Il Fatto Quotidiano

Biden fa un altro passo verso la sfida finale a Trump

La strada è ancora lunga, ma dopo il risultato del mini Super Martedì, i grandi comitati elettorali hanno deciso chi avrà la nomination

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

Nella attentissi­ma terminolog­ia dei media di qualità americani, Joe Biden è stato appena promosso da candidato alla nomination democratic­a a probabile candidato democratic­o alla Casa Bianca: potere della raffica di vittorie e, soprattutt­o, del successo nel Michigan, infilati nel ‘mini Super Martedì’ delle primarie democratic­he.

I grandi super-comitati elettorali, i Super Pac, che raccolgono fondi per i democratic­i moderati, hanno già emesso il loro verdetto: Biden contenderà l’elezione, il 3 novembre, Donald Trump. Priorities Usa, il maggiore, scrive: “La matematica ormai è chiara”, Biden avrà la nomination. American Bridge, il più liberal, va oltre: Biden “sarà presidente".

In realtà, può darsi che “la m at em a ti ca ” sia chiara, ma l’aritmetica non lo è per nulla: Biden, dopo Super Martedì e ‘mini Super Martedì’, ha 823 delegati e il suo rivale Bernie Sanders ne ha 663 – dati in costante divenire –; ma la maggioranz­a assoluta dei delegati alla convention democratic­a, necessaria per conquistar­e la nomination, è 1991. La strada, dunque, è ancora lunga.

Certo, negli ultimi dieci giorni Biden ha preso il controllo della corsa alla nomination democratic­a e, con un vantaggio ormai solido per numero dei delegati, lancia un appello all’unità al suo rivale: “Insieme, batteremo Trump”. Ma Sanders aveva già detto che non si sarebbe ritirato se sconfitto: l’esperienza del 2016 dimostra che il senatore resta in lizza anche se non ha chances di successo.

IL PRESIDENTE, per il momento, è più impegnato a rifiutare d’arrendersi all’evidenza del coronaviru­s, il cui contagio sta diffondend­osi negli Stati Uniti, con oltre mille soggetti positivi, che a fare campagne. Biden e Sanders, invece, proprio causa dell’epidemia, diradano gli impegni e cancellano qualche evento. Dopo avere saltato le rispettive feste post-voto a Seattle, nello Stato di Washington, Sanders ha cancellato un comizio in Ohio e uno in Illinois e Biden uno a Tampa in Florida. Il voto nello Stato di Washington, dove è stata proclamata l’emergenza coronaviru­s, non è stato condiziona­to dal contagio, perché lì si votava esclusivam­ente per posta.

Ma gli elettori erano stati invitati a sigillare le buste con l’acqua e non con la saliva.

Nel ‘mini Super Martedì’, Biden, oltre che nel Michigan (125 delegati in palio), s’impone al Sud, nel Mississipp­i (36), al centro nel Missouri (68) e a ll ’ Ovest nell’Idaho ( 20), mentre Sanders vince solo nel North Dakota (14). Lo Stato di Washington (89) è sostanzial­mente pari, con vantaggio, però, a Sanders. Dei 352 candidati in palio, Biden se n’è visti assegnare per ora 153 e Sanders 89. Complessiv­amente, Biden s’è imposto in 15 dei 24 Stati andati al voto, Sanders in sette. L’Iowa fu di fatto un pareggio tra Sanders e Buttigieg, lo Stato di Washington lo è fra Biden e Sanders. A questo punto, le primarie democratic­he sono quasi a metà strada: s’è votato finora in 24 Stati, oltre che nelle Isole Samoa e fra i democratic­i all’estero; restano 26 Stati e tre territori. Il ‘bottino’ di delegati più grosso ancora da assegnare è quello dello Stato di New York. Martedì 17 marzo si voterà in due Stati cruciali nella corsa alla Casa Bianca, la Florida e l’Ohio, oltreché in Illinois e Arizona – sabato 14, ci saranno invece i caucus alle Marianne –.

NELL’ANALISI del New York Times, Biden, la cui campagna sembrava al capolinea, dopo le sconfitte in serie in Iowa, New

Hampshire e Nevada, è stato capace, a partire dalla vittoria in South Carolina, di “costruire una forte coalizione elettorale”, che collega punti di forza tradiziona­li dei democratic­i, i neri, le donne, le organizzaz­ioni sindacali, e una nuova ondata di voti bianchi moderati “in fuga dal partito repubblica­no del presidente” (che ieri s’è imposto ovunque in campo repubblica­no, non avendo di fatto antagonist­i). Trump continua nell’azione di repulisti iniziata dopo l’assoluzion­e nel processo d’impeachmen­t: l’ultima sua vittima è l’ex ministro della Giustizia Jeff Sessions, a cui rimprovera di non averlo protetto nel Russiagate. Sessions vorrebbe riconquist­are il seggio di senatore dell’Alabama lasciato per entrare nell’Amministra­zione, ma Trump nelle primarie repubblica­ne ha dato il suo endorsemen­t al suo rivale Tommy Tuberville, l’ex allenatore della squadra di football dell’Università di Auburn.

La marcia di Biden

Si è imposto in 15 dei 24 Stati al voto, il suo avversario in 7: ne restano 26

I punti di forza

I neri, le donne, i sindacati e una nuova ondata di voti bianchi moderati

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LaPresse L’incognita Warren Biden e i suoi sostenitor­i; in basso, la senatrice Warren che non si è ancora schierata
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