“Tra dicembre e gennaio più polmoniti anomale”
Ospedale Sacco: Possibili infezioni nel Lodigiano già da Natale La virologa Gismondo: “Per questo è ignoto il paziente zero”
Se
da un lato l’emergenza sanitaria è da nove giorni una continua rincorsa, dall’altro la ricerca prosegue h 24 per capire meglio e di più Sars Cov 2, il virus che provoca il Covid-19. L’ospedale Sacco di Milano è in prima linea. La professoressa Maria Rita Gismondo qui dirige il laboratorio di microbiologia, virologia e bio-emergenze. A più di una settimana dall’epidemia non ha dubbi: “Nel nostro Paese il virus si è diffuso in modo silente almeno dall’inizio di gennaio”. Il che non esclude una presenza anche a dicembre. “E questo è il motivo – spiega – per il quale ancora non è stato trovato il cosiddetto paziente zero”, la cui identità e dislocazione si perdono in un periodo di tempo molto più vasto dei primi giorni di febbraio, quando, secondo le testimonianze, il paziente uno ha cenato un paio di volte con un amico rientrato da Shangai il 21 gennaio scorso e poi risultato negativo al doppio tampone. Insomma, se, come illustra un nuovo studio dell’università Statale di Milano e del Sacco inviato all’Oms, in Cina il Sars Cov 2, dopo il passaggio dai pipistrelli all’uomo, ha iniziato a girare tra ottobre e novembre, appare ragionevole ipotizzare che molti casi di polmonite verificatisi in Italia e nella zona del Basso Lodigiano già dopo Natale possano essere contagi concreti da Covid-19. Molti di questi episodi sono stati ricordati nei giorni scorsi da alcuni medici di base che hanno anche sottolineato una crescita esponenziale. “Certo – prosegue la professoressa – già a fine dicembre noi abbiamo iniziato a lavorare sulla base di strane polmoniti cinesi segnalate dall’Oms”. Approccio scientifico e non di emergenza, visto che in Italia il primo caso conclamato porta la data del 20 febbraio, ore 21 all’ospedale di Codogno. Tra dicembre e gennaio, però, “in Italia molte polmoniti anomale sono state trattate non con la chiave di ricerca del Covid”. Non è un errore si badi. Dice la professoressa Gismondo: “In quel momento avevamo sintomi influenzali simili al Covid, per di più concentrati in un picco stagionale normale”.
IN QUELLE DATE Sars Cov 2 non era un’emergenza conclamata nemmeno in Cina. Cercare adesso gli anticorpi sui quei presunti pazienti di Covid può essere una strada, spiega Gismondo, “certamente affascinante ma non percorribile ora. Primo perché allo stato non abbiamo una immunologia completa del virus e quindi non sappiamo quanto gli anticorpi resistano nel corpo umano, secondo l’indicazione prioritaria è quella di mappare il viaggio italiano di Sars Cov 2”. Un lavoro decisivo e già molto avanzato. “Oggi ci interessa più scoprire l’itinerario del virus, cosa che stiamo facendo raccogliendo e studiando i genotipi di Cov 2 per fare la sequenza totale del virus e paragonarla con quella messa già in rete dai colleghi cinesi, poi in base alle mutazioni rilevate si traccia la mappatura”. Attraverso questo lavoro di filogenesi e dunque di ricostruzione a ritroso, si capirà, tra le tante cose, se il ceppo lodigiano e quello veneto sono, come pare ormai da giorni, collegati. “È un lavoro utilissimo – dice ancora la professoressa – che bisognerebbe fare certamente a livello europeo, proprio oggi ho lanciato questa proposta ai colleghi di altri paesi
In Italia da un mese Nel nostro Paese il virus Sars Cov 2 si è diffuso in modo silente a partire sicuramente da gennaio
e credo che sarà recepita”. Questo permetterà di capire anche se il Sars Cov 2 cinese è identico a quello italiano o se i contagi autoctoni registrati in Lombardia sono frutto di una continua mutazione del virus. “A livello di ipotesi – prosegue la professoressa – la popolazione cinese ha mostrato in questi mesi di contagio una maggiore permeabilità dal punto di vista dei recettori delle vie aeree”, cosa che ha provocato una epidemia di massa soprattutto nell’area di Hubei e nella città di Wuhan. Ora bisognerà capire come reagisce la popolazione italiana a questo nuovo virus. Di certo, conclude la professoressa Maria Rita Gismondo, “tra meno di due settimane sapremo molto di più sul focolaio lombardo”, e cioé quello nato e sviluppato tra le province del Basso lodigiano dove, ad oggi, si concentra la buona parte dei contagi da Covid 19. Le ultime cifre aggiornate ieri dall’unità di crisi di Regione Lombardia parlano di 615 tamponi positivi su un totale di 5.723 (il 12%), mentre sono 256 i pazienti in ospedale, di questi 80 in terapia intensiva, i decessi sono saliti a 23, 4 solo ieri. Cifre importanti che consigliano, ha spiegato ieri l’assessore alla Sanità Giulio Gallera, di adattare un intero ospedale per le persone affette da Covid-19. L’obiettivo è quello di mettere a riparo da un possibile contagio tutti gli altri pazienti già ricoverati.