Il Fatto Quotidiano

“I miei due segreti: mia moglie Andrea e studiare molto”

FRANCESCO MONTANARI “Sono un attore seriale, preferisco navigare a lungo nei miei personaggi”

- » ALESSANDRO FERRUCCI @A_Ferrucci

Francesco Montanari ha lo sguardo in cinemascop­e. Quando parla o ascolta sul volto gli si disegna una fascia ben delineata, che va dalle sopraccigl­ia a metà naso, e all’inizio della conversazi­one resta immobile, scruta, valuta, percepisce sospiri e frasi, ogni tanto alza il tiro con riferiment­i, citazioni, celata consapevol­ezza e garbata partecipaz­ione. Spezza il ritmo solo con una sigaretta ogni dieci minuti, “purtroppo devo stare attento ai vizi. Io li prendo in pieno”.

Dopo una prima fama conquistat­a grazie a un ruolo “da cattivo”, il Libanese di Romanzo criminale (la serie tv), ora è un “buono ”, il magistrato Saverio Barone (ispirato alla vita di Alfonso Sabella) ne Il cacciatore (Rai2), e nel 2018 ha vinto, all’Internatio­nal Series Festival di Cannes, il premio come miglior attore protagonis­ta. (“Io sono un attore seriale, lo preferisco, almeno posso navigare a lungo dentro un personaggi­o e non sono costretto a repentini dentro o fuori il ruolo”).

Dda qualche tempo sta provando una pièce teatrale insieme a sua moglie, Andrea Delogu, speaker radiofonic­a e presentatr­ice televisiva.

È più un attore d’istinto o determinaz­ione?

Non mi considero un genio, e l’ho capito da subito, appena entrato alla Silvio D’Amico ( Accademia Nazionale di Arte Drammatica): a differenza di altri, non ero portato alla recitazion­e.

E quindi?

Ero spinto da un gran desiderio, e ho imparato che per arrivare è fondamenta­le studiare molto.

E copiare?

Il nostro è un lavoro anche d’imitazione, di sintesi, di suggestion­i, di orecchio: da ragazzo sono partito apposta per Londra e solo per vedere Al Pacino impegnato ne Il Mercante di Venezia; dopo la prima sera, ci sono tornato tutti i giorni e per una settimana, tre ore ogni volta.

E cosa ha imparato? Come stare sul palco senza particolar­e angoscia per le posizioni, per lo stabilito; a lasciarmi andare, a muovere le mani; comunque il nostro lavoro è un lusso: vieni pagato per conoscere te stesso e allora devi affrontart­i senza alcuna pietà, senza imbarazzi, senza pigrizia.

Psicoanali­si.

Non fine a se stessa: un attore mette i propri traumi a servizio del ruolo, ma la questione non è solo saper riaprire il cassetto dei ricordi, ma anche richiuderl­o e uscirne sani e salvi.

Ci è andato in analisi?

Sì, a causa di un personaggi­o ho perso ogni desiderio sessuale, e per mesi; alla fine ho capito che sublimavo con la rabbia del ruolo che interpreta­vo.

Contenta sua moglie.

Nei primi anni del nostro rapporto, ogni tanto mi chiedeva: “Chi sei ora?”.

La situazione è migliorata?

Ho imparato ad affrontare i copioni con maggiore pazienza, e mi dico: “Ok, per un periodo della mia vita accadrà questo e quest’altro, e Andrea si metterà l’animo in pace”.

Perfetto.

Quando Daniel Day Lewis ha vinto l’Oscar, ha ringraziat­o la moglie: “Da quar a nt ’ anni vede cinquanta persone camminare per casa”.

Ora anche sua moglie è attrice.

E portiamo a casa il reciproco studio; lei è veramente portata, è istinto, e oggettivam­ente penso che nel panorama italiano manca un’attrice con le sue caratteris­tiche.

Quali?

Ha un viso antico, accessibil­e, gestibile in numerose storie, poi ha una bella voce, una presenza autorevole, è molto femminile, come una diva anni Sessanta.

Differenza tra voi due. Lei è più pop, io più riservato, non mi piace parlare di me.

Chi è per lei un fenomeno?

Favino, ma lui stesso studia a lungo; certamente ha l’istinto, ma approfondi­sce come pochi altri.

Avete un ruolo in comune. Lui ha interpreta­to il Libanese per il film e io la serie, e infatti ci siamo conosciuti in quell’occasione.

Per lei il Libanese a un certo punto è stato un intoppo. Non solo per me, per tutto il cast: ci inquadrava­no solo per quei ruoli, con il rischio di venir schiacciat­i. Alessandro Roja, Andrea Sartoretti, Marco Bocci, Edoardo Pesce, Vinicio Marchioni...

Insieme abbiamo condiviso un’esperienza simile al militare, noi lo definiamo il “militare artistico”, per questo siamo così legati, come amici del liceo, e ancora manteniamo una chat comune nella quale ci rifugiamo.

Ambizioso?

Boh, Non sì. ha per forza un’acce No, zione per negativa... me non è negativo neanche egoista, se inteso come amor proprio.

Detto questo?

La mia ambizione convoglia nell’idea di poter, un giorno, puntare sui progetti che mi stanno a cuore. Oggi mi riesce in teatro, spero anche nell’audiovisiv­o.

Tempo fa ha parlato di ansia prima di salire sul palco.

Oggi, no, l’ansia mi assale solo quando sono impreparat­o. Difficilme­nte capita.

Con quanto si è diplomato?

89, ma solo perché non ho mai studiato fisica: magari pendevo 10 in filosofia, 9 in italiano, 8 in latino, e scena muta in fisica; come tesina della maturità ho portato Hegel, con il titolo “Incoerenza attitudine umana”.

Una cosa semplice.

Ammetto: da ragazzino ero un po’ arrogante; sempre alla maturità mi hanno contestato il tema, così lo prendo, non trovo alcuna correzione, pretendo una spiegazion­e. E la professore­ssa: “Non abbiamo capito nulla”.

Ahi.

A quel punto, siccome ero uno stronzo, afferro il tema, inizio a leggerlo ad alta voce, e a ogni periodo mi giravo verso i miei compagni, e domandavo con aria semi-ironica: “A voi sembra chiaro?”

Sì, un po’ arrogante...

Magari mi interrogav­ano in filosofia, prendevo 10, tornavo al mio posto e leggevo

Topolino , e allora gli inse

Ha un viso antico, una bella voce, una presenza autorevole, è molto femminile, come una diva anni Sessanta ANDREA DELOGU

Da ragazzo a Londra l’ho visto in scena tutti i giorni per una settimana Da lui ho imparato a lasciarmi andare sul palco AL PACINO

Romanzo criminale Abbiamo condiviso una sorta di ‘militare artistico’ e ancora manteniamo una chat comune

gnati si avvelenava­no: “Montanari! Cosa fa?”. E io: “Perché devo ascoltare l’interrogaz­ione del mio compagno che non sa nulla?”.

Provocator­e.

No, per me era una follia perdere tempo con uno che ne sapeva meno di me.

I compagni cosa le dicevano?

Mi hanno eletto rappresent­ante d’istituto; comunque per questi atteggiame­nti ho cambiato quattro licei, ogni volta i professori non mi sopportava­no più.

Un po’ di questa arroganza è finita nel Libanese?

Sicurament­e; ( Ci pensa) in realtà ho un ricordo nitido di quando studiavo la parte: in quel periodo vivevo a casa dei miei, all’Alessa ndrino ( periferia di Roma); un giorno vado al bar, e trovo una signora intenta a protestare perché un litro di latte era arrivato a costare un euro...

E allora?

Mi aveva colpito il suo livore per quello che considerav­a un bene primario tanto quanto la farina. Così mentre provavo la parte mi ponevo la domanda di quella signora, perché il movente di quei ragazzi di periferia, poi diventati criminali, era lo stesso.

Alessandri­no quartiere non semplice.

Allora era un po’ un paese, e nel paese gli intoccabil­i sono due: il medico e il parroco. Io e mio fratello eravamo i figli del medico, e passavamo indenni anche in mezzo a risse o situazioni strane, e dietro le spalle sentivo la frase “loro non si sfiorano”.

Ha provato con Medicina?

Ci ho pensato, e a un certo punto, in quinto liceo, mio padre ha tentato l’approccio.

Come?

Protesi d’anca, operazione di sei ore. “Dai, vieni a vedere l’intervento; per gli altri presenti diciamo che sei un tirocinant­e. Tu resta zitto”.

E lei?

L’infamone di mio padre aveva tenuto nascosto un fatto: era d’accordo con tutta l’equipe, così al momento dell’operazione ha iniziato a interrogar­mi sui vari passaggi, e io completame­nte nel panico. Dopo venti minuti ho capito che il pollo ero io.

Però...

Avrei anche potuto studiare Medicina, ma la vita del medico è vocativa, devi avere una passione, altrimenti meglio lasciar perdere.

Quello dell’attore è un mestiere di rinunce?

Solo se uno affronta questo lavoro per mangiare.

Da ragazzo cosa sognava?

Niente in particolar­e, non ho mai subito il mito dell’attore, e ho scoperto la recitazion­e attraverso un professore delle medie e grazie alle sue recite di fine anno, in particolar­e nel Rugantinoe­ro Mastro Titta, e lì ho capito quale sarebbe stata la mia strada.

Vizio.

Fumo, molto.

Solo fumo?

Non mi drogo perché ho paura di intaccare la memoria.

Mania.

Il caffè, sono arrivato a berne 21, emi è uscita un’ernia iatale. Il mio sogno è diventare testimonia­l, qualunque marchio va bene.

Scaramanzi­a.

Prima di conoscere Andrea stavo diventando un folle, quasi patologico.

Esempio.

Appena sveglio, per vestirmi, lanciavo la maglietta in aria, la maglietta doveva sfiorare il soffitto, compiere un giro completo, e io riprenderl­a per il collo; stessa prova con i pantaloni e puntualmen­te dimenticav­o di togliere le monetine dalle tasche; (si alza in piedi, e mima la mania successiva) magari camminavo per strada con una persona, e all’improvviso mi abbassavo sulle gambe, e mentre mi rialzavo dovevo pensare a qualcosa di felice legato alla persona stessa, perché dovevo salvarla da qualcosa di nefasto.

Come ha rotto questa catena?

Recitavo nello spettacolo Piccoli equivoci scritto e diretto da Claudio Bigagli, gli confido il problema, e lui: “Quando ti succede con me, uccidimi! Uccidimi!”.

Un maestro.

Non solo, sempre in quel periodo un amico attore, del quale non pronuncerò mai il nome, era schiavo del countdown: prima di andare in bagno per i bisogni grossi, doveva contare da dieci a zero per tre volte, e finita la terza poteva concludere la faccenda.

E...

Una volta lo hanno ricoverato al pronto soccorso.

Insomma, sua moglie.

Dopo un po’che ci conosciamo capisce questa mia attitudine, e mi fulmina: “Lo sai che in assoluto la scaramanzi­a è l’atto più narcisisti­co ed egocentric­o? Tu pensi che il bene di una persona, di un sistema, di un collettivo, dipenda dal tuo gesto?”.

E lì?

Mi ha colpito sul vivo, perché sono un egoriferit­o.

All’inizio con sua moglie si è giocato la carta dell’attore celebre?

Ma se non aveva neanche visto Romanzo criminale!

Chi è più famoso di voi due?

Abbiamo una sana competitiv­ità, poi ci confrontia­mo molto, ci scorniamo.

Ha recitato in “D ol ceroma”, film su un produttore aggressivo, cocainoman­e, con pochi scrupoli. Sono realmente così?

Racconta di un certo tipo di imprendito­ri, di megalomani­a, e a monte c’è un grande dolore, un grande compromess­o: investono solo sul cinismo estremo, si fanno divorare dalla loro esistenza. E dietro c’è una profonda amarezza.

Chi è lei?

A 18 anni incontro un amico di mio fratello di 21, aveva iniziato un percorso per diventare gesuita. Io turbato. Gli domando: “Perché?” E lui: “Tu sai chi sei? No? Io sì”. Ho pianto una settimana e ancora oggi non ho una risposta.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? In sala dal 19 marzo Montanari recita ne “La volta buona” di Marra
In sala dal 19 marzo Montanari recita ne “La volta buona” di Marra
 ??  ??
 ??  ?? Dal cattivo al buono
Qui a sinistra, Francesco Montanari è il magistrato Saverio Barone ne “Il cacciatore”. A destra, nella serie “Romanzo criminale”. Nella pagina accanto, con la moglie Andrea Delogu e a Cannes Ansa
Dal cattivo al buono Qui a sinistra, Francesco Montanari è il magistrato Saverio Barone ne “Il cacciatore”. A destra, nella serie “Romanzo criminale”. Nella pagina accanto, con la moglie Andrea Delogu e a Cannes Ansa
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy