Le nomine di Stato sospese e rinviate: il virus pro Descalzi
Il governo prepara una norma per prorogare di alcuni mesi i vertici di Eni&C. Così si evita la guerra sulle poltrone, su cui non c’è intesa
Il coronavirus è l’alibi perfetto che il governo vuole utilizzare per rimandare la tornata di nomine di Stato, che da calendario si apre domani con il Monte dei Paschi e si chiude in un paio di settimane con Eni, Enel, Poste, Leonardo e le altre. Più che l’emergenza sanitaria, qui pesa la concordia nazionale, che verrebbe umiliata dinanzi ai litigi che da giorni animano le discussioni tra i partiti di maggioranza; per esempio su Monte dei Paschi di Siena, alla vigilia della scadenza, 5S e Pd non riescono a trovare un accordo, con i primi impuntati su Mauro Selvetti, ex Creval e i secondi che lo reputano inadeguato e formulano proposte alternative. Aspettare un po’ di tempo non serve a rassicurare i mercati o a garantire continuità aziendale, quanto piuttosto a posticipare la spartizione delle decine di poltrone con più calma, senza il timore delle critiche delle opposizioni. Questa è la teoria, la pratica si scontra con una complessa norma da infilare nel decreto di domani che abbia rispetto del codice civile e non scateni una tempesta in Borsa.
IL MINISTEROdel Tesoro, l’azionista pubblico, ha preparato un articolo di legge che dà facoltà – non si capisce a chi, se non a se stesso – di procrastinare le assemblee di un trimestre, al massimo di un semestre: la proroga allunga il mandato dei vertici aziendali, fa slittare il rinnovo degli organi sociali e congela gli eventuali dividendi. Per le succitate ragioni che riguardano Mps, Palazzo Chigi e il Tesoro di Roberto Gualtieri hanno pensato di congelare le nomine e affidato al viceministro Antonio Misiani un rapido sondaggio tra gli alleati di governo e le società coinvolte.
I Cinque Stelle con l’attivissimo sottosegretario Riccardo Fraccaro hanno espresso un parere favorevole, i dem di Nicola Zingaretti lamentano divisioni interne – per tradizione, si può dire – ma in realtà sono abbastanza allineati, le aziende non possono di certo sostituirsi al controllore e, però, il Quirinale pare non sia entusiasta.
Il trimestre o semestre bianco certifica l’incapacità di questa maggioranza di fare una scelta comune sulle famigerate “poltrone”, le Autorità per la Privacy e la Comunicazione, appese da un anno, sono lì a dimo
Il test Mps
Nessun accordo, allora si è deciso di infilare la norma nel decreto di venerdì
strarlo. Il rinvio non scalfisce la concreta ipotesi di confermare gli amministratori delegati, anzi individua il problema: a parte Mps con l’ad Morelli che si è escluso da solo, pentastellati e democratici lottano per i posti in Cda e per i presidenti, meglio prendersi una pausa e diluire le trattative per non dare alla pubblica opinione prova di ingordigia da potere. Per un pugno di poltrone si mettono a rischio le ultime multinazionali che sono rimaste.