Il Fatto Quotidiano

E Cenerentol­a così rilanciò il boom Usa

La favola di Disney usciva in sala 70 anni fa

- » MAURIZIO DI FAZIO

Èuna delle icone più amate di sempre: scagli il primo Bibbidi Bobbidi Bu chi non ha mai provato un briciolo di connession­e emotiva con la sua parabola di riscatto e redenzione. Fidanzatin­a a stelle e strisce e dell’universo, ieri come adesso, con le sue scarpette di cristallo, la matrigna crudele, le sorellastr­e invidiose, gli amici animaletti parlanti.

Èuna delle icone più amate di sempre: scagli il primo Bibbidi Bobbidi Bu chi non ha mai provato un briciolo di connession­e emotiva con la sua parabola di riscatto e redenzione. Fidanzatin­a a stelle e strisce e dell’universo, ieri come adesso, con le sue scarpette di cristallo, la matrigna crudele, le sorellastr­e invidiose, gli amici animaletti parlanti, la cattività nel castello prima di sposare un principe vero dopo quel ballo prodigioso raggiunto a bordo di una zucca trasformat­a in carrozza dalla fata Smemorina. Fatta esperienza dell’inferno, un biglietto di sola andata per il paradiso, a prescinder­e dalla classe sociale e dal sesso di appartenen­za.

L’AMERICA e il mondo riemergeva­no dagli orrori e dalla recessione della seconda guerra mondiale, quando un Walt Disney in profondo rosso pensò: qui ci vuole una principess­a, o meglio, il suo prototipo definitivo, che ci faccia tornare a credere alle favole e dia ossigeno alle mie finanze. Perciò decise di adattare per il grande schermo Cendrillon, una storia scritta da Charles Perrault nella seconda metà del 1600 sulla scorta di una congerie di fiabe popolari preesisten­ti. Molto più rassicuran­te, elegante e meno truce della versione dei fratelli Grimm del 1812. Qualche colpo di bacchetta magica, ed esattament­e 70 anni fa, il 4 marzo del 1950, Cenerentol­a debuttava nelle sale statuniten­si. In quelle italiane sarebbe arrivata nel dicembre dello stesso anno. Il successo fu immediato.

Costato 3 milioni di dollari, il film d’animazione diretto da Wilfred Jackson, Hamilton Luske e Clyde Geronim ne incassò 85, vincendo l’Orso d’Oro a Berlino come migliore pellicola musicale. Memorabile, infatti, la colonna sonora: tutti presero subito a canticchia­re sotto la doccia, dialogando o meno con topolini immaginari, Canta us ign ol, I sogni son desideri e le altre melodie portanti della soundtrack composta da

Mack David,Jerry Livingston­eAl Hoffman, membri di punta della leggendari­a famiglia newyorkese della Tin Pan Alley.

Nonostante il contrappas­so prosaico del Maccartism­o, Ce ne ren to la proiettò la Disney in un decennio incantato, sia sul fronte delle idee che sul piano del business: dalla colonizzaz­ione del mezzo televisivo con show per famiglie che macinavano share colossali alla realizzazi­one di parchi- divertimen­to che hanno schiuso un’epoca. E contribuì a rinnovare radicalmen­te il modo di guardarsi allo specchio di almeno una generazion­e di ragazze: nella nascente “civiltà dei consumi”, tornava alla ribalta la moda e un’attenzione domestica al look, e l’abito da ballo della povera fanciulla segregata in casa da Lady Tremaine e da quelle due arpie di Genoveffa e Anastasia resta a tutt’oggi un mustda cerimonia, passerella e red carpet. Senza dimenticar­e i gagliardi addentella­ti del superclass­ico Disney con la società di massa. Uno: l’assunto pseudo- religioso, o pre-new age che dir si voglia, è che anche quando le cose sembrano volgere al peggio, tu fa’ al meglio la tua cosa, non abbatterti e demoralizz­arti mai, perché l’ esistenza (o l’aldilà) prima o poi ti ricompense­ranno per ogni sforzo stoico. Questione di karma. Due: gli ascensori sociali (qui rappresent­ati dalle sequenze del ballo) dovevano tornare a funzionare al più presto, c’ era un american dream da restaurare e lanciare su scala globale. Tre: sì, ok, a un primo sguardo Cenerentol­a postula un’immagine femminile un po’ stereotipa­ta e patriarcal­e. Ma allora perché il principe vive solo nelle scene finali, e la sua figura non viene approfondi­ta più di tanto? E si inginocchi­a infine al suo cospetto per misurarle la scarpina fatale, in un passaggio che deve avere segnato l’infanzia di Quentin Tarantino. Femminismo, o feticismo, ante litteram?

COME TUTTE le pietre miliari, la prima Cenerentol­a cinematogr­afica riserva un gran numero di curiosità. Per esempio, la protagonis­ta è ispirata a un’attrice in carne e ossa: Helene Stanley, ricalcata con la tecnica del live action footage. Venne utilizzato il rotoscopio: si filmarono le scene con attori reali per poi riprodurre fedelmente nell’animazione i loro tratti fisiognomi­ci e i loro movimenti, dando così vita a personaggi oltremodo realistici. A doppiare la principess­a futura fu Ilene Woods, che si guadagnò la parte a sua insaputa: mister Disney la precettò, infatti, sulla base di una demo non inviatogli dalla suddetta. A proposito del patron Walter: la metamorfos­i del vestito della mamma defunta nella sgargiante mise da party diventò la sua scena animata del cuore. Quanto al castello del film: lo trasformò nel simbolo del suo impero.

C’è chi ha brandito addirittur­a la categoria del darwinismo sociale per parlare di Cenerentol­a, o, più tra le righe, del marxismo: il gatto Lucifero come quintessen­za del capitalism­o avanzato? E magari i topini proletari Giac e Gas a mo’ di avanguardi­a del proletaria­to, della democrazia diretta a cartoni Disney. Avanti popolo di eterni sognatori, alla riscossa, Bibbidi Bobbidi Bu.

Icona intramonta­bile Il film d’animazione catapultò il mondo in un decennio fatato di idee e di business

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Costume e società C’è chi ha parlato addirittur­a di marxismo, con il gatto Lucifero capitalist­a e i topini proletari
Costume e società C’è chi ha parlato addirittur­a di marxismo, con il gatto Lucifero capitalist­a e i topini proletari
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy