“Infettato a Codogno, non torno da mammà”
GiacomoCorbisiero “Faccio l’educatore in un convitto al Nord da 15 anni, mai per un attimo ho pensato di andare al paese”
“Sono
appena rientrato dall’ospedale, ho fatto una radiografia polmonare. Aspetto ancora il responso dei medici, ma il sospetto è che il virus mi abbia lasciato in eredità una brutta polmonite. Speriamo bene”. Giacomo Corbisiero ha 37 anni il prossimo ottobre (“sia chiaro che intendo festeggiarli con i miei cari e la gente che mi vuole bene. E offro io”), è meridionale emigrato a Codogno, di mestiere fa l’educatore in un convitto. Ha contratto la malattia a causa dei contatti con alcuni alunni contagiati. “Verso la fine di febbraio avverto tosse, raffreddore, febbre alta che mi spossa. Ovviamente sono a casa, a riposo. Il 26 in ospedale mi fanno il tampone, il 3 marzo il responso: sono positivo al coronavirus. Mi curano con un antibiotico forte, il Rocefin, e mi isolo per altri quindici giorni. Insomma, vivo ai domiciliari dal 25 febbraio”.
Sei solo?
Sì, in una casa di 40 metri quadri. Per la spesa di prodotti alimentari e varie, si è attivata una catena della solidarietà di colleghi e amici. Ora c’è anche la Protezione civile.
Perché eri a Codogno?
Ci vivo da una quindicina d’anni, da precario e meridionale. Sono un docente educatore in un convitto, in tutta Italia siamo pochi e a nessuno interessa stabilizzarci, pensa che non si fanno concorsi dal Duemila.
Quanto guadagni?
Più o meno 1.400 euro al mese, 400 vanno via per l’affitto.
Come ti trovi al Nord? Codogno è una bella realtà produttiva, fabbriche, un’agricoltura sviluppata con aziende zootecniche di valore, ma qui ti senti un estraneo. Ti fanno sentire un estraneo. Ci lavoro, ma non ho mai reciso i miei legami col Sud e col mio paese. Sono di Lauro, un bellissimo posto tra Avellino e Napoli. Lauro, come l’alloro che profuma i nostri boschi. C’è il Castello Lancellotti, i bar con i tavolini fuori e dolci che qui se li sognano…
Hai nostalgia? Tantissima, ma in queste settimane di isolamento non ho mai pensato di fuggire da mammà. Sono un uomo di sinistra, sono stato educato dai miei ai valori della solidarietà e del rispetto per gli altri. Sono un veicolo di contagio e rispetto le regole. È durissima, ma noi gente di Lauro siamo esploratori nel Dna: nel paese mio è nato Umberto Nobile, e noi abbiamo sempre una tenda rossa nella testa. Hai visto le scene dei meridionali in fuga verso Sud?
Sì, mi hanno disgustato. All’inizio cercavo di giustificare chi voleva fuggire a tutti i costi, ma quando la situazione è diventata drammatica, no. Non puoi essere egoista e pensare a te strafottendotene della salute e della vita degli altri. Qui o ci salviamo tutti assieme o non si salva nessuno. Mi indigno quando ad assumere questi atteggiamenti sono colleghi insegnanti, ma quale messaggio di irresponsabilità lanciate ai giovani, voi siete educatori.
Come passi il tempo?
Mi curo e leggo. Ora sto leggendo un bel libro sulla vita di Mi
SOGNANDO LA CAMPANIA
Guadagno 1.400 euro al mese Abito in una casetta di 40 metri quadrati dove ora sono in autoisolamento
chele D’Ambrosio, dirigente e deputato del Partito comunista, un intellettuale delle mie parti che ha sacrificato la vita per ideali di giustizia e libertà.
Guardi la televisione?
Sì, ma salto tutti i dibattiti sul virus. Seguo le conferenze stampa del governo e della Protezione civile, gli interventi di medici e scienziati, ma cambio canale quando compaiono i tuttologi, la solita compagnia di giro che può intervenire su questo dramma nazionale come sulla disputa Morgan-Bugo.
Cosa ti fa più male?
L’incertezza. L’attesa, che è lunga, della risposta sul tuo stato di salute. La paura che leggi negli occhi degli altri. Vivo in un palazzo abitato da anziani, stamattina al ritorno dall’ospedale ho incrociato una signora, era spaventata dal contagio.
GIACOMO mi saluta. Gli faccio gli auguri di pronta guarigione, e ci strappiamo una promessa: vederci a ottobre a Lauro per brindare ai suoi 37 anni.