Seguire i telefoni di chi lascia le zone infette: le proposte e i limiti in Italia e nel mondo
“La partenza di migliaia di persone da Nord a Sud nelle ultime ore minaccia seriamente il rallentamento dei contagi da Covid-19. Già adesso, il numero di positivi raddoppia ogni due giorni e mezzo”: Piero Marcati è un matematico della Scuola Superiore di Studi Avanzati Gran Sasso Science Institute (Gssi) ed è un esperto di modelli di previsione delle dinamiche delle epidemie.
“L’ARRIVO al Sud di un gruppo consistente di potenziali positivi richiede immediate politiche di quarantena - aggiunge - altrimenti tra pochissime settimane si potrebbero raggiungere i livelli della Lombardia”.
Uno scenario evitabile “identificando tutti i telefoni cellulari che, ad esempio, il 7 marzo erano agganciati a celle telefoniche milanesi e che il giorno dopo si sono agganciate a celle a sud dell’E mil ia Romagna”. I gestori telefonici potrebbero fornire queste informazioni in modo da tracciare i flussi delle partenze di massa e sapere, intanto, dove sono arrivati. Marcati raccomanda uno step in più: rintra cciare quelle persone e metterle immediatamente in quarantena, così come la loro catena di contatti. “Ma va fatto subito,” avverte. Uno scenario che, con le dovute cautele, può essere applicabile senza violare il diritto alla privacy, diritto che molti temono possa essere leso.
Ma può il diritto alla privacy prevalere su quello alla salute di tutti? Da un punto di vista giuridico, “chi dice che non sarebbe costituzionale non dice una cosa corretta,” spiega al FattoLuca Bolognini, presidente dell’Istituto italiano per la Privacy. “L’ordinamento europeo stesso lascia dei margini per limitare le libertà personali in casi di situazioni estreme, con l’art. 23 del Regolamento generale sulla protezione dei dati del 2016”. Un’emergenza di sanità pubblica di estrema gravità lo renderebbe costituzionale. Specie se applicato a situazioni circoscritte e che rappresentano un rischio ad altissima intensità. “Deve essere garantito da una legge dello Stato che preveda tutele rigorose della privacy, anche di temporalità” aggiunge. Significa che le misure debbano essere immediatamente sospese e i dati distrutti non appena il livello di rischio si riduce.
IL TEMA non è solo italiano. Nel mondo si discute di qualcosa di molto più invasivo, ovvero se sia applicabile all’occidente il metodo cinese e della Corea del Sud di tracciare ogni cittadino, via app su smartphone, inclusi il suo stato di salute e i suoi spostamenti. Sono state sviluppate App in grado di dichiarare in automatico anche la messa in quarantena
Il dibattito
Si potrebbe fare con accorgimenti per tutelare la privacy. Il rischio di sorveglianza di massa è alto
di un individuo, senza che neppure gli venga spiegato il motivo. Un algoritmo assegna un colore che indica il livello di rischio contagio che quell’individuo rappresenterebbe in base ai suoi parametri clinici ed epidemiologici. In base al colore, scattano le misure di restrizione che stabiliscono se l’utente può o meno salire su un mezzo pubblico o entrare al supermercato. Da un lato i cittadini sono obbligati a consegnare i loro dati più privati e fragili, dall’altro possono vedere sulla mappa dell’ar ea geografica in cui si trovano, ogni potenziale soggetto che sia positivo o che abbia una storia di contatti a rischio.
C’è chi sostiene che anche grazie a questi metodi, Cina e Corea del Sud stiano vincendo la battaglia contro il Covid. In Cina “è probabile che il virus sia un catalizzatore per un’ulteriore espansione del regime di sorveglianza, come lo sono stati le Olimpiadi del 2008 di Pechino o l’Expo di Shanghai nel 2010 - ha dichiarato Maya Wang, ricercatrice senior della Cina per Human Rights Watch, al New York Times -. Dopo questi eventi, le tecniche di sorveglianza di massa sono diventate permanenti”.
R E ND E R E obbligatorie tali app, infatti, equivale a schierare polizia e militari. E dover ricorrere a tracciare i cellulari dell’esodo milanese verso il Sud segnala anche un altro tipo di violazione dei diritti umani: quello dovuto all’incapacità di tutela della propria salute e di quella degli altri, in tempi di emergenza, senza bisogno di coercizioni.