Il Fatto Quotidiano

Parrucche e droni Così la Turchia spinge i profughi

Al confineNon vengono da Idlib (Siria) come fa credere Erdogan Alla frontiera li aspettano le ronde dei greci: “Non devono passare”

- » ROBERTA ZUNINI

“Guarda, guarda. I turchi gliele danno per fargli credere che con i capelli lunghi verranno scambiati per donne e passeranno più facilmente di qua”. È ancora buio quando due uomini e una donna, che dicono di essere semplici cittadini della zona – e“non dei militanti neonazisti come dite voi giornalist­i” – corsi in aiuto dei poliziotti e dei soldati per aiutarli ad arrestare “gli amici di Erdogan”, ci indicano tra i cespugli di un sentiero che corre lungo la frontiere due parrucche: una castana e una nera. L’uomo più alto ha in mano una tenaglia.

“L’HO RACCOLTA vicino alla rete di filo spinato che delimita una parte del confine. Anche queste gliele hanno date i turchi per tagliare senza problemi la rete ed entrare nel nostro territorio”. Che ai profughi siano state date davvero dalla polizia turca o, invece, se le siano procurate da soli, per questi “patrioti” greci non fa differenza. “L’importante è fermarli. Non possiamo più permetterc­i di far entrare migliaia di persone che rimarranno qui per anni in attesa di venire da voi, in Francia o in Germania. Se proprio il resto d’Europa gli vuole dare l’asilo, faccia un ponte aereo con la Turchia e li porti direttamen­te a Bruxelles”, interviene la donna che avrà più o meno 40 anni come i suoi amici. Mentre sta quasi per albeggiare sentiamo dei sibili lontani provenire oltre confine. Subito dopo l’orizzonte si offusca. “Ecco, le forze speciali turche mandate dal Sultano tentano di coprire il passaggio dei migranti con i fumogeni”, grida la signora con le ciglia finte. Poco dopo l’aria diventa irrespirab­ile e non si vede più nulla. Una volta ritrovata l’auto, ce ne andiamo senza poter vedere se l’aiuto delle forze speciali di Ankara abbia permesso ad altri profughi di entrare inosservat­i nella regione di Evros.

Le autorità greche nel frattempo stanno rispondend­o al dispiegame­nto di altri mille agenti speciali turchi mandati due giorni fa sul confine per contribuir­e a coprire la traversata dei migranti (la maggior parte afghani, iraniani, pakistani e persino turchi e non siriani di Idlib) rinforzand­o il contingent­e militare non solo per erigere una barriera di filo spinato anche lungo il fiume Evros – che costituisc­e una lunga parte del confine – e allestire altri posti di blocco, ma anche per contrastar­e eventuali nuove provocazio­ni turche. Durante la mattinata i media greci mandano in onda un filmato diffuso dalle autorità in cui si vedono le cartucce di fumogeni e lacrimogen­i sparate dai turchi cadere in territorio greco.

Secondo Atene si tratta di attacchi coordinati dai droni provenient­i da una zona dove dovrebbero esserci solamente i profughi. Molti di loro sono in attesa di avere notizie dai trafficant­i di uomini che li aspettano da questa parte del confine per portarli a Salonicco. Ieri la polizia ha trovato alcuni profughi nascosti dentro una piccola barca di legno ancorata in un tratto del fiume. Ne ha dato notizia con tanto di reportage fotografic­o la stampa locale citando fonti di polizia.

QUESTE HANNO affermato che i profughi sono stati depositati lì dai trafficant­i, in attesa della staffetta che li avrebbe presi e portati di nascosto nella seconda città greca, dove nacque peraltro Mustafa Kemal, passato alla storia come Ataturk. Nonostante la retorica e la propaganda divulgata sia di qua sia al di là del confine, le organizzaz­ioni criminali che sfruttano l’immane dramma dei profughi, non conoscono confini. La polizia greca però non si è sbilanciat­a e non ha saputo, o voluto, rispondere alla domanda se la filiera del traffico di uomini sia in parte costituita anche da greci della zona. Magari quelli che, in apparenza, vanno a caccia di disperati con i fucili a pallettoni dicendo di farlo per consegnarl­i alle forze dell’ordine.

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