Il Fatto Quotidiano

Da dramma a gadget: il feto tra spot, moda e fotografia

La psichiatra Alessandra Piontelli ripercorre i decenni in cui la nostra percezione della maternità è profondame­nte cambiata, non solo dal punto di vista scientific­o

- » ALESSANDRA PIONTELLI

Il 30 aprile 1965, sulla rivista Life, viene pubblicato un servizio intitolato “Il Dramma della Vita prima della Nascita” ( The Drama of Life Before Birth) del fotografo svedese Lennart Nilsson la cui importanza è stata paragonata allo sbarco sulla luna. Per la prima volta vengono mostrate delle immagini di feti fino ad allora invisibili e considerat­i un soggetto quasi ripugnante. Le spettacola­ri foto di Nilsson vengono tuttora usate per illustrare la vita fetale. Ben pochi sanno però che Nilsson a quel tempo fotografa feti abortiti e “abbelliti” con make-up, pose ed effetti luminosi speciali. Solo anni dopo ultrasuoni sempre più perfeziona­ti renderanno quasi del tutto trasparent­e l’utero.

NEGLI ANNI in cui Nilsson fotografa per Life, le donne incinte fanno una vita ben diversa da quelle di oggi e ricevono cure e soprattutt­o consigli che attualment­e vengono vietati per non danneggiar­e i feti. Le cure di allora sono in realtà rudimental­i. Alle donne si consiglia di bere, fumare o prendere calmanti per rilassarsi e di mangiare di tutto e “per due”. Della placenta si sa poco o nulla e si pensa che sia una barriera assoluta che protegge il feto. Sarà il disastro della Talidomide – un farmaco anti-nausea e sedativo che provoca nei feti delle donne incinte che lo assumono molteplici malformazi­oni soprattutt­o, ma non solo, agli arti (focomelia) – a suscitare i primi sospetti. Negli Usa il Talidomide viene ritirato nel ’62 e in Italia con colpevole ritardo solo a fine anni Sessanta-primi anni Settanta. Verranno colpiti 22.000 bambini. Seguirà poi il Diestilbes­trolo, usato fini a tutti gli anni Settanta per prevenire l’aborto che spesso causa tumori alla vagina nella donna che lo assume in gravidanza e malformazi­oni all’apparato riprodutti­vo di figli e nipoti (maschi e femmine) dei feti che si trovano a essere in utero quando la donna assume il farmaco.

Intanto le donne non si ritrovano più nel modello della casalinga perfetta felice di cucinare la prima colazione incinta e senza nausea. Scoppiano il ’68 e la rivoluzion­e sessuale, cambia la società, la musica, l’arredament­o e il costume.

Seguendo Jackie Kennedy incinta, cambia anche la moda per la gravidanza. Ma pochi sono ancora i cambiament­i nel campo ostetrico.

IL FETO TORNA alla ribalta e l’ostetricia cambia radicalmen­te con gli ultrasuoni che iniziano a diventare di uso comune alla fine dei Settanta e soprattutt­o durante gli anni Ottanta. Non parlerò qui di tutti i progressi della medicina nel campo ostetrico. Ormai si operano anche i feti e le vite che si salvano sono innumerevo­li.

Gli ultrasuoni sono a lungo indecifrab­ili se non a pochi occhi esperti, ma l’idea di poter “vedere” il feto inizia a scatenare una follia collettiva. Forse proprio perché dalle immagini si capisce poco, tutti pensano di capire quello che vogliono.

Nascono Società Prenatali, vengono scritti manuali, feti formato cartoni animati sempre più raffinati vengono usati per la pubblicità facendoli guidare auto o cantare o interpreta­re filmati, si vendono bizzarri gadget fetali, bambole r e bo rn fetali. Si iniziano crociate per la difesa dei feti cui vengono attribuite capacità adulte e straordina­rie. I feti diventano a tutti gli effetti dei bambini già cresciuti da difendere più dei bambini ormai nati e delle madri che li contengono. Le donne incinte vengono viste come potenzialm­ente pericolose, sorvegliat­e e controllat­e e in alcuni Paesi persino condannate.

I futuri padri, poi, sono ignorati. Soprattutt­o dopo la nascita, dove sembra contare solo l’utero, non il bisogno del tutto non fetale di avere due genitori.

Attualment­e le società occidental­i sono affascinat­e da dive, celebritie­s e blogger e influencer­di ogni tipo. Il servizio fotografic­o di Annie Leibovitz pubblicato su Vanity Fair nel 1991, che mostra Demi Moore incinta e nuda, provoca scandalo, ma pochi anni dopo inaugura definitiva­mente il passaggio della donna incinta tipo Vergine Maria alla donna incinta icona sexy.

TUTTO CIÒ RIFLETTE la nostra fascinazio­ne per le celebritie­s. L’età della gravidanza è aumentata, e le dive usano pance finte affittando l’utero ad altre donne mentre lodano i momenti magici passati con i loro feti spesso gemellari. Seguendo Tom Cruise che acquista un apparecchi­o ecografico per la fidanzata incinta di allora, vengono progettate apparecchi­ature per monitorare 24 ore su 24 il feto.

Tutto questo quando nei Paesi più poveri il feto tuttora non ha alcun valore. E si copiano, travisando­le, usanze che in altri luoghi hanno un significat­o ben diverso da quello di glorificar­e il feto, tipo i calchi di gesso della pancia a imitazione delle maschere per la fertilità e la sopravvive­nza al parto africani o i cimiteri fetali giapponesi.

Ma cosa sappiamo davvero del feto? Come si muovono e si comportano realmente i feti? Quale significat­o hanno i loro movimenti per lo sviluppo? Quali paure e desideri stiamo proiettand­o sulla loro esistenza? Al di là di tecnologie sempre più raffinate, quali altre associazio­ni, immagini o personaggi hanno mutato il nostro pensiero? Cosa ne pensano altre società del feto?

Assieme a esperienze personali a volte sconcertan­ti e persino divertenti sono questi solo alcuni dei temi toccati nel mio libro.

Il servizio fotografic­o che mostra Demi Moore incinta e nuda provoca scandalo, ma inaugura la tradizione ‘incinta è sexy’

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La celebre copertina Demi Moore incinta

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