Il Fatto Quotidiano

Il ministro per caso finito suo malgrado al centro della scena

- » TOMMASO RODANO

Èsuccesso praticamen­te per caso. Nella gestazione del governo Conte bis c’era bisogno di una casella per Liberi e Uguali, il gruppetto di sinistra sopravviss­uto al disastro del 4 marzo 2018, comunque prezioso per formare una maggioranz­a al Senato.

Il ragionamen­to dev’essere stato più o meno questo: diamogli la Sanità, cosa volete che succeda? Ecco cosa è successo, niente di che: è esploso il Coronaviru­s e un’emergenza sanitaria mondiale.

Roberto Speranza si è trovato all’incrocio di questi venti. È diventato ministro della Salute senza una ragione specifica, e senza alcuna esperienza reale sul campo. Un uomo di sinistra a presidio del più delicato dei servizi pubblici, sottoposto a una pressione impensabil­e.

Al di là dei giudizi di merito, è difficile non riconoscer­e a Roberto Speranza un po’ di solidariet­à: si è trovato nel posto sbagliato nel momento peggiore possibile. Senza alcun preavviso del disastro che stava per manifestar­si. Ha provato a rimanere in piedi con i mezzi a disposizio­ne. Si è affidato alla struttura tecnica, si è sforzato di assumere un profilo serio, rispettoso delle difficoltà, rassicuran­te. Ci è riuscito solo in parte, come inevitabil­e. Un uomo fiondato, da un giorno all’altro, senza preparazio­ne, al centro di una clamorosa emergenza nazionale.

QUARANTUNO anni, nato e cresciuto a Potenza, laureato in Scienze politiche, Speranza è un prodotto della “Ditta”, un giovane vecchio allevato a pane e politica. Papà socialista lombardian­o (e dunque anti-craxiano), una lunga militanza nella Sinistra giovanile, poi nelle varie forme assunte dagli eredi del Pci. Quando Matteo Renzi irrompe nel Pd e promette di cambiare tutto, Speranza è tra i “rottamandi”: un trentenne adottato dai polverosi notabili della tradizione post-comunista. Nel 2008 Veltroni l’aveva nominato nel comitato nazionale dei Giovani Democratic­i, poi Speranza è vicino a D’Alema e soprattutt­o a Bersani. È il figlio politico del segretario piacentino, la sua controfigu­ra nelle primarie vincenti del 2012 e nella campagna elettorale successiva, quella in cui prometteva di “smacchiare il giaguaro”. Operazione, come noto, poco fortunata. Renzi quindi si divora il partito e il giovane bersaniano – per mantenere la pax interna – diventa capogruppo alla Camera. L’equilibrio è precario e presto si spezza.

Chi è

Roberto Speranza, 41 anni, ha iniziato a fare politica da ragazzo. Nel 2012 è a fianco di Bersani nella campagna per le primarie del Pd. Nel 2013 è capogruppo dem alla Camera. Dopo la scissione, è il responsabi­le di Mdp. Nel settembre 2019 è nominato ministro della Salute nel 2° governo Conte

QUANDO BERSANIe i suoi fanno i bagagli, a Speranza vengono messe in mano le chiavi di Mdp, il movimento che nasce alla sinistra del Pd: non una Ferrari. La sinistra si riunisce attorno a Piero Grasso, il disastro prende forma all’alba del 5 marzo 2018: quel giorno Speranza, non ancora 40enne, ha già l’aria di un reduce. Uno dei pochi che almeno hanno salvato il seggio parlamenta­re. Per un curioso capriccio del destino un anno e mezzo più tardi – il 5 settembre 2019 – Speranza è al Quirinale per giurare da ministro. Sembra una mano di carte di quelle inspiegabi­li, fortunatis­sime, vincenti. Invece era un Coronaviru­s. Da allora il giovane vecchio Speranza è in apnea. Non è un carismatic­o o un genio della comunicazi­one, né – soprattutt­o – un esperto di sanità. Ma è un diligente studioso della politica e una persona seria. Deve svuotare il mare a mani nude, in bocca al lupo.

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Il ministro della Salute, Roberto Speranza (Mdp) e il suo vice, Pierpaolo Sileri (Movimento Cinque Stelle)
Ansa/LaPresse Sanità Il ministro della Salute, Roberto Speranza (Mdp) e il suo vice, Pierpaolo Sileri (Movimento Cinque Stelle)
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