Il Fatto Quotidiano

Netanyahu-Gantz: per gli exit poll, il premier è in testa

Il blocco di destra con il Likud in lieve vantaggio, Gantz con il partito “Blu e bianco” insegue

- » FABIO SCUTO Gerusalemm­e

Al termine di una campagna elettorale “sporca e v er go gn os a“- -sono parole del presidente Reuven Rivlin - tutto è rimasto come prima, o quasi. Stando ai sondaggi appena usciti dopo la chiusura dei seggi elettorali il Likud, il partito- persona del premier Benjamin Netanyahu avrebbe portato a casa 37 seggi contro il principale rivale, l’ex capo di Stato maggiore Benny Gantz - capo di Khaol Lavban - che si è fermato a 32-33 seggi.

I DUE SCHIERAMEN­TI con i loro alleati sono inchiodati a un sostanzial­e pareggio e il primo incarico di formare un nuovo governo spetterebb­e secondo la prassi al leader del partito di maggioranz­a relativa cioè super-Bibi. Sarà difficile per lui trovare qualcuno disposto a cambiare casacca per dargli quel seggio in più che alla Knesset significa la maggioranz­a legislativ­a. Avigdor Lieberman - capo di Yisrael Beitenu, il partito degli immigrati dall’Est - con i suoi 8 seggi resta l’ago della bilancia. Ha giurato di non tornare mai più al governo con Netanyahu, ma nella terra dei miracoli non bisogna mai dire mai.

L’uomo che metà Israele ama e che l’altra metà odia profondame­nte ce l’ha fatta ancora una volta, in una campagna elettorale in cui Bibi come sempre ha gettato tutto sé stesso e ha combattuto senza esclusione di colpi, agguati politici, video veri e fasulli, minacce e promesse, accuse e spionaggio. Violando ogni regolament­o elettorale ha fatto campagna fino al minuto prima della chiusura dei seggi, al punto che Facebook e Instagram hanno chiuso le sue pagine su richiesta della Commission­e elettorale centrale. Ma Netanyahu per molti - nonostante le gravi accuse di frode e corruzione per le quali il 17 marzo andrà a processo - resta comunque l’uomo del destino. E lui abile come sempre ha trasformat­o il voto in un referendum personale su sé stesso. Gli sforzi disperati di Netanyahu per sfuggire all'azione penale lo hanno portato a dichiarare guerra totale alla democrazia, allo stato di diritto e ai valori civili su cui si basa lo Stato d’Israele. Piuttosto che affrontare i suoi accusatori in un tribunale ha trasformat­o la sua situazione personale in una guerra a tutto campo. Se ce la farà a formare il governo il suo obiettivo immediato sarà di chiudere il processo e punire il sistema legale per aver osato indagare e perseguirl­o per corruzione, frode e abuso di potere.

COME HAscritto

Haaretz con il pretesto di una "riforma giudiziari­a" e di "reprimere l'Alta Corte di Giustizia” potrebbe dare un colpo mortale allo stato di diritto in Israele, un desiderio comune di tutti i partiti di destra e quelli religiosi da sempre suoi alleati nei diversi governi che ha guidato. Eppure la più alta affluenza degli ultimi 21 anni con il 65,6 % degli aventi diritto aveva fatto sperare in uno scatto dei partiti della sinistra alleati di Gantz e di Kahol Lavan e soprattutt­o della Joint Arab List, che passa da 12 a 14 seggi. Non abbastanza per incidere nell’esi to del voto. Si è sperato persino che i circa 2.000 elettori attualment­e in quarantena come parte di uno sforzo nazionale per rallentare la diffusione del coronaviru­s - che hanno votato in seggi elettorali speciali gestiti da paramedici con tute e mascherine - potessero essere un segnale di cambiament­o.

Il terzo uomo Governo, per la terza volta sembra decisivo l’appoggio di Liebermann (Israel Beitenu)

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LaPresse A processo il 17 marzo Netanyahu con la moglie al seggio
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