Il depistatore dell’Eni: “Così dettavo la linea a Giornale e Paolo B.”
Il caso Il quotidiano contro il Fatto: “Riporta solo la versione di Amara” Che però ci scrive: “Concordavo articoli con Sallusti e Paolo Berlusconi”
“Leggo con stupore e preoccu pazione un articolo pubblicato dal quotidiano Il Giornale nel quale si afferma che il Fatto Quotidiano avrebbe colpevolmente taciuto sulle mie vicende giudiziarie, mentre apparirebbe invece fortemente critico nei confronti dei vertici di Eni”. Così inizia una lettera arrivata in redazione e firmata da Piero Amara, per anni avvocato esterno della compagnia petrolifera, poi arrestato nel 2018, inquisito dalle Procure di Messina, di Roma, di Milano. Per ora ha chiuso alcune delle sue vicende giudiziarie patteggiando 3 anni. E ha iniziato a collaborare con i magistrati milanesi, raccontando di avere costruito negli anni scorsi, per conto dei vertici Eni, un falso “complotto” con l’obiettivo di affondare le inchieste milanesi su possibili corruzioni internazionali in Algeria e in Nigeria; e di danneggiare i supposti “nemici” dell’ad Claudio Descalzi (tra cui l’ad di Saipem Umberto Vergine e il consigliere indipendente Luigi Zingales, che in cda chiedeva rigore).
“LO STUPORE ”, scrive Amara ,“si collega alla circostanza che il Fatto purtroppo in questi anni ha letteralmente ‘massacrato’ il sottoscritto nel raccontare ai lettori delle vicende note”. Sono quelle del cosiddetto “complotto”, messo in scena da Amara con false denunce alle Procure di Trani e di Siracusa, su cui il Fatto ha riempito molte pagine, indicando proprio Amara come manovratore. “La preoccupazione”, continua, riguarda invece “la tenuta delle capacità cognitive ( sub specie di deficit della memoria) del direttore del Giornale Alessandro Sallusti ”: avrebbe scordato di aver dato “ampio spazio nel suo quotidiano alla vicenda ‘complotto contro Eni’ attraverso due articoli elaborati, redatti e articolati direttamente con il sottoscritto presso la sede del Giornale, dietro presentazione e alla presenza del signor Paolo Berlusconi”. Amara sostiene insomma di avere praticamente scritto di suo pugno un paio di articoli del Giornale su fatti che lo riguardavano: dice di aver incontrato due volte Sallusti, presentato dall’editore Paolo Berlusconi, e di avergli consegnato materiale subito trasformato in due articoli “senza alcun approfondimento né verifica”, ma soltanto “con piccole modifiche stilistiche”. Il primo articolo è uscito il 30 ottobre 2015 con il titolo “Quella manovra per indebolire Descalzi” e racconta che le Procure di Trani e di Siracusa sono al lavoro sul “complotto” contro l’amministratore delegato di Eni ordito da una “filiera di rapporti ostili” che ha creato un “sistema di delegittimazione” con “obiettivo il ribaltamento dei vertici Eni attraverso la diffusione di notizie e informazioni abilmente falsificate”. Il Giornale si è dunque messo nelle mani di Amara e si è fatto strumento del suo falso complotto.
Il secondo articolo “dettato” da Amara (“L’Eni e quel dossier ‘perso’ in Procura”, dell’11 febbraio 2017) dà conto di una interrogazione par lame ntare presentata dal senatore Lucio Barani (di Ala, il gruppo di Denis Verdini) che adombrava (inesistenti) manovre dei servizi segreti nigeriani per delegittimare e infangare Descalzi e il suo predecessore, Paolo Scaroni. E che evocava (inesistenti) tentativi di dossierare l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi. Con attacco finale ai magistrati milanesi al lavoro sulla tangente miliardaria pagata per ottenere il campo petrolifero Opl 245 in Nigeria: “La Procura di Milano, che già indaga su un filone Eni-Nigeria innescato dalle ‘fonti’ nigeriane, chiede e ottiene la trasmissione del fascicolo”, che “smonta alcune delle tesi sostenute da quella Procura” e che “come arriva a Milano sparisce”. Falso. Milano chiude il fascicolo con un’archiviazione per quelli che secondo la Procura di Siracusa erano gli ideatori del “complotto” (Zingales, Litvack, Vergine) e che invece sono le vittime. E apre una nuova inchiesta sui veri manovratori del de pi st ag gi o: Amara e – secondo quanto egli stesso ora rivela – i vertici Eni (il numero tre Claudio Granata, l’a vv ocato Michele Bianco, il capo della security, Alfio Rapisarda).
Sallusti conferma gli incontri con Amara, ma minimizza: “Al l’epoca era un avvocato dell’Eni, dunque abbiamo ricevuto il materiale che ci ha portato. Ne sono nati due articoli. Pretendeva di leggerli e correggerli prima della pubblicazione e mi sono opposto. Aveva un atteggiamento così inquietante e arrogante che in seguito mi sono rifiutato di rispondergli”.
La replica
Il direttore: “All’epoca era un legale del gruppo. Mi opposi a fargli rileggere i pezzi”