1. L’EUROPA INFETTA FA POCO O NULLA
Sos Merkel, non Macron
“Siamo tutti italiani”. Se non portasse sfortuna lo slogan kennedyano scelto da Ursula von der Leyen per esprimere, con un video in italiano e inglese, la solidarietà della Commissione europea all’Italia, è di quelli importanti. Anche se è giunto a 20 giorni dall’inizio della crisi. Così come è giunta finalmente l’ammissione dell’Organizzazione mondiale della Sanità sullo stato di “pandemia” rappresentata dal Coronavirus. Una decisione presa soprattutto per sensibilizzare i vari Paesi ad agire con più determinazione.
L’appello di Von der Leyen viene accolto come un successo dal governo Conte, in particolare
“la disponibilità della Commissione a esaminare le richieste italiane con un approccio aperto e costruttivo”.
Di aperto e costruttivo c’è già la disponibilità a non fare problemi sul sostanziale sforamento di bilancio che il governo ha promosso ieri, e il Parlamento ha approvato all’unanimità, e che si basa su uno stanziamento di 25 miliardi.
Quali leve verranno utilizzate sarà da vedere: difficile che si arrivi a quanto auspicato dall’economista Joseph Stiglitz, cioè la revisione del Patto di Stabilità. Ieri pomeriggio, il commissario all’Economia, l’italiano Paolo Gentiloni, si è spinto solo a un accenno alle regole “sugli aiuti pubblici”. L’italiana Irene Tinagli, che ha preso il posto di Roberto Gualtieri alla presidenza della Commissione per i problemi economici e monetari, sta lavorando per modificare la norma sugli aiuti di Stato. Sicuramente un segnale sarà dato sulla “flessibilità” visto che la Cancelliere tedesca, Angela Merkel, ha espressamente aperto su questo punto e venerdì ci sarà un incontro europeo per discuterne. Un altro segnale sarebbe anche il rinvio di ogni decisione sul Mes, ma su questo ancora non ci sono conferme.
E poi c’è il tema del coordinamento sull’epidemia che finora è stato inesistente, tanto che nessuno immagina chi sia il commissario alla Salute (per la cronaca, la cipriota Stella Kyriakides). Conte ha annunciato che sarà istituita una “task force per la ricerca sanitaria”, ma al momento pesa di più la denuncia del rappresentante dell’Italia presso la Ue, Maurizio Massari, che in una lettera pubblicata ha fatto notare che quando l’Italia “ha chiesto di attivare il meccanismo di protezione civile dell’Unione europea per la fornitura di attrezzature mediche, non un solo Paese dell’Ue ha risposto. Solo la Cina ha risposto bilateralmente”. La Cina più utile della Ue, questo sembra essere il messaggio che tende ad affermarsi e che nutre le ragioni del nazionalismo.
Fino a lunedì scorso a Bruxelles nessuno voleva fare alcunché ed è rimasto a guardare. La Francia voleva tenere la normale plenaria a Strasburgo e fino a quando il problema sembrava riguardasse un solo Paese nessuno ha ritenuto di doversene occupare. Sono prevalsi gli interessi di bottega, come il controllo delle merci ai confini in una evidente concorrenza sleale. “Contro l’epidemia da coronavirus una reazione dell’Unione europea più decisa sarebbe stata auspicabile”, dice con pacatezza e “a titolo personale” il direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, Gianni Rezza.
Quello che ha fatto cambiare registro, in realtà, è proprio la Germania che si è accorta dell’entità del problema e l’ha ammesso con una dichiarazione della Merkel che ha fatto discutere il mondo intero ( vedi articolo a fianco). Il timore che i contagiati europei arrivino al 60% della popolazione con i relativi impatti sul sistema sanitario cambia lo scenario e richiede misure importanti. Di fronte alla paura, la Ue si è accorta che non poteva tacere, per ora si muove solo con gesti formali.
Siamo profondamente preoccupati sia dai livelli allarmanti di diffusione che di inazione
TEDROS ADHANOM GHEBREYESUS (OMS)
L’agenzia dell’Onu ”Il Covid-19 riguarda tutto il mondo”: un invito ad adottare misure più dure