Il Fatto Quotidiano

Più che gestore, lo Stato sia un regolatore severo

Autostrade alle ferrovie, serve concorrenz­a con più bandi e su lotti minori

- » MARCO PONTI

La vicenda Autostrade, ma anche quella degli incidenti ferroviari di Lodi e Pioltello suggerisce una riflession­e sui poteri pubblici nella gestione delle infrastrut­ture. Lo Stato sembra poco efficiente come regolatore di concession­ari, ma anche come gestore (si pensi alla viabilità ordinaria). Occorre un minimo di teoria per spiegare il problema: le infrastrut­ture sono “monopoli naturali” per i quali il libero mercato non può funzionare. Rimangono due alternativ­e: o si affidano in concession­e o le gestisce lo Stato. Nel primo caso deve controllar­e che il concession­ario sia efficiente e non derubi utenti o contribuen­ti.

La gestione diretta tende storicamen­te a non funzionare: nella sfera politica prevalgono gli obiettivi di consenso su quelli di efficienza. Si tende ad avere troppo personale, a essere di manica larga con i fornitori, a non avere incentivi adeguati per innovazion­i tecniche. Rimangono allora le concession­i e diviene essenziale la funzione pubblica di “regolazion­e” che a sua volta dovrebbe far capo ad Autorità indipenden­ti: in Italia esistono, ma per le infrastrut­ture alcune non sono abbastanza indipenden­ti e ad altre non sono stati dati poteri sufficient­i.

LE CONCESSION­Idevono poi durare il minimo possibile e riguardare dimensioni economiche che siano le minori possibili. Perché Autostrade ha fatto quel che voleva e la rete ferroviari­a fa quel che vuole? Perché sono realtà con dimensioni tali da poter condiziona­re i loro regolatori. La prima ha il 60% del mercato, la seconda il 90%. Davide e Golia: le norme non pesano più della carta su cui sono scritte.

Nelle infrastrut­ture di trasporto “a rete” (strade e ferrovie) occorre abolire le concession­i autostrada­li eterne e dedicate sia alla gestione che alla manutenzio­ne che alle nuove costruzion­i. Essendo le autostrade già tutte ammortizza­te con i soldi degli utenti, il pedaggio è ormai una tassa iniqua e arbitraria e va mantenuto solo in un’ottica di riduzione della congestion­e. Rimangono la costruzion­e di qualche tratta nuova, la manutenzio­ne, e l’esazione dei pedaggi di congestion­e: attività da mettere in gara periodica con bandi modesti e ripetuti armonizzan­do pianificaz­ione e gestione di tutta la rete.

La rete ferroviari­a è tecnicamen­te ben più complessa (stazioni, centri merci, energia elettrica, sistemi di controllo, ecc.). Oggi è un sistema “verticalme­nte integrato” con i servizi ferroviari, mentre non ce n’è alcun bisogno, anzi. Basta vedere tre esempi chiarissim­i: l’Alta Velocità, dove l’avvento della concorrenz­a ha abbattuto le tariffe; le merci, ormai al 50% private; il caso tedesco per i pendolari, dove a parità di servizi lo Stato ha risparmiat­o il 20% mettendoli a gara. La rete non va privatizza­ta, ma la gestione va messa a gara, e non in blocco. Ad esempio per quattro tranches (nord, centro, sud e isole). Il Giappone è un ottimo esempio e persino un ministro italiano dell’economia, Padoan, aveva accennato, prima di essere zittito, alla possibilit­à di una ipotesi simile. Il controllo potrà essere pubblico. Ma questi sono sogni: in Italia, dove la parola “concorrenz­a” è uscita dal dibattito politico.

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Il regolatore deve vigilare o affidarla a terzi con gare periodiche internazio­nali
Ansa Controllo pubblico Il regolatore deve vigilare o affidarla a terzi con gare periodiche internazio­nali

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