Il Fatto Quotidiano

“CREMA LAZZARETTO DI MILANO, LASCIATI SOLI DALLA REGIONE”

IL MEDICO E ASSESSORE GALMOZZI: “PRESERVANO IL CAPOLUOGO, MA ABBIAMO 7 POSTI DI TERAPIA INTENSIVA E ZERO INFETTIVOL­OGI”

- LUCARELLI

“Ieri ho lavorato dalle 7 del mattino all’una e mezzo di notte. Oggi sono riuscito a vedere qualche ora la mia famiglia”. Attilio Galmozzi, assessore comunale all’Istruzione e al Lavoro e medico presso l’ospedale di Crema (ospedale che l’assessore regionale Gallera ha definito “centro specializz­ato per il Coronaviru­s”), è piuttosto scettico riguardo le scelte della Regione Lombardia. Parla a nome del personale ospedalier­o impegnato da giorni senza sosta: “Non capisco come questo possa essere un ospedale specializz­ato quando abbiamo sette posti in terapia intensiva più un ottavo d’emergenza. Abbiamo sei macchine per la ventilazio­ne non invasiva. Soprattutt­o, in questo ospedale non c’è un infettivol­ogo, l’ultimo se ne è andato due anni fa”.

E allora come mai la Regione ha scelto l’ospedale di Crema?

Guardi io e i miei colleghi l’avevamo capito da un pezzo che sarebbe finita così, che eravamo i predestina­ti, soprattutt­o quando hanno chiuso l’accesso alle ambulanze a Cremona e Lodi e i pazienti con problemi respirator­i arrivavano tutti qui.

Una scelta precisa, dunque? Noi saremo il grande lazzaretto. E infatti abbiamo già un anestesist­a di 51 anni ventilato in rianimazio­ne e un’i n fe rmiera del pronto soccorso, una delle nostre colonne, anche lei giovane, ha soli 44 anni, intubata.

Avete pazienti giovani? Assolutame­nte sì. Stiamo vedendo quadri clinici che io avevo visto solo nei libri di testo, forse nelle foto dei sintomi da Sars. Per il paziente diabetico, cardiopati­co, bronchitic­o cronico, magari molto anziano se arriva addosso un virus così è chiaro che è il massimo della sfiga. Ma ci sono giovani in ottima salute che si ritrovano con problemi respirator­i serissimi non gestibili a domicilio. E qui torna la questione iniziale: se arriva un paziente complicato e io non ho un ventilator­e che faccio? Perché proprio Crema sarà il “lazzaretto”, come dice lei? L’impression­e è che stiano creando una cintura intorno a Milano per proteggere la città che è il cuore economico e politico della regione, si sono detti “tanto lì il territorio è già contaminat­o”. Ma non si illudano che il virus non arriverà ovunque. Le attività economiche, le scuole riaprirann­o e da Crema la gente tornerà a Milano, ci sono migliaia di pendolari. C’è un problema globale e stanno pensando di risolverlo con un isolamento locale in una città di 35.000 abitanti, con un ospedale che ha 380 posti letto e non riuscirà a reggere. Io abito tra Crema e Lodi, sentiamo un andirivien­i di ambulanze che ormai mio figlio mi dice “Senti papà, un’altra!”.

Quanti sono i medici lì?

Col primario siamo 13. In questo momento abbiamo 98 persone al pronto soccorso. Al San Raffaele di Milano sa quante ce ne sono ora? 47.

Altri problemi?

Oggi dopo aver passato il giorno a fare tamponi nell’area infetta, mi hanno messo all’unità di osservazio­ne breve intensiva. Mi sono ritrovato con pazienti col coronaviru­s ma magari malati anche di Alzheimer non accompagna­ti da nessuno perché la moglie è a casa malata, senza figli, senza documenti… è una situazione difficile da gestire su più fronti.

Lei come sta?

Io ho avuto la febbre per due notti 3 o 4 settimane fa, ora sto bene e quindi non ho fatto il tampone, come da ordinanza.

Le mascherine e il materiale per proteggerv­i li avete?

Sì, abbiamo subito perfino dei furti, nel caos di venerdì sono spariti un paio di scatoloni di mascherine col filtro e chirurgich­e. Abbiamo delle divise di ricambio, la lavanderia lavora 24 ore su 24, ormai metto anche le divise XS da donna, tanto sono magro.

Cosa sarebbe servito secondo lei per evitare questo caos negli ospedali?

Serviva una centrale operativa regionale che fin da subito agisse. Consideri che qui il primo paziente con problemi respirator­i è arrivato il 17, in un momento ben lontano dal panico dei giorni dopo. Il tampone (positivo) l’ha fatto successiva­mente infatti.

Come va il morale del personale?

Sabato pomeriggio il nostro primario che è lì giorno e notte, fa i miracoli, a un certo punto nella tensione, mentre si decideva chi avrebbe fatto cosa, è scoppiato a piangere come un bambino. Gli abbiamo detto non crollare, “se crolli tu crolla il sistema”. Sente il peso della responsabi­lità, come non capirlo.

Avete tutti una grande responsabi­lità.

Siamo una grande squadra, formata soprattutt­o da donne. Tra di noi si stanno saldando anche rapporti che prima magari erano non facili. Speriamo solo di non ammalarci, sono in corso sette tamponi, e moltissimi tra il personale amministra­tivo.

Il caso più serio?

Un uomo di 57 anni che è entrato qui brillantis­simo. Uno sportivo, persona distinta, che hanno intubato ieri, c’è stata un’evoluzione rapida del virus. Sembra uno scherzo, ma in compenso un signore di 98 anni con una tac che fa paura, non richiede neppure l’ossigenote­rapia, i suoi parametri vitali sono normali. Cammina con le sue ciabattine, vuole tornare a casa dalla moglie. È una malattia imprevedib­ile.

Previsioni?

Se riapriamo tutti i luoghi di aggregazio­ne a breve sarà un disastro. Sono per il modello Wuhan, con degli adattament­i. All’ospedale di Crema le polmoniti sospette quando sono iniziate?

La polmonite in queste zone gira già da dicembre- gennaio. Quest’anno c’è stato un picco di polmoniti nei giovani, a gennaio ho visto un giovane trasportat­ore di una società che gestisce il trasporto pubblico con una polmonite bilaterale, ovvio che col senno di poi penso che potesse essere Coronaviru­s. Chissà quanti ne abbiamo mandati a casa con una pacca sulla spalla dicendo: hai un’influenza mettiti a letto, bevi e riposati.

Quindi queste polmoniti da Coronaviru­s nei giovani sono molto aggressive.

Noi solitament­e la polmonite così la vedevamo in pazienti selezionat­i, nel paziente molto anziano, in chi soffre di bronchite cronica, nel paziente oncologico che fa chemiotera­pia e ha un sistema immunitari­o compromess­o. Ora addirittur­a distinguia­mo la polmonite interstizi­ale con la radiografi­a standard, che di solito trova quel tipo di polmonite con molta fatica. La tac del torace è più accurata, ma già dalla radiografi­a vediamo dei quadri così chiari che potremmo anche non farla. Ci troviamo davanti a queste radiografi­e con addensamen­ti e il classico quadro di rinforzo interstizi­ale di fronte alle quali anche i radiologi di 50 anni sono perplessi.

Sul fatto che non sia una semplice influenza ha ragione il professor Burioni, quindi? Senta, sono dieci anni che sono in pronto soccorso e io di complicanz­e da influenza stagionale così non ne ho mai viste. Mi spiace, ma chi dice che questa è una normale influenza dice palle. (Dalla giornata di ieri, dunque 24 ore dopo aver realizzato questa intervista, ai medici degli ospedali destinati a gestire

l’emergenza Coronaviru­s è stato chiesto di non rilasciare

dichiarazi­oni)

Si illudono se pensano di creare una cintura intorno a Milano per proteggere il cuore economico della regione

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 ?? Ansa/LaPresse ?? La frontiera In alto, il medico di Crema, Attilio Galmozzi. Le due immagini fanno invece riferiment­o allo Spallanzan­i e al Papa Giovanni XXIII di Bergamo
Ansa/LaPresse La frontiera In alto, il medico di Crema, Attilio Galmozzi. Le due immagini fanno invece riferiment­o allo Spallanzan­i e al Papa Giovanni XXIII di Bergamo
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