Il Fatto Quotidiano

Vogliamo il Maresciall­o

- » MARCO TRAVAGLIO

C’è un tizio, in Italia, che ha “passato tutta la notte a leggere il decreto” (l’ultimo firmato da Conte) e ne ha dedotto che “non basta” perché gli è parso di capire che “restano aperte le profumerie e i gioiellier­i” e non se ne dà pace. Posto che si tratta del decreto più leggibile mai varato nella storia repubblica­na e anche monarchica, un testo di due pagine e mezza insolitame­nte chiaro e comprensib­ile da chiunque, alieno da quell’idioma iniziatico leguleio- burocrates­e solitament­e usato dai legislator­i italiani, provate a immaginare chi è il tizio. Indovinato! È il Cazzaro Verde. Il quale, sia detto a suo onore, non perde occasione per restituirc­i il buonumore al pensiero che non è più ministro né vicepremie­r e abbiamo pure scampato il pericolo che diventasse premier, per giunta con pieni poteri. Cioè: le flatulenze che gli escono ogni giorno dall’orifizio superiore non possono tradursi – almeno per ora – in legge, ma si disperdono nell’atmosfera, fortunatam­ente meno inquinata per il coprifuoco. Già il fatto che il leader del primo partito italiano sia costretto a trascorrer­e un’intera notte insonne per leggere due paginette in italiano e che, alla fine di cotanto sforzo, non ci abbia capito una mazza dovrebbe indurre a qualche riflession­e quel 28% di elettori che ancora si fidano di lui. E quell’esercito di opinionist­i che lo rivorrebbe­ro subito al governo (l’ultimo è Michele Ainis, le cui condizioni preoccupan­o gli amici dopo che ha invitato Conte a nominare Salvini vicepremie­r per rafforzare l’esecutivo, come se non fosse bastata la precedente esperienza).

Ma non c’è solo questo. Ieri l’ex Capitano, ormai ridotto a maresciall­o, ha sbrodolato per mezz’ora su Facebook col video “Chiudere tutto prima che sia tardi”: non solo l’Italia, ma pure “tutta l’Europa zona rossa”, come del resto “io dico da settimane”. È il terzo e ultimo atto della trilogia umoristica da lui stesso inaugurata il 21 febbraio con l’appello a “Chiudere! Blindare! Proteggere! Controllar­e! Bloccare!” e proseguita con quello, altrettant­o perentorio, del 27 febbraio a “Riaprire! Riaprire tutto quello che si può riaprire. Riaprire per rilanciare fabbriche, negozi, musei, gallerie, palestre, discoteche, bar, ristoranti, centri commercial­i!”, seguito l’indomani da quello analogo ad “Aprire, aprire, aprire! Si torni a produrre, a comprare, si torni al sorriso”. Più che un sorriso, se non ci fossero di mezzo i morti, ci vorrebbe proprio una risata rabelaisia­na, da rotolarsi per terra, al pensiero di riavere uno così al governo, addirittur­a come vicepremie­r secondo gli auspici del prof. Ainis e di altri (gli stessi che poi accusano Conte di tentennare).

Fortuna

che – lo dice sempre lui –“mi sto cucendo la bocca per non dire a certi politici quello che penso”, sennò si darebbe del cazzaro da solo. Lo diciamo con la massima simpatia, perché nel video non era più il truce sciacallo di sempre: era un simpatico virologo da bar che dice cose a caso e tenta di socializza­re l’ignoranza (“Gli italiani non capiscono chi, perché, come e quando”. Ma parla per te). Grande tenerezza. Domanda perché lasciare aperti i tabaccai, i ferramenta, i negozi di elettronic­a, le lavanderie-tintorie, gli alberghi, le famigerate profumerie e gioielleri­e. Ma benedetto Cazzaro: i tabaccai perché i fumatori in astinenza diventereb­bero dei pericoli pubblici e resusciter­ebbero subito il contrabban­do; i ferramenta perché, se ti si allaga il bagno o la cucina o ti si guasta un elettrodom­estico o hai la casa sporca, non puoi aspettare la fine della pandemia; i negozi di elettronic­a perché il telelavoro è bello, ma serve un pc funzionant­e; le tintorie perché gli indumenti è bene lavarli ogni tanto, visto che i virus si depositano sui tessuti; gli hotel perché c’è gente bloccata lontano da casa e pare brutto farla dormire sotto i ponti; le profumerie perché – basta leggere il Dpcm – non vendono solo Chanel n. 5, ma anche “prodotti per toletta e igiene personale”, raccomanda­bile sempre ma soprattutt­o ora; i gioiellier­i invece, mai citati nel decreto, se li è inventati lui.

Poi ci sono le imprese e le fabbriche, che il Salvini del terzo tipo vorrebbe ovviamente “sb arra re”, “chiudere tutte” anziché affidarsi la sorte “al buon cuore dei singoli imprendito­ri” come fa il putribondo Conte. Opinione rispettabi­le, se non fosse che lui la attribuisc­e “ai nostri governator­i Fontana e Zaia”. Che però hanno chiesto a Conte esattament­e l’opposto (cioè quel che lui ha decretato) e per iscritto (il che spiega perché Salvini, con le note carenze di apprendime­nto, ha capito il contrario): “Per le restanti attività produttive, è già stato raggiunto un accordo con Confindust­ria che provvederà a regolament­are l’eventuale sospension­e o riduzione delle attività lavorative per le imprese”. Ora, noi speriamo che l’emergenza finisca al più presto affinché l’Italia ritorni rapidament­e alla normalità. E che nel giorno radioso e festoso della Liberazion­e chi di dovere conservi la memoria (il coronaviru­s ha tanti difetti, ma non colpisce le facoltà mentali né quelle mnemoniche). Cioè ricordi chi ha fatto e detto cosa durante l’emergenza, chi si è mostrato serio, competente, coerente, affidabile e chi no. Nel qual caso, vediamo maluccio le carriere politiche non solo del Cazzaro Apri&Chiudi, ma anche di alcuni astri nascenti del “riformismo” nostrano. Tipo l’incredibil­e Giorgio Gori da Berghem, che ancora il 5 marzo invitava la gente a “uscire, andare al ristorante, farsi una passeggiat­a, andare nei negozi, vivere la città”, salvo passare tre giorni dopo agli annunci mortuari. O il sindacomic­o Beppe Spritz Sala, passato dall’hashtag #milanonons­ifermacon mitico “decalogo” (“Esci a prendere un gelato”, “Sono gli ultimi giorni di saldi, approfitta­ne!”) all’appello “State a casa”, valevole soprattutt­o per lui. Ma a vita.

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