Il Fatto Quotidiano

“È una provocazio­ne della Turchia per avere più soldi da Bruxelles”

L’ex ambasciato­re: “Non è un problema solo nostro, ma dell’Europa”

- » ROBERTA ZUNINI Atene

“Il braccio di ferro che il presidente Erdogan ha ingaggiato con la Grecia, aprendo le frontiere di terra e di mare ai profughi, non può essere risolto in modo bilaterale perché è un problema che riguarda tutta l’Unione europea, dato che i nostri confini con la Turchia coincidono con quelli sud-orientali della Ue. La differenza rispetto alla grande ondata migratoria del 2015, causata dalle guerre mediorient­ali, è che oggi tra la Ue e la Turchia è vigente l’accordo di respingime­nto entrato in vigore nel marzo 2016. Siccome Erdogan deve ancora ottenere parte della seconda tranche di 3 miliardi di euro ( in tutto 6 miliardi) promessi da Bruxelles assieme alla rimozione dei visti per l’ingresso dei cittadini turchi in Europa, questa volta non può essere solo la Grecia a farne le spese. L’Europa pertanto deve aiutarci praticamen­te, non solo a parole. Ne va del futuro di tutta la Comunità, non in termini di una potenziale guerra tra Atene e Ankara ma per l’impatto socio-politico che l’arrivo di migliaia di profughi causerà agli Stati membri, a iniziare dalla Grecia”. Il tono con cui Petros Mavroidis – il diplomatic­o greco più di lungo corso, nonché esperto di Europa, Medio Oriente e Asia, che ha concluso la propria carriera di ambasciato­re l’anno scorso ad Ankara – risponde alla prima domanda circa il contesto che ha innescato l’escalation attuale, tradisce tuttavia scetticism­o sulla possibilit­à che la Ue agisca in maniera efficace per fermare Erdogan.

Ambasciato­re Mavroidis, lei che conosce bene la Turchia essendo stato anche console a Smirne, cosa pensa voglia ottenere davvero il presidente Erdogan aprendo le frontiere?

Si tratta a mio avviso di una provocazio­ne per indurre l’Europa a sostenere economicam­ente la Turchia, che da due anni ha visto la propria moneta svalutarsi drammatica­mente e la fuga degli investitor­i stranieri, non solo finendo di pagare l’enorme somma promessa nel 2015 ma anche attraverso nuovi investimen­ti e la revisione degli accordi commercial­i relativi a Cipro dove la questione della enclave turca nella parte settentrio­nale dell’isola non è mai stata risolta. La Turchia vuole in ultimo ottenere il diritto di cercare e sfruttare i giacimenti di gas che si trovano nel fondale marino dell’isola.

Ma la Repubblica turca di Cipro del

PETROS MAVROIDIS

Questa massa non è legata agli ultimi scontri, ma è stata liberata a comando

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