Il trono di spade saudita: i “traditori” sono in famiglia
Il principe ereditario bin Salman elimina possibili rivali accusando di complotto contro il sovrano tre membri della casa reale, fra cui lo zio
Èsempre seducente la favola del rampollo giovane e liberista di un regime dispotico che sale al trono con idee entusiasmanti per aprire al mondo il regno che sta per ereditare. Una narrazione irresistibile nel fascino, ma non funziona così. Quasi mai. E certamente non in Arabia Saudita dove il principe ereditario Mohamed bin Salman - per brevità Mbs - ha fatto arrestare venerdì suo zio - il principe Ahmed ultimo fratello vivente di re Salman e discendente diretto del fondatore del Regno Abdulaziz, quasi un secolo fa. Arrestato anche suo figlio, l’ex principe ereditario Mohammed bin Najaf, l’uomo che decapitò Al Qaeda nel Regno dopo l’ 11 settembre, ex capo degli 007, ex ministro dell’Interno.
L’UOMO di collegamento con Washington, dove gode di ampio credito e stima. Era lui l’erede al trono di Riad prima che Mbs lo costringesse alle dimissioni in diretta tv. Uomini mascherati hanno portato via anche suo fratello minore, il principe Nawaf bin Nayef. Così quel ramo della famiglia, su cui si erano puntate le speranze di un vero cambiamento, appare al momento “fuori gioco”. La discendenza in Arabia Saudita è sempre stata “collaterale” - passata di fratello in fratello per poi passare al primogenito dell’ultimo in vita - e quindi nel tempo sarebbe toccato a Mohamed bin Nayef prendere la corona; venne infatti nominato principe ereditario nel 2015. Ma le regole nel 2017 sono cambiate. Re Salman - 85 primavere, un ictus che lo ha reso afasico e presente a sé stesso solo qualche ora al giorno - ha deciso di nominare principe ereditario suo figlio, Mbs appunto. L’arresto dei tre non è ufficiale ma è stato confermato da molte fonti interne al clan al Saud, sono 11.000 i principi e le principesse dell’unico Paese al mondo che porta il nome dei suoi regnanti, uno Stato-famiglia che siede alle Nazioni Unite. I tre, secondo l’accusa stavano tramando un colpo di palazzo “con l’aiuto di altre potenze”. I tre - sempre secondo le stesse fonti - si troverebbero ora in uno stato di detenzione “nel deserto”. Mbs, che di fatto governa al posto del padre, ha alimentato il risentimento tra alcuni importanti rami della famiglia rafforzando la sua presa sul potere. Nel 2017 trasformò il Ritz-Carlton di Riad in una prigione a cinque stelle da dove i “detenuti temporanei” - membri di casa reale e businessman - uscirono soltanto pagando più di 100 miliardi di dollari. In Europa come negli Usa sembrò un’iniziativa bizzarra ma innocua. Rivelava invece la sua vera natura.
CI SONO POCHI dubbi su chi abbia “ispirato” nel 2018 i servizi segreti sauditi nella vicenda del giornalista Jamal Kashoggi, ucciso e smembrato nel consolato in Turchia perché dal Washington Post criticava il regime di Riad. Mbs ha cercato di vendersi, e in parte ci è riuscito, come filo-occidentale, modernista, ha permesso alle donne di guidare, amante addirittura dell’arte e della pittura. Ha stretto mani femminili durante le visite negli Usa e alla Casa Bianca si è addirittura seduto a un pianoforte accennando Chopin. Ma è anche l’uomo che ha trascinato l’Arabia Saudita nella devastante guerra nello Yemen, che il petro-Stato combatte con piloti pakistani, mercenari sudanesi e contractor americani. C’è poi la spietata repressione del dissenso interno. Vedere nei principi ereditari o nei successori designati in Medio Oriente, dei governanti migliori dei loro padri, senza una prova evidente ma solo perché sono più giovani e istruiti dei genitori e capaci di conversare in un buon inglese, è il più grande errore che l’Occidente può commettere.
Il repulisti
Mbs non ama chi lo critica: come Khashoggi, il reporter ucciso in Turchia