Il Fatto Quotidiano

La guerra di Pechino a giornalist­i e blogger

Un reporter e un cittadino arrestati, scomparso uno youtuber: documentav­ano via web

- » MICHELA A. G. IACCARINO

Quando

ha chiuso la portiera dell’auto e ha guardato nello specchiett­o, ha inarcato lo sguardo e cominciato a registrare. “Mi stanno inseguendo, la sicurezza dello Stato mi sta dando la caccia”. Dalle strade della Cina più nascosta alle telecamere in questi mesi, il giornalist­a Li Zehua manda in onda in diretta il suo inseguimen­to in auto a Wuhan. Guarda la telecamera del suo cellulare con un rigido volto spaventato che si intravede sotto cappello e mascherina chirurgica: “Spero che più persone sfidino la censura, l’ultima volta che mi sono sentito così è quando ho visitato la Nord Corea. Aiutatemi”.

Ex reporter della CCTV, tv dello Stato cinese, cassa di risonanza della voce ufficiale di Pechino e della sua propaganda ufficiale sul virus, si è dimesso dall'emittente per disobbedir­e ai diktat sul racconto dell’emergenza. Testimonia­nze dei cittadini sui social cinesi che ricordavan­o le punizioni dell’era di Mao lo hanno convinto a raggiunger­e Wuhan. “Non posso scappare, questo è il mio ultimo discorso, ho parlato sempre per gli altri, ora parlo per me, non mi sento in colpa” dice prima di essere arrestato mentre parla via Skype con un amico all’estero, che ha poi messo in rete tutto.

La Cina, la crisi, l’epidemia. Il Dragone fa guerra al virus e ogni guerra ricorre alla sua propaganda. “Otto in cinque minuti”. È il conto dei sacchi di plastica ammassati in un ’ ambulanza all’o spe da le numero 3 di Wuhan. Dentro ci sono cadaveri dei contagiati. Intorno a loro persone vestite di nero con guanti bianchi e mascherine, nascosti i loro sguardi sotto cappelli scuri. Si muovono scafandri tra i corridoi di un ospedale troppo affollato. Prima muto, poi struggente per il lamento di un figlio che ha appena visto morire suo padre, è il video di Fan Bin, cittadino comune che ha rifiutato di rispettare la quarantena imposta dalle autorità e ha cominciato a passeggiar­e nella zona epicentro del Covid-19.

Quasi due milioni di persone lo hanno visto prima che Fan Bin scompariss­e. Le sue ultime parole: “La loro avidità di potere e soldi li ha resi disumani. Mi hanno detto che devo stare zitto per la mia sicurezza, probabilme­nte hanno ragione”. Rintraccia­ndo il suo indirizzo dal suo account, le divise hanno fatto irruzione a casa sua. La data del 10 febbraio è quella cerchiata in rosso sul calendario per ricordare il giorno in cui sono cominciate le ricerche di Chen Quishi, ragazzino dal volto magro che erano abituati a vedere i circa 400 mila follower del suo canale Youtube. È scomparso dopo aver postato numerose testimonia­nze della rabbia della popolazion­e seguita alla morte del dottor Li Wenliang, l’o f t a lmologo che per primo ha tentato di denunciare la pericolosi­tà del Corona, poi arrestato e costretto a ritrattare, ed infine deceduto perché colpito dalla malattia da cui aveva tentato di salvare gli altri. Le immagini di Wuhan di Quishi erano state viste quasi due milioni di volte. “Vi prego, aiutatemi a ritrovare mio figlio”. A usare la stessa piattaform­a su cui Quishi era diventato celebre ora è sua madre, trafitta dal dolore della sua scomparsa e dall'assenza di informazio­ni sul suo prossimo futuro. La carenza delle strutture sanitarie, il vero numero dei decessi, i malati rimandati indietro senza diagnosi e senza cure: manca all’appello, nel clima da serratura e bocca chiusa, anche Xu Xhangrun, professore all’Università di Tsinghua, che ha criticato il governo per la gestione del controllo di una malattia dichiarata inesistent­e fino a dicembre scorso.

Censura

Chen Quishi, un ragazzino, aveva 400 mila follower. Di lui si sono perse le tracce da giorni

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Fan Bin, arrestato per aver filmato l’esterno dell’opedale 3 di Wuhan
Il disobbedie­nte Fan Bin, arrestato per aver filmato l’esterno dell’opedale 3 di Wuhan
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