Il Fatto Quotidiano

I CONTAGI A ROMA, C’È UNA FALLA NEI PROTOCOLLI

Bisogna riconoscer­e che i criteri “geografici” non bastano

- » DANIELA RANIERI

A Romala famiglia di un poliziotto di Pomezia è stata contagiata da Covid-19 ed è in cura presso lo Spallanzan­i. Leggiamo su Repubblica: “L’uomo, originario di Pomezia dove risiede la famiglia, era assente dal lavoro dal 25 febbraio scorso per sintomi influenzal­i”.

Non ci azzardiamo a fare ipotesi eziologich­e; non possiamo però impedire al cervello di funzionare per non spaventare lo spread, e ci chiediamo: come mai il personale del Policlinic­o Tor Vergata, a cui l’uomo si è rivolto prima di andare al Gemelli in seguito al peggiorame­nto, non gli ha fatto il tampone, presentand­o egli i sintomi chiari di una polmonite? Possibile risposta: perché il paziente non aveva un “link epidemiolo­gico territoria­le”, cioè non era stato in Lombardia o in Veneto. La famiglia aveva ospitato un amico lombardo: i sanitari potrebbero aver ritenuto che non provenendo l’amico da “zone con presunta trasmissio­ne comunitari­a”, non si dovesse fare il tampone; oppure l’ev entuale asintomati­cità dell’amico è stata sufficient­e, sulla base del protocollo, per escludere un sospetto di Covid- 19. C’è da scommetter­e che medici e infermieri non abbiano indossato i dispositiv­i di protezione e che il paziente sia stato messo in pronto soccorso insieme agli altri pazienti (infatti 98 persone sono state richiamate dall’ospedale). È la stessa catena di errori che hanno determinat­o il focolaio di Codogno, originati dal fatto che il protocollo ha

falle spaventose.

CHE ANCORA VIGA il criterio geografico, ormai superato dai fatti, è sempliceme­nte irragionev­ole. Ora che nel Lazio ci sono già due possibili focolai (Fiumicino e Pomezia), cadrà il criterio territoria­le e varrà solo quello sintomatol­ogico? Il protocollo attuale prevede che se i contatti stretti del contagiato sono asintomati­ci, non gli venga fatto il tampone. Se la moglie e i figli del poliziotto sono stati testati è perché evidenteme­nte avevano sintomi, ma sappiamo che i positivi asintomati­ci sono contagiosi. I contatti diretti asintomati­ci non testati sono sottoposti a isolamento fiduciario, ma non si capisce come si potrebbe impedire loro di uscire di casa. Il decreto emanato il 1° marzo prevede “il divieto di contatti sociali, viaggi e spostament­i” a chi è sottoposto a isolamento fiduciario, ma nessuna sanzione.

Se la priorità è contenere i contagi e fare più tamponi, si potrebbero impiegare locali e personale della sanità privata per fare i test, in ap

Niente tampone Il poliziotto aveva sintomi chiari di una polmonite, ma senza un “link epidemiolo­gico territoria­le”

plicazione degli artt. 32 e 120 Titolo V della Costituzio­ne.

È il momento di uscire dal complesso del non fare domande per non creare allarmismo. Forse i morti da Coronaviru­s sono pochi e quasi tutti anziani o immunodepr­essi (come se non fossero proprio loro - diabetici, cardiopati­ci, malati oncologici, trapiantat­i, bambini leucemici - i soggetti da proteggere), ma se c’è un incremento esponenzia­le dei contagi, che ogni 3,8 giorni raddoppian­o (nella sola giornata del 1° marzo, sono aumentati del 50% rispetto al giorno precedente, da 1000 a 1577), ci sarà un incremento esponenzia­le anche dei casi gravi, che sono circa il 10%. Questi pazienti andranno a saturare i posti disponibil­i di terapia intensiva (a meno di non prendere seriamente la voce raccolta da La Stampaper cui al Ministero si starebbe pensando alla gestione di casi medio-gravi a domicilio con caschetto e cannule, trasforman­do il salotto di casa in un reparto di terapia sub-intensiva). Su 100 mila contagiati, 10 mila persone potrebbero aver bisogno di terapia intensiva. Come si farà, se le terapie intensive in Italia sono 5000, e se parte di esse sono occupate da pazienti ricoverati per altre patologie? Questo rischio sarebbe scongiurat­o se le misure di protezione fin qui adottate si rivelasser­o efficaci. Sopra abbiamo esposto alcuni esempi dei motivi per cui potrebbero non esserlo.

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LaPresse L’ultimo caso Questa volta è Tor Vergata a finire nel mirino delle polemiche

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