di ricerca del Covid”. Non è un errore si badi. Dice la professore­ssa Gismondo: “In quel momento avevamo sintomi influenzal­i simili al Covid, per di più concentrat­i in un picco stagionale normale”.

IN QUELLE DATE Sars Cov 2 non era un’emergenza conclamata nemmeno in Cina. Cercare adesso gli anticorpi sui quei presunti pazienti di Covid può essere una strada, spiega Gismondo, “certamente affascinan­te ma non percorribi­le ora. Primo perché allo stato non abbiamo una immunologi­a completa del virus e quindi non sappiamo quanto gli anticorpi resistano nel corpo umano, secondo l’indicazion­e prioritari­a è quella di mappare il viaggio italiano di Sars Cov 2”. Un lavoro decisivo e già molto avanzato. “Oggi ci interessa più scoprire l’itinerario del virus, cosa che stiamo facendo raccoglien­do e studiando i genotipi di Cov 2 per fare la sequenza totale del virus e paragonarl­a con quella messa già in rete dai colleghi cinesi, poi in base alle mutazioni rilevate si traccia la mappatura”. Attraverso questo lavoro di filogenesi e dunque di ricostruzi­one a ritroso, si capirà, tra le tante cose, se il ceppo lodigiano e quello veneto sono, come pare ormai da giorni, collegati. “È un lavoro utilissimo – dice ancora la professore­ssa – che bisognereb­be fare certamente a livello europeo, proprio oggi ho lanciato questa proposta ai colleghi di altri paesi

In Italia da un mese Nel nostro Paese il virus Sars Cov 2 si è diffuso in modo silente a partire sicurament­e da gennaio

e credo che sarà recepita”. Questo permetterà di capire anche se il Sars Cov 2 cinese è identico a quello italiano o se i contagi autoctoni registrati in Lombardia sono frutto di una continua mutazione del virus. “A livello di ipotesi – prosegue la professore­ssa – la popolazion­e cinese ha mostrato in questi mesi di contagio una maggiore permeabili­tà dal punto di vista dei recettori delle vie aeree”, cosa che ha provocato una epidemia di massa soprattutt­o nell’area di Hubei e nella città di Wuhan. Ora bisognerà capire come reagisce la popolazion­e italiana a questo nuovo virus. Di certo, conclude la professore­ssa Maria Rita Gismondo, “tra meno di due settimane sapremo molto di più sul focolaio lombardo”, e cioé quello nato e sviluppato tra le province del Basso lodigiano dove, ad oggi, si concentra la buona parte dei contagi da Covid 19. Le ultime cifre aggiornate ieri dall’unità di crisi di Regione Lombardia parlano di 615 tamponi positivi su un totale di 5.723 (il 12%), mentre sono 256 i pazienti in ospedale, di questi 80 in terapia intensiva, i decessi sono saliti a 23, 4 solo ieri. Cifre importanti che consiglian­o, ha spiegato ieri l’assessore alla Sanità Giulio Gallera, di adattare un intero ospedale per le persone affette da Covid-19. L’obiettivo è quello di mettere a riparo da un possibile contagio tutti gli altri pazienti già ricoverati.

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Specialist­a Maria Rita Gismondo dirige il laboratori­o di microbiolo­gia, virologia e bio-emergenze al Sacco di Milano

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