Il Fatto Quotidiano

UNA MORATORIA ALLE NEWS-SHOW

- ▶ GIOVANNI VALENTINI

Gli ospedali privati dicono: stiamo lavorando per l’emergenza coronaviru­s al pari degli ospedali pubblici. È vero, ripetono i medici e gli infermieri delle strutture private che si stanno prodigando per i pazienti in questo momento di crisi. Eppure c’è qualcosa che non va, se all’o s pe d al e San Matteo di Pavia ( pubblico) arrivano le ambulanze rifiutate dall’Humanitas di Rozzano ( privata). Ci ha provato Milena Gabanelli a porre il problema, con un tweet:“La sanità lombarda ha da tempo messo pubblico e privato sullo stesso piano. Allora perché i privati non si dividono posti letto e terapie intensive con gli ospedali pubblici evitando di farli collassare e costringer­li a rimandare anche gli interventi oncologici?”. Le hanno risposto che circa un terzo dei nuovi posti di terapia intensiva in Lombardia è fornito dai privati. Ma la sproporzio­ne pubblico-privato è enorme. Il San Raffaele ha riservato solo quattro letti di terapia intensiva per pazienti positivi al Codiv-19. L’Humanitas zero: ha soltanto accolto pazienti da ospedali pubblici perché questi possano occuparsi meglio dei malati da coronaviru­s.

Il peso dell’emergenza è quasi tutto sulle spalle della sanità pubblica, con una sproporzio­ne evidente tra quanto il privato dà oggi all’emergenza e quanto negli anni ha preso dalle risorse pubbliche. La verità è semplice: la sanità privata opera prevalente­mente sulle prestazion­i remunerati­ve. Le malattie infettive non lo sono, dunque in quel settore i privati non ci sono. Più in generale: la Regione Lombardia ha spostato negli ultimi dieci anni un gran numero di posti letto dal pubblico al privato e oggi non li ha più a disposizio­ne per offrire quelle cure che sarebbero necessarie e che solo il pubblico riesce a dare. Se l’assessore lombardo alla sanità Giulio Gallera fosse meno sensibile alle telecamere e agli interessi della sanità privata, chiederebb­e a questa, oggi, un impegno pari a quello della sanità pubblica, fino a requisire, se necessario, i posti letto necessari all’emergenza.

ORA C’È UN ELEMENTOag­giuntivo: stanno per arrivare i soldi per la ricerca sul Covid-19 e a fare la parte del leone sono le strutture private e i loro professori. Il ministero della Salute ha appena individuat­o sei progetti, affidati ad altrettant­i gruppi di capiricerc­a. Solo tre sono basati in strutture pubbliche e guidati da profession­isti con una competenza specifica nel settore dei virus: Fausto Baldanti, virologo del San Matteo di Pavia, con Maria Rosaria Capobianch­i, direttore del laboratori­o di virologia dello Spallanzan­i di Roma (“Diagnostic­a e testing in vitro”); Antonio Pesenti, rianimator­e dell’Ospedale Maggiore di Milano, con Massimo Antonelli del Policlinic­o Gemelli di Roma (“Trat tamento e gestione paziente critico”); Vincenzo Puro, dello Spallanzan­i di Roma (“Riduzione rischio operatori sanitari”).

Gli altri progetti sono spalmati, non senza un retrogusto spartitori­o, tra i baroni della sanità privata: il coordiname­nto generale di tutta l’operazione è affidato a Franco Locatelli, del Bambino Gesù di Roma (ospedale extraterri­toriale del Vaticano), con Giuseppe Ippolito, direttore scientific­o dello Spallanzan­i; la “Risposta immunitari­a e trattament­i innovativi” ad Alberto Mantovani, dell’Humanitas (gruppo Rocca), con Concetta Quintarell­i, responsabi­le del laboratori­o di immunotera­pia del Bambino Gesù; la “Riduzione intensità di cura paziente fragile” ad Alberto Zangrillo, del San Raffaele (gruppo Rotelli), con Pesenti, del Maggiore di Milano, affiancato dai milanesi Istituto dei tumori, Monzino e Besta. Come sempre: molto ai privati, poco al pubblico.

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