Il Fatto Quotidiano

Febbre a 90° a Roma: “Grazie a Falcao ho imparato l’amore”

IL COLLOQUIO “La gioia fa parecchio rumore” racconta lo spirito gialloross­o (nei giorni più bui per il club)

- » TOMMASO RODANO

Con Sandro Bonvissuto l’ap pu nt amento è all’una di notte fuori da Candido, la trattoria dove lavora come cameriere da 20 anni. Sedie ribaltate sui tavoli, orario di chiusura. Si fa incetta di birre in bottiglia, si sale in macchina e si attraversa una Roma letargica fino a San Giovanni, casa sua. Poi si sta tre ore appoggiati al tavolino della cucina a svuotare le suddette bottiglie, a parlare di letteratur­a, di vita e di pallone; da Carver e Faulkner fino a Falcao e Cristante, dal Divino al mediano.

Sandro è un uomo di quasi 50 anni con una criniera di capelli rasta legati a cipolla dietro la nuca, due occhiaie disegnate come solchi dall’aratro del lavoro pesante, un sorriso e un’ironia che ti si appiccican­o addosso, diventano tue in automatico. Soprattutt­o, quello che sgobba in trattoria fino all’una, a tempo perso è uno scrittore fenomenale.

HA APPENA pubblicato il suo secondo libro per Einaudi, La gioia fa parecchio rumore. Una gemma, a metà tra una storia d’amore e un saggio su una malattia bellissima e incurabile, degenerati­va: il tifo per la Roma. Un romanzo di formazione romanista. C’è il rito di iniziazion­e (una retrocessi­one sfiorata), l’educazione alla felicità (un signore con la maglia numero 5 che viene dal Brasile) e si chiude un attimo prima della tragedia, la finale di Coppa dei Campioni. Quellafina­le, contro il Liverpool, il 30 maggio 1984.

Cosa è successo dopo quella partita? “No fratè no. Non me lo chiedere. Siamo tornati a casa dopo due giorni. Mia madre ha chiamato i carabinier­i, un altro po’ ci arrestavan­o per vagabondag­gio”. Una roba indelebile: “Il primo giugno era il mio compleanno. Mia madre mi fa: ‘ Non ce pensà, amore di mamma... è la festa tua, ti ho fatto la torta’. Ho preso la torta e l’ho buttata”. Ride, ma al tempo stesso è molto serio, una maschera romana: “Io non c’ho mai avuto 14 anni. E lo sai perché? Lo sai di chi è la colpa?” Della Roma. “Della Roma! Hai detto bene”. Va avanti da solo, come in psicanalis­i: “Il 30 maggio 1984 è l’origine di tutti i miei problemi. Tutti! Quando litigo con una donna, io lo so che m’ha lasciato per quello. Tutte le cose più stronze che ho fatto in vita mia, le peggiori, sono colpa di quel giorno”. Sospira, definitivo: “Abbiamo perso la finale di Coppa dei campioni. In casa. Ai rigori”.

Questo trauma terrifican­te – forse incomprens­ibile ai sani di mente – resta fuori dal libro. Dentro queste pagine invece si sente solo il rumore, parecchio, della gioia. Dell’amore: per la famiglia, per quegli anni 80 che erano bellissimi, per la città, per la vita. “È una storia sull’amore – conferma Bonvissuto. Il calcio è solo l’ennesima prospettiv­a da cui guardare l’amore. Ed è un libro sui legami familiari. Io sono stato al mondo come mi hanno insegnato loro: vive davvero solo chi ama. L’etica è questa. Il tifo è una forma di amore collettiva. Si va allo stadio, si sta insieme, si diventa comunità”.

Come nella scena incredibil­e – una delle più belle – di un popolo che si mette in moto per andare ad accogliere Lui: migliaia di romanisti a Fiumicino per Paulo Roberto Falcao, un calciatore brasiliano che nessuno aveva mai nemmeno visto giocare.

Sandro ne parla come fosse ancora lì: “Tutta quella gente, tutto quell’amore. Assurdo. Regà, è il 10 agosto. Fateve una vita. Annate al mare. C’era gente che giocava a racchetton­i, a pallone, chi tagliava il cocomero, chi s’era portato la sdraio, chi aveva lasciato la moglie in macchina... il 10 agosto, alle 10 di mattina. La gente non se ne andava più. Stavano tutti là per amore”.

PRIMA dell’ultima birra, è il momento dell’esorcismo. Bisogna parlare di un dramma che si credeva impensabil­e, e invece assume una forma sinistra, domenica dopo domenica: lo scudetto alla Lazio. Bonvissuto sgrana l’ennesima perla di saggezza romanista: “Alla penultima giornata c’è Roma-Juve. Noi semo così stronzi che quel giorno vinciamo 4 a 1, mica siamo come loro”. Cioè i laziali, che nel 2011 persero apposta contro l’Inter per scongiurar­e lo scudetto ai cugini. Un attimo dopo Sandro ride già. Brinda: “Bevite sta biretta... Vivi tranquillo. No, non ce la possono fare. E poi pure se fosse...”. Se fosse? “Manco te ne accorgi. Sono pochi. Mezza giornata ed è finito tutto. So’ come i rosci... ce n’è al massimo uno per comitiva.”

Il libro

A fine campionato incontriam­o la Juve: siamo così stronzi che vinciamo 4 a 1 e aiutiamo la Lazio... ma non ho paura

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Matteo Bianchi Fasani Alta fedeltà Sandro Bonvissuto

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