CORONAVIRUS, LA PAURA DELLA PAURA
Una influenzina si aggira per l’Italia, per l’Europa e sconvolge il mondo. Forse è un male di stagione, forse è una epidemia, forse è una pandemia. Lascia poche vittime nelle corsie degli ospedali specializzati e rigorosamente isolati (troppo isolati, una follia, qualcuno ti dice). Ma, predicono altri che sembrano altrettanto informati, potrebbero fare molte più vittime, anzi tenetevi pronti al peggio, non vedete i segni?
UNA REGIONE, la Lombardia, chiude tutto, facendosi criticare per il pessimismo, e subito si ammala l’assistente del presidente, e il presidente, che pure sta già celebrando la ripresa di Milano, decide di comparire con la mascherina anti-infettiva davanti ai suoi elettori. Dalla rete si ride di chi chiude fiere, ristoranti, teatri e negozi. E si insultano coloro che con deliberata negligenza lasciano passare l’infezione per non disturbare gli affari. Ti domandano se non c’è un governo e la risposta è: sì c’è, ma ha di fronte una strada vuota, senza precedenti o modelli del che fare. E ha, alle spalle, consulenti che, a ogni infuriata reazione di folla (la parte che dice “influenzina”) fanno un accenno di passo indietro e professano comprensione. E l’opposizione, c’è una opposizione? Certo che c’è, con una precisa e appassionata missione: dichiarare delitto economico contro l’Italia ogni precauzione (che naturalmente ferma viaggi, eventi, arrivi di persone e versamenti di danaro nel gigantesco shopping di cui beneficia in tempi normali l’Italia). E dichiarare delitto sanitario contro l’Italia ogni allentamento delle precauzioni elencate qui sopra, e di altre che, in un altro momento, erano sembrate eccessive.
La situazione italiana è però complicata da altri fattori. Il primo è il giornalismo molle. Appena il pericolo è stato fatto notare con vigore dai medici, i giornali hanno sentito subito il dovere di usare una titolazione allarmante, in modo da far capire che da un evento così non si sfugge tanto facilmente, richiede mano ferma. Ma quando l’opinione pubblica (settore “influenzina”) ha alzato la voce per dire che non si poteva trasformare l’Italia in un lazzaretto e non si doveva screditarla nel mondo come “infettiva”, i titoli dei grandi giornali ci hanno subito annunciato che “Milano riapre”, “L’Italia riparte”, “Torna la fiducia” e persino che “I due cinesi sono guariti”. Occorre osservare che il comportamento di coloro che intendono risolvere un dramma aggiustando le notizie, in Italia è strettamente “bi-partisan”. Tanto che lo stesso giorno Salvini riusciva a dire la stessa rassicurante affermazione di Conte – “Stiamo per farcela” – ma intesa come insulto al governo e trionfo della creativa visione leghista che non cede alla paura.
Quanto alla libera rete di destra, visto che la sinistra sembra impegnata per una volta a riparare la barca, ha scelto la risata. Circolano con successo le prese in giro delle misure “tampone” (“per forza, se fai il tampone a tutti, qualcuno ci casca”), delle misure “i so l amento” narrate come fantascienza e delle pratiche prima consigliate e poi sconsigliate dagli esperti, tipo guanti, mascherine e continua disinfezione. Dunque se appaiono deboli gli anticorpi fisici degli italiani, appaiono deboli anche gli anticorpi politici e quelli mediatici. Alzi la testa dal feroce campo di battaglia “influenzina vs. pandemia” e ti accorgi del rischio che stiamo correndo.
Coloro che hanno davvero paura e coloro che sghignazzano su questa paura, una contrapposizione culturale un po’ misteriosa che non corrisponde esattamente a “governo” e“opposizione”, ma anzi mischia le carte: si fanno vivi, oltre che in rete, in Parlamento, e possiamo ascoltarli nelle trasmissioni di Radio Radicale. Potete seguire l’oratore o l’oratrice lungo i sentieri di un libero fantasticare. Come si vede, qualunque cosa sia “Coronavirus”, la vera paura non sta nella natura ancora non chiarita del male, mite e sfuggente, da cui si guarisce però si ricade (fatto raro) e a causa del quale si muore – ti rincuorano – solo se vecchi. La vera paura sta, almeno in Italia, nella accanita lotta fra i seguaci di due virus. Uno si cura chiedendo che tutti si mettano insieme in un governo unico forte, virile abbastanza da buttare via l’amuchina e affidarsi al libero scambio. È un sovranismo senza frontiere dove poi, tornata la pace, celebreremo i caduti del Salone del Mobile. Tutto, ma mai spaventare clienti e turisti. L’altro impone limitazioni e disagi e insiste alla vecchia maniera nel seguire i soli percorsi noti della medicina: lavarsi le mani, evitare la folla, chiudere momentaneamente le scuole e, se necessario, accettare la noiosissima quarantena. È qui che si gioca il nostro destino: chi vincerà, i sovranisti socievoli che brindano alla rinascita di Milano, anche se il governatore indossa la mascherina, o il ministro della Salute che suggerisce di fidarsi di virologi di competenza mondiale e dei medici di famiglia? Come vedete siamo tornati in pieno alla brutta e pericolosa guerra dei vaccini.