Il Fatto Quotidiano

Covid-19: la schizofren­ia di Zaia, leghista dc

Il nuovo numero del mensile diretto da Peter Gomez è dedicato alla Lega

- » GIUSEPPE PIETROBELL­I

SALVINI FLAGELLO di Dio? È questo il titolo del nuovo numero di MillenniuM da domani in edicola

Attilio

Fontana, in Lombardia, ha dovuto indossare una mascherina di protezione, più lugubre che rassicuran­te. Massimilia­no Fedriga, in Friuli, è al momento un po’ defilato, anche per effetto di dati meno catastrofi­ci, eppure si è visto ergere in una notte una barriera alle frontiere con la Slovenia e con l’Austria. Poi c’è Luca Zaia in Veneto, il più popolare di tutti i presidenti, grande affabulato­re, un istinto innato per la comunicazi­one, una capacità non comune di dire quello che la gente vuole sentirsi dire.

Forse per questo è incespicat­o più volte sulle sue stesse parole durante queste due settimane. Zaia ha cominciato il 21 febbraio, dopo il primo morto, chiudendo un ospedale e un paese (Vo’ Euganeo), facendo tamponi e contribuen­do al primo decreto che chiudeva le scuole. Voleva anche dimostrare l’ef f ic i e nz a della Sanità veneta. Ma dopo pochi giorni, scoprendo che gli imprendito­ri si erano incavolati, ha tirato fuori dal cilindro delle parole, la frase perfetta, persuasiva, assolutori­a: “Siamo di fronte a una scandalosa pandemia mediatica”. Tutto esagerato, colpa di network, Rete e giornali.

POI LO SCIVOLONE internazio­nale con quella frase (“Tutti abbiamo visto i cinesi mangiare topi vivi”) che cercava di dimostrare la superiorit­à dei costumi sanitari dei veneti che ci avrebbero salvato dal disastro. Inevitabil­i, ma postume, le scuse all’ambasciato­re. L’8 marzo la presa di distanze dal governo, della serie noi non siamo come gli altri: “Stralciate Padova, Venezia e Treviso dalla zona rossa”. Ma già il giorno dopo: “Servono norme uniformi in tutta Italia”. E il giorno dopo ancora: “Chiudere tutto”. Infine: “Veneti, restate a casa”. Insomma, tutto e il contrario di tutto.

Del leghista atipico Zaia racconta un lungo reportage su FQ MillenniuM, il mensile diretto da Peter Gomez in edicola da domani, con inchieste e approfondi­menti sulle tante “sfumature di verde” presenti nella Lega, dietro l’apparente leadership monolitica del leader Matteo Salvini. Il fenomeno Zaia è nato nelle discoteche, dove ha affinato il suo fiuto per la sensibilit­à popolare. È entrato 25 anni fa nel Palazzo, da dove non è più uscito. Eppure sembra sempre di passaggio nelle stanze del potere. Nonostante abbia fatto l’assessore provincial­e, il presidente di Provincia, il vicepresid­ente e assessore regionale, il ministro e continui a fare – da dieci anni – il governator­e.

Una popolarità indiscussa in Veneto, costruita con una capacità comunicati­va notevole. Secondo il politologo Paolo Feltrin, Zaia ha imparato la lezione dei democristi­ani: “Dialoga con tutti, non è estremista e tiene i contatti con il territorio, in modo moderno, utilizzand­o la rete”. Eppure non è tutto oro quel che luccica. L’autonomia è ancora un miraggio. La Pedemontan­a Veneta, la più importante opera cantierata in Italia, rischia di trasformar­si in un bagno di sangue finanziari­o, se e quando sarà conclusa. Dieci anni fa Zaia annunciava la conclusion­e entro pochi anni del Mose e siamo appena ai collaudi. E Massimo Cacciari dice: “I veneti dimentican­o che il gruppo dirigente è sempre quello di Giancarlo Galan”.

Il governator­e ha un’ossessione per tutto ciò che è veneto, la lingua, la cultura, la bandiera. E la presunzion­e che i veneti siano i migliori, a cominciare dalla Sanità. E lo erano anche quando difendeva le banche popolari sull’orlo del crac, attaccate ingiustame­nte da “una dittatura finanziari­a governata da Roma”.

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Governator­e Luca Zaia è in politica da un quarto di secolo: da 10 anni è presidente del Veneto

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