Tg La 7: “Chi non lavora è come Schettino”
Duro con la redazione, mentre il Corriere Veneto ha 4 positivi e sfida Rcs
GUAI per Urbano Cairo: al tgLa7 ci si lamenta per gli spazi angusti Al Corriere del Veneto, il cdr denuncia i ritardi dell’azienda
Nell’emergenza
più che mai c’è bisogno di giornali e giornalisti, depositari di quella funzione sociale testimoniata in questi giorni dagli ascolti record in tv e dalla mancata chiusura delle edicole, luoghi di acquisto di beni di prima necessità in mezzo alla serrata generale. Su come realizzare i servizi e i quotidiani, però, si pone un tema di sicurezza. Non sono poche le redazioni in cui sono già stati registrati casi positivi al coronavirus, ma la necessità di “chiudere” il prodotto editoriale spesso porta le aziende a trascurare i rischi.
A questo proposito, sono di pochi giorni fa le proteste del comitato di redazione del Corriere del Veneto, dove sono stati certificati quattro positivi nella sede di Padova e dove diversi altri giornalisti sono a casa con febbre, senza però possibilità di eseguire il tampone. Secondo il cdr, l’emergenza “ha colto totalmente impreparata” l’azienda “del presidente Urbano Cairo”, dato che ha “colpevolmente rimandato gli interventi previsti per mettere in sicurezza la redazione”. I giornalisti denunciano di essersi dovuti auto-organizzare, producendo il giornale da casa senza che Rcs desse indicazioni né sanitarie né sul metodo di lavoro da adottare: “Continuiamo a scrivere – si legge nell’ultimo comunicato del cdr – perché in questo momento il nostro ruolo ha un grande valore per l’intera comunità che ha bisogno di informazioni puntuali e verificate”. Dopo le prime proteste, qualcosa si è mosso, senza che però fossero date direttive organiche alla redazione: “Dopo gli scontri dei giorni scorsi la collaborazione è nettamente migliorata, ma restano da risolvere giorno per giorno diverse difficoltà tecniche”.
MA C’È UN CASOanche tutto interno al Tg La7. Il comitato di redazione si è infatti lamentato con l’azienda – lo stesso Cairo di cui sopra – degli spazi angusti in cui viene confezionato il telegiornale a Roma, indicando soprattutto la scarsa sicurezza delle sale montaggio. Rinviata la responsabilità alla direzione, Enrico Mentana ha richiamato i giornalisti alla propria missione paragonando i più rinunciatari al Capitano Schettino, che abbandonò la nave dopo lo scontro al Giglio: “Lo spazio c’è – dice al Fatto il direttore – tanto è vero che abbiamo fatto mettere in tutte le sale le linee di distanziamento. Vi invito a venire a controllare”.
Ancora irrisolta è poi la questione degli operatori video, centinaia di tecnici e giornalisti che lavorano a eventi e conferenze fuori e dentro i palazzi delle istituzioni. L’ultima protesta arriva da Asa, l’Autonomo sindacato audiovisivo, che nei giorni scorsi ha rivolto accuse precise alla Rai. Capita infatti che la tv pubblica si serva di troupe esterne a cui appalta le riprese per un servizio, senza però poi occuparsi più di tanto delle conseguenze: “C’è stato il caso di un cameraman positivo in una società che fornisce troupe alla Rai – spiega Nicola De Toma, segretario di Asa –. La società lo ha subito comunicato alla Rai la quale però non ha chiamato l’albo dei fornitori (ovvero i service che forniscono in appalto il servizio alle società televisive, ndr) in modo da allertarli a tutela di tutti i cameraman che condividono gli stessi spazi. Non so se la legge obbligasse la Rai a farlo, ma il senso morale sì”. Gli operatori positivi hanno sicuramente lavorato per la Rai nella sala stampa della Camera il 3, il 4 e il 5 marzo, fianco a fianco con decine di colleghi che poi sono venuti a sapere del rischio in corso soltanto attraverso il passaparola.
Proprio la Rai, intanto, ha dovuto sospendere per qualche ora il Tg3 della Calabria, nella cui redazione si è registrato un caso positivo. Per lo stesso motivo questa sera non andrà in onda Fake - La fabbrica delle notizie sul Nove.
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