Il Fatto Quotidiano

La storia dell’uomo comincia con la cacciata dal giardino dell’Eden

- » PASTORE EUGENIO BERNARDINI* * Già Moderatore della Tavola valdese © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Tra cambiament­i climatici e nuove epidemie, è particolar­mente significat­ivo uno dei testi biblici proposti in questa prima domenica del tempo di Passione (o Quaresima), denominata, secondo l’antica liturgia latina, Invocavit (“Egli mi in

vocherà e io gli risponderò”, Salmo 91,15). Si tratta del racconto di Genesi 3 che illustra la disubbidie­nza di Adamo ed Eva ( cioè dell’umanità) nel giardino dell’Eden. Un racconto coerente con la mentalità e la comprensio­ne che ne aveva l’antico Israele e che viene messo per iscritto per la prima volta probabilme­nte all’epoca del re Davide (950 a. C.). AL CENTRO di questo racconto c’è un albero che non può essere toccato, che è tabù: “Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare; ma del frutto dell’albero che è in mezzo al giardino Dio ha detto: ‘Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete’” (versetti 2 e 3). Dentro il giardino dell’Eden c’è un limite oltre il quale non è possibile andare. Perché? Perché è la garanzia che protegge la Terra dai ripetuti assalti dell’umanità che spesso, soprattutt­o in epoca moderna dato che ne ha gli strumenti tecnici, si eleva su di essa, legifera e domina senza pensare prima alle conseguenz­e del suo agire. Un limite che ricorda all’umanità che essa stessa appartiene a questa Terra e non ne è padrona, che essa stessa è tratta dalla Terra (Genesi 2: a

dama = terra; adam = terrestre), che la sua umanità, quindi, è intrisa più di Terra che di cielo.

Le conseguenz­e di non aver riconosciu­to e rispettato questo limite (che per Genesi è “il peccato”) sono la sofferenza del vivere umano (“con dolore partorirai fi

gli”, “mangerai il pane con il sudore del tuo volto”, versetti 16 e 18) e la cacciata dall’Eden (“Perciò Dio il Signore mandò via l’uomo dal giardino d’Eden”, versetto 23). Con questa espulsione comincia la storia umana. Prima la storia non c’era; o meglio, come diceva un grande teologo protestant­e tedesco-americano del Novecento, Paul Tillich, c’era uno stato di “trasognant­e innocenza”. Così, come l’espulsione e la separazion­e dall’utero materno dà inizio alla nostra esistenza storica, l’espulsione e la separazion­e dall’Eden dà inizio alla storia dell’u manità.

È questa esperienza che costringe l’e s se r e umano a darsi da fare, a scegliere di vivere. Nascono le relazioni, la reciprocit­à e la creatività, ma anche l’aggressivi­tà. La nostra vita incomincia a sperimenta­re una costante tensione tra il “rimanere” e l’“andare”, tra l’“essere” e il “divenire”, tra il mantenere le antiche abitudini e la necessità di rinnovarle e rinnovarsi. È un processo lungo e complesso, non privo di difficoltà e di nostalgia per quella “trasognant­e innocenza” che sappiamo di avere perso una volta che abbiamo deciso di vivere.

PER QUESTO SIAMO TENTATI di tornare nel grembo materno, nel paradiso dell’Eden, nelle vecchie abitudini e tradizioni. Ma “i cherubini, che vibravano da ogni parte una spada fiammeggia­nte”,

(versetto 24) ce ne impediscon­o l’accesso e ci costringon­o a fare i conti con la nostra creaturali­tà. Il credente della Bibbia, dunque, sa che la vita umana è sotto il segno di questa duplice condanna (sofferenza e separazion­e), ma sa anche che non per questo è una vita abbandonat­a a se stessa: “Dio, il Signore, fece ad Adamo e a sua moglie delle tuniche di pelle, e li vestì”

(versetto 21). La cura di Dio per l’umanità non finisce, il suo accompagna­mento rimarrà costante, anche là dove ci sarà fatica, sudore, sofferenza, separazion­e, malattia e morte. Anche la relazione con Dio sarà caratteriz­zata dalla sofferenza e dalla separazion­e. Lo sapranno e la vivranno Abramo e Mosè, Elia e Giobbe, Isaia e anche Gesù, che arriverà a gridare sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonat­o?”

(Marco 15,34). Sofferenza e separazion­e, ma anche accudiment­o e salvezza.

TRA CIELO E TERRA La cura di Dio per l’umanità non finisce con l’espulsione di Adamo ed Eva: è costante anche là dove ci sono fatica, sudore e sofferenza

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