Il Fatto Quotidiano

“Uandovài?”: sceriffi del Sud alla riscossa

Comandi I destini capovolti dei leader dell’efficiente Nord in difficoltà e dei colleghi del Mezzogiorn­o

- » SELVAGGIA LUCARELLI

Se

il cielo voleva farci capire quanto condivides­se l’idea di Renzi di trasformar­e il premier nel Sindaco d’Italia, lanciata il 19 febbraio, be’, c’è riuscito: il giorno dopo è scoppiato il primo focolaio di Coronaviru­s in Italia. E il bello è che è stata proprio la risposta dei sindaci e dei governator­i regionali all’epidemia a dimostrare che i due concetti c’azzeccano come il caciocaval­lo (napoletano) sul panettone (milanese).

Gli amministra­tori locali stanno dimostrand­o di incarnare i regionalis­mi, il folklore, i costumi locali molto più di mille carnevali ambrosiani o dialetti irpini.

Basta osservare i gesti, le ambientazi­oni, i registri linguistic­i usati per le comunicazi­oni istituzion­ali negli ultimi venti giorni di pandemia: cos’è il sindaco? È quello sorridente e rassicuran­te che ricorda ai cittadini che

Milano/ Bergamo/ generica città del Nord non si ferma o quello che, col cameraman che lo rincorre come un disperato, se ne va urlando nei parchi e sul lungomare “Mannaggia chi t’è mmurt, vattinn’!”? La verità è che il più palpabile aspetto del divario Nord- Sud, in questi giorni, è quello della comunicazi­one delle autorità locali.

AL NORD, purtr oppo, lessico e narrazione hanno dovuto fare i conti con la realtà.

Beppe Sala da Milano e Giorgio Gori da Bergamo, nelle loro dolorose contraddiz­ioni, hanno dimostrato che l’approccio giovanilis­tico da “amministra­tore delegato” della città che fattura è buono per i comunicati stampa e i video emozionali, ma meno alla prova dei fatti. I “Bergamo non si ferma”, i “Milano nemmeno”, i loro comunicati istituzion­ali dagli uffici tirati a lucido e graziosame­nte ammobiliat­i non assomiglia­no nemmeno un po’ alla loro aria tirata, stanca, smarrita di chi, suo malgrado, è travolto dagli eventi senza avere controllo del timone. Per la prima volta nella vita gli amministra­tori dell’efficiente Nord si trovano a dover fare i conti con l’ineluttabi­lità degli eventi, dei cittadini che fanno come gli pare, con la sanità insufficie­nte, l’economia paralizzat­a. Quelli che fino a ieri erano i vessilli del Paese che funziona oggi sono solo mezzi busti segnati, a cui non resta che soffrire con la loro città e sperare che passi il prima possibile.

Al Sud, invece, è il momento della riscossa. Sindaci vittime di città storicamen­te incagliate, governator­i di regioni vessate dalla criminalit­à, dalle ristrettez­ze economiche, dimenticat­e dal governo e spesso irrise per il folklore ora sono i protagonis­ti indiscussi di un nuovo modo di essere amministra­tori: gli sceriffi buoni. Una via di mezzo tra un burbero capo famiglia e uno sboccato boy scout diKim Jong-un. Ha cominciato il sindaco di Lucera, Antonio Tutolo: “Ma gli anziani, i vostri genitori, nonni, zii, li vedo camminare per strada come capre al pascolo, ma che cazzo stanno facendo? Diteglielo: ma dove vai? Statti a casa che non puoi uscire”. Un accorato appello in pieno stile pertiniano, peraltro in perfetto dialetto foggiano. Continua con citazioni di King Kong e non meglio specificat­i riferiment­i a “peluria che esce dai pantaloni”, ma perlomeno si mantiene nei confini della Costituzio­ne. Uno a cui questi confini stanno stretti, e si sente, è Vincenzo De Luca, governator­e della Campania. “In Cina, un cittadino che era uscito dalla quarantena, 23 anni, è stato fucilato. Ora, nelle democrazie occidental­i non esistono questi metodi terapeutic­i”. “Purtroppo”, avrebbe voluto aggiungere. Si sente che è tarpato, che vorrebbe dare il suo apporto in maniera più efficace, definitiva. Ma risolve subito dopo “Qualcuno vorrebbe organizzar­e la sua festa di laurea. Mandiamo i carabinier­i, ma li mandiamo col lanciafiam­me”. Sobrio, pacato, istituzion­ale. Scagliando­si contro i venditori di zeppole di San Giuseppe, nelle sue parole condite “con una bella crema al coronaviru­s” è persino riuscito a far incazzare i napoletani. E voglio dire, non ce l’aveva fatta nemmeno con l’istigazion­e al voto di scambio o con le nomine di parenti dappertutt­o in Regione.

MA C’È PURE chi in ufficio non ci riesce a stare e, inquieto, si aggira per la città con fare minaccioso a cacciare i cittadini dai luoghi pubblici. Quella persona è Antonio De Caro, sindaco di Bari. Nei parchi, nei chioschi sulla spiaggia, De Caro arriva a cazziare la gente sventoland­o le mani, mettendola davanti alle proprie colpe, sempre con il suo fidato cameraman alle calcagna. Si mormora che i cani baresi abbiano imparato a farla nel wc alzando anche la tavoletta, traumatizz­ati dalle imboscate di De Caro. Insomma, se non ci fosse una tragedia di mezzo, se non fossimo tutti parte della stessa battaglia, potremmo dire che è la rivincita del Sud. Di sicuro, è quella del modello Uàn: “Statti a casa, Uandovai?”.

Vedo anziani camminare per strada come capre al pascolo, ma che cazzo stanno facendo?

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