Il Fatto Quotidiano

La storia di Ulay, “first fidanzato” dell’arte mondiale

1943-2020 Fotografo e performer, ha fatto del suo amore con Abramovic un’opera vivente, da “Relation Works” al Moma

- » CAMILLA TAGLIABUE

Èstato fotografo e performer, ma soprattutt­o il più famoso “fidanzato di” della storia dell’arte contempora­nea, avendo fatto del suo amore con Marina Abramovic un’opera vivente.

Èstato fotografo e performer, ma soprattutt­o il più famoso “fidanzato di” della storia dell’arte contempora­nea, avendo fatto del suo amore con Marina Abramovic un’opera vivente: Ulay, all’a n ag r af e Frank Uwe Laysiepen, è morto ieri a Lubiana a 76 anni, probabilme­nte di cancro, di cui era malato dal 2011.

Figlio, presto orfano, di un gerarca nazista, Ulay ha sempre malvissuto le proprie radici, rinunciand­o al nome e alla nazionalit­à tedesca e denunciand­o il nazionalis­mo in molte sue performanc­e: in

There is a Criminal Touch to

Art , ad esempio, ruba dalla Neue Nationalga­lerie di Berlino il dipinto Der arme Poet di Carl Spitzweg, il pittore preferito di Adolf Hitler, per poi donarlo a una famiglia di immigrati turchi in Germania. Il 1975 è l’anno fatale: ad Amsterdam conosce infatti la collega Abramovic. Fatale è anche il giorno: 30 novembre, data del compleanno di entrambi. “Prese la sua agendina e mi fece vedere che la pagina del 30 novembre era str appa ta”, scrive Marina nella sua autobiogra­fia Attra

versare i muri ( B o mp ia ni , 2016). “Dato che detestavo il mio compleanno, anch’io strappavo sempre la pagina corrispond­ente. Così presi la mia agendina e la aprii per mostrare la pagina mancante. Anche Ulay rimase a fissarmi. Quella sera tornammo a casa sua, e restammo a letto per i dieci giorni successivi”. La relazione durerà quasi tredici anni, tra amplessi, tradimenti, amplessi a tre con gli amanti di turno, tormenti, piatti rotti e arte.

ULAY “ERA ALTO E MAGRO,

con capelli lunghi e fluenti che teneva raccolti in una crocchia con un paio di bacchette – un dettaglio che mi colpì subito, dato che io facevo lo stesso con i miei... La nostra intensa alchimia sessuale fu solo l’inizio. Il fatto che fossimo nati lo stesso giorno era più di una coincidenz­a. Fin dall’inizio, respirammo la stessa aria; i nostri cuori battevano all’unisono. Ciascuno finiva le frasi de ll ’ altro, sapendo esattament­e che cosa aveva in mente, anche quando dormiva... Quell’uomo era tutto ciò che volevo, e sapevo che lui provava lo stesso per me... Ci sono coppie che, quando iniziano a convivere, comprano pentole e padelle. Ulay e io cominciamm­o a progettare di fare arte insieme”. Scorrazzan­do in giro per l’Europa a bordo di un furgone, concepisco­no la numinosa serie di performanc­e Relation Works, che comprende Relation in Space (portata alla Biennale di Venezia) e

Imponderab­ilia, realizzata nel 1977 alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna. Quest’ultima è una delle loro opere più famose: entrambi nudi, uno di fronte all’altro contro gli stipiti della porta d’ingresso, costringon­o i visitatori del museo a entrare di traverso, rivolti verso la donna o verso l’uomo: “È questo il gioco – spiega Ulay –: in un secondo devi prendere una decisione, ancora prima di poter comprender­e perché”. Pecca

to che dopo appena mezz’ora la polizia interrompa l’happening ritenendol­o osceno. L’altra loro performanc­e di successo è l’ultima, The Lovers

– The Great Wall Walk , in cui percorrono a piedi la Grande Muraglia cinese partendo dai due capi opposti e incontrand­osi a metà per dirsi addio. È il 1988, appunta sempre Abramovic: “L’avrei ammazzato. Per lui era facile: seguiva la Grande Muraglia nel deserto, dove tutto era piatto. Io invece non facevo che arrampicar­mi su e giù per le montagne... Dato che il fuoco è il simbolo del principio maschile e l’acqua di quello femminile, si era deciso che lui partisse dal deserto e io dal mare. E confesso anche che, malgrado tutto, in quel momento speravo ancora di salvare il nostro rapporto”.

FINITO IL SODALIZIO con Marina, Ulay torna a dedicarsi perlopiù alla fotografia, con la sua monumental­e produzione di Fotogrammi­ePolagramm­i, lui che aveva iniziato la carriera artistica con la Polaroid (di cui era diventato consulente già nel 1970), pur avendo studiato ingegneria. I due si rivedono pubblicame­nte al Moma nel 2010 durante la mostra-performanc­e di Abramovic The Artist is

P re s en t: un pezzo di teatro straordina­rio, se non fosse che è arte contempora­nea, ed è tutto vero, per commozione, struggimen­to, intensità, amore. Seguono scaramucce legali per i soldi, come nelle migliori ex coppie, con lui che fa causa a lei per alcuni diritti d’autore delle opere e danni all’immagine: il giudice gli darà ragione nel 2016, costringen­do la donna a versargli 250 mila euro. Ma pace: “Era un artista e un essere umano eccezional­e, ci mancherà profondame­nte”, scrive Marina su Facebook poche ore dopo la notizia della morte dell’ex compagno, mentre lo Stedelijk Museum di Amsterdam annuncia una mostra personale su Ulay a novembre. L’artista lascia mogli e figli in giro per il mondo: lui che “aveva sempre abbandonat­o tutti” ora l’ha fatto veramente.

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Ansa Tra mostre e realtà Ulay, “Anagrammic Box”; sotto, “Imponderab­ilia” con Marina Abramovic a Bologna e “The Artist is Present” al Moma di New York
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