2. LE TERAPIE INTENSIVE IN OVERBOOKING
I medici in trincea: “È una catastrofe”. Pazienti trasferiti in altre Regioni
“Rianimate prima i più giovani”
Bergamo, ospedale Papa Giovanni XXIII. Dipartimento malattie infettive. Il grido silenzioso del medico trova sfogo su Whatsapp: “La situazione è oltre qualsiasi previsione e immaginazione... una catastrofe! È davvero un contesto da guerra biologica”. Nelle ore in cui si fa chiara la percezione che il Sars-Cov-2 si è esteso a tutta la Lombardia i racconti che arrivano dai presidi della Regione aggiungono tasselli a un puzzle che con il passare delle ore tende all’ingovernabilità: “In due settimane il nostro bellissimo ospedale – prosegue – si è trasformato in un luogo caotico dove noi tutti operatori lavoriamo fino allo sfinimento per far respirare le persone”. Ovvero l’ordinario che si fa impresa.
VENERDÌ, ORE 18. Ospedale di Cremona. L’aria è tesa in aula magna. Come ogni sera i medici sono riuniti al piano terra del monoblocco con l’amministrazione per il punto di fine giornata. Qualcuno ha le lacrime agli occhi: “Ci si trova a dover scegliere chi intubare tra un 60enne e un 40enne che stanno entrambi morendo”. Un dilemma che i medici possono dover affrontare ogni giorno, anche senza ilCovid- 19 che riempie le terapie intensive, portando ormai oltre il limite l’intero sistema sanitario lombardo. “È una follia che accada perché non si ha l’attrezzatura per salvare la vita ai pazienti”. “Gli apparecchi per la ventilazione artificiale non sono sufficienti – racconta un operatore – se in reparto arrivano tre casi difficili e c’è un solo ventilatore si deve decidere chi salvare e in genere si sceglie il più giovane o quello che ha le maggiori possibilità di sopravvivere”. E la decisione ormai, in queste settimane di emergenza, deve essere presa a ciclo continuo in qualsiasi reparto vi siano pazienti in grave crisi respiratoria. “Si cerca di salvare tutti, è il nostro mestiere – racconta un operatore sanitario che lavora a Lodi – ma purtroppo non è possibile. Bisogna considerare la patologia, perché il coronavirus va a peggiorare la situazione di persone le cui condizioni sono già critiche. È una questione di logica: in genere si sceglie di fare l’ossigenazione ad alti flussi e di intubare un giovane che ha soglia di respiro e possibilità di ripresa piuttosto che un anziano la cui salute è già compromessa”. E il problema non riguarda solo i malati di Covid.
Nel giorno in cui il governo “chiude” la Lombardia, è il Coordinamento regionale delle terapie intensive a fotografare la realtà: “L’epidemia è ormai estesa a tutta la Regione”. il che “che mette in pericolo la sopravvivenza non solo dei malati di Covid, ma anche di quella parte di popolazione che si rivolge al Sistema Sanitario per le cure di eventi acuti o cronici”. E lo fa in un contesto che, come ha spiegato venerdì l’assessore Giulio Gallera, tende a concentrare la cura delle restanti patologie ormai in pochi presidi. I risultati secondo gli intensivisti: “Le attività ambulatoriali, la chirurgia non urgente, i ricoveri nelle medicine si sono ridotti a livelli prossimi allo zero” e nelle terapie intensive la vita di “malati gravi e gravissimi dipende da apparecchiature complesse disponibili purtroppo in numero limitato”.
In una Lombardia che conta 3.420 positivi, 154 vittime e 359 ricoverati in terapia intensiva (+50 rispetto a venerdì) “le strutture sono sottoposte a una pressione superiore a ogni possibilità di adeguata risposte”, proseguono gli intensivisti, secondo cui “una corretta gestione del fenomeno è ormai impossibile”. I numeri sono chiari: alla fine di ogni giornata nelle terapie intensive della Lombardia restano al massimo tra i 20 e i 30 posti liberi, perché man mano che la Regione ne appronta di nuovi aumentano anche i ricoveri. E, a 18 giorni dalla scoperta del “paziente 1” a Codogno, nel sistema mancano ancora 400 tra anestesisti e rianimatori.
“DAVVERO, che tutti stiano a casa per poter rallentare la progressione di questa terribile infezione”, l’appello disperato affidato al telefono dal medico del Papa Giovanni di Bergamo. O “saremo costretti ad affrontare (...) una disastrosa calamità sanitaria”, conclude il documento degli specialisti indirizzato tra gli altri al commissario all’emergenza Angelo Borrelli. Che ieri preso atto della situazione: “La Lombardia chiederà di trasferire in altre regioni un numero di pazienti in terapia intensiva non affetti da coronavirus. Credo ci sarà questo trasferimento di pazienti”. È la prima volta.
La situazione è oltre qualsiasi previsione e immaginazione, un contesto da guerra biologica State tutti a casa per rallentare l’infezione UN MEDICO DI BERGAMO