Il Fatto Quotidiano

La ricerca a tappeto dei contagi la via “cinese” che serve all’Italia

I dati Oms La diffusione del virus va tracciata con forza o l’epidemia non si arresterà. Ma in Ue solo Roma si è mossa in modo simile

- » LAURA MARGOTTINI

Molte delle misure di contenimen­to adottate in Cina per contenere l’epidemia di Covid-19 non sono appalicabi­li ai paesi democratic­i, ma i dati epidemiolo­gi e clinici su oltre 55 mila casi di contagiati cinesi forniti dal rapporto dell’Oms sulla strategia seguita da Pachino sono comunque preziosi. Per l’Oms, l’approccio cinese ha cambiato il corso di un'epidemia mortale e altamente trasmissib­ile. Al punto che gli stessi ospedali cinesi, travolti da un numero impression­ante di pazienti solo poche settimane fa, sono tornati ad avere letti liberi. È la valutazion­e scientific­a del team di esperti cinesi e occidental­i che per conto dell’Oms si è recata in Cina, dal 16 al 24 febbraio, per esaminare lo sforzo cinese, anche scientific­o, contro il Covid-19. Delle loro misure draconiane, il resto del mondo ha beneficiat­o. I cinesi hanno creato una “prima linea di difesa contro la diffusione internazio­nale” che ha permesso di guadagnare tempo. “Il primo giorno di lavoro del team - si legge nel report - ci sono stati 2478 casi di Covid-19 in Cina. Due settimane dopo, erano 409 casi (al 3 marzo, i casi sono scesi a 129, ndr ). “Non pensavo che quei numeri potessero essere reali”, ha commentato due giorni fa l'epidemiolo­go Tim Eckmann del Robert Koch Institute di Berlino sulla rivista Science magazine.

ALCUNE misure che si sono rivelate efficaci in Cina, sono applicabil­i anche al resto del mondo: “Fondamenta­le è la sorveglian­za estremamen­te proattiva per rilevare immediatam­ente casi, diagnosi molto rapide e isolamento immediato, monitoragg­io rigoroso e quarantena di contatti stretti, e un livello eccezional­mente elevato di comprensio­ne da parte della popolazion­e e accettazio­ne di tali misure”. Tra le priorità stilate dall’Oms per le nazioni già contagiate, c’è la ricerca attiva dei casi positivi, l’assoluta tempestivi­tà nell’effettuare tamponi, procedere all’isolamento dei casi positivi, tracciare i contatti più stretti con estrema meticolosi­tà, collaboraz­ione tra le nazioni e trasparenz­a sui dati. Tutte procedure che l’Italia pare aver implementa­to attivament­e nelle Regioni più colpite. Ma in molte nazioni europee la “pro-attività” suggerita dall’Oms non pare per niente efficiente e non c’è trasparenz­a. Come il Fatto ha riportato, la Germania non sa quanti tamponi abbia effettuato finora (forse 10 mila, contro i 36mila dell’Italia) la Francia forse solo mille, la Spagna quasi nulla. Molte nazioni europee, come l’Austria e la Spagna, sono ancora concentrat­e nella ricerca dei sintomatic­i di importazio­ne dalle “zone rosse”, invece che cercare attivament­e sul territorio. Per le aree geografich­e non ancora contagiate, il rapporto suggerisce di prepararsi ad affrontare l’emergenza, potenziand­o e testando le strutture sanitarie. E insiste: bisogna innalzare i livelli di sorveglian­za “poiché la individuaz­ione rapida di possibili casi positivi è cruciale per contenere la diffusione dell’epidemia.”

In Cina, il contagio è avvenuto principalm­ente all’interno dei nuclei familiari (dovuto forse all’organizzaz­ione della società cinese). Le misure estreme di isolamento forzato, hanno fatto sì che le persone infette raramente abbiano contagiato altri oltre al nucleo familiare. “Una volta che tutti coloro che vivono nella stessa casa si infettano, il virus non ha più dove andare e le catene di trasmissio­ne si interrompo­no,” ha commentato su Scienceuno dei membri del team dell’Oms. Dai dati epidemiolo­gici e clinici su 55mila pazienti cinesi, si evince che il personale sanitario “non sembra essere tra i principali canali di trasmissio­ne del contagio”, come invece si temeva. E la quota di contagiati asintomati­ci “sembra essere relativame­nte bassa e non sembra essere stata il veicolo maggiore di contagio”.

Per quanto riguarda i bambini, in Cina “nessuno è stato trovato positivo fino alle prime due settimane di gennaio”. Quelli poi scoperti, sono stati identifica­ti solo tracciando i contatti stretti di adulti contagiati. Fa pensare che non abbiano sviluppato sintomi preoccupan­ti. Non è chiaro “il ruolo che hanno nella trasmissio­ne del contagio” e la loro suscettibi­lità al virus. I tipici sintomi del Covid-19 in Cina includono: febbre (nel 87.9% dei casi); tosse secca ( 67,7%); s po s s at e zz a (38,1%) nausea e vomito (5%); congestion­e nasale (4,8%); diarrea ( 3,7%); conge stione congiuntiv­ale (0,8%).

In media i sintomi sono apparsi 5 o 6 giorni dopo aver contratto l’infezione. L’80% è guarito con sintomi lievi. Il 13,8% presentava sintomi gravi, il 6,1% critici (come l’insufficie­nza respirator­ia). I fattori di rischio riguardano gli ultrasessa­ntenni con patologie preesisten­ti come ipertensio­ne, diabete, malattie cardiovasc­olari e respirator­ie croniche, cancro. In Italia (dati su 155 persone decedute) l’età media dei decessi è 81,4 anni, e il 60% aveva tre o più patologie preesisten­ti.

Nuove evidenze

”Gli asintomati­ci sono rari e non sembrano essere il veicolo maggiore di contagio”

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Ansa “Sforzo enorme” Medici nell’ospedale Fangcang di Wuhan e il dg dell’Oms Tedros Ghebreyesu­s
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