UNA MORATORIA ALLE NEWS-SHOW
Gli ospedali privati dicono: stiamo lavorando per l’emergenza coronavirus al pari degli ospedali pubblici. È vero, ripetono i medici e gli infermieri delle strutture private che si stanno prodigando per i pazienti in questo momento di crisi. Eppure c’è qualcosa che non va, se all’o s pe d al e San Matteo di Pavia ( pubblico) arrivano le ambulanze rifiutate dall’Humanitas di Rozzano ( privata). Ci ha provato Milena Gabanelli a porre il problema, con un tweet:“La sanità lombarda ha da tempo messo pubblico e privato sullo stesso piano. Allora perché i privati non si dividono posti letto e terapie intensive con gli ospedali pubblici evitando di farli collassare e costringerli a rimandare anche gli interventi oncologici?”. Le hanno risposto che circa un terzo dei nuovi posti di terapia intensiva in Lombardia è fornito dai privati. Ma la sproporzione pubblico-privato è enorme. Il San Raffaele ha riservato solo quattro letti di terapia intensiva per pazienti positivi al Codiv-19. L’Humanitas zero: ha soltanto accolto pazienti da ospedali pubblici perché questi possano occuparsi meglio dei malati da coronavirus.
Il peso dell’emergenza è quasi tutto sulle spalle della sanità pubblica, con una sproporzione evidente tra quanto il privato dà oggi all’emergenza e quanto negli anni ha preso dalle risorse pubbliche. La verità è semplice: la sanità privata opera prevalentemente sulle prestazioni remunerative. Le malattie infettive non lo sono, dunque in quel settore i privati non ci sono. Più in generale: la Regione Lombardia ha spostato negli ultimi dieci anni un gran numero di posti letto dal pubblico al privato e oggi non li ha più a disposizione per offrire quelle cure che sarebbero necessarie e che solo il pubblico riesce a dare. Se l’assessore lombardo alla sanità Giulio Gallera fosse meno sensibile alle telecamere e agli interessi della sanità privata, chiederebbe a questa, oggi, un impegno pari a quello della sanità pubblica, fino a requisire, se necessario, i posti letto necessari all’emergenza.
ORA C’È UN ELEMENTOaggiuntivo: stanno per arrivare i soldi per la ricerca sul Covid-19 e a fare la parte del leone sono le strutture private e i loro professori. Il ministero della Salute ha appena individuato sei progetti, affidati ad altrettanti gruppi di capiricerca. Solo tre sono basati in strutture pubbliche e guidati da professionisti con una competenza specifica nel settore dei virus: Fausto Baldanti, virologo del San Matteo di Pavia, con Maria Rosaria Capobianchi, direttore del laboratorio di virologia dello Spallanzani di Roma (“Diagnostica e testing in vitro”); Antonio Pesenti, rianimatore dell’Ospedale Maggiore di Milano, con Massimo Antonelli del Policlinico Gemelli di Roma (“Trat tamento e gestione paziente critico”); Vincenzo Puro, dello Spallanzani di Roma (“Riduzione rischio operatori sanitari”).
Gli altri progetti sono spalmati, non senza un retrogusto spartitorio, tra i baroni della sanità privata: il coordinamento generale di tutta l’operazione è affidato a Franco Locatelli, del Bambino Gesù di Roma (ospedale extraterritoriale del Vaticano), con Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani; la “Risposta immunitaria e trattamenti innovativi” ad Alberto Mantovani, dell’Humanitas (gruppo Rocca), con Concetta Quintarelli, responsabile del laboratorio di immunoterapia del Bambino Gesù; la “Riduzione intensità di cura paziente fragile” ad Alberto Zangrillo, del San Raffaele (gruppo Rotelli), con Pesenti, del Maggiore di Milano, affiancato dai milanesi Istituto dei tumori, Monzino e Besta. Come sempre: molto ai privati, poco al pubblico.