“Fermiamo tutto” Conte costretto allo stop totale
La serrata Il tavolo con imprese e sindacati, poi il premier decide: chiuse le fabbriche “non essenziali” nell’intero territorio nazionale
Un nuovo giro di vite, vero, per tutta Italia. La serrata di tutte le fabbriche “non strettamente necessarie” come spiega il premier Giuseppe Conte in diretta su Facebook, a tarda sera. Perché l’ordinanza di venerdì è stata un pannicello caldo che non è bastato a nessuno, dentro e fuori il governo, forse neppure al ministro che l’aveva firmata, quel Roberto Speranza che avrebbe voluto misure più dure. E perché la conta dei morti corre, senza clemenza. “Dobbiamo tutelare la vita, il bene più importante” ricorda Conte. Così di sabato sera, dopo aver fatto il punto in video-conferenza con Confindustria e i sindacati, il presidente del Consiglio si mette a scrivere con un pugno di ministri e i capi-delegazione dei partiti un nuovo decreto per aggredire l’emergenza da coronavirus. Un testo che prevede la chiusura di tutte le attività produttive non essenziali, in tutto il Paese. Ergo , ci sarà lo stop per tutte le fabbriche che lavorano al di fuori della della filiera alimentare, zootecnica, sanitaria ed energetica, ovviamente vitali. Una lista che a tarda notte è ancora in via di definizione: l’allegato che “delimita” i settori è il punto più delicato del decreto, che varrà fino al 3 aprile.
UNA MOSSA ad ampio raggio. Anche se diversi ministri. come quello all’Economia, il dem Roberto Gualtieri, e il 5Stelle Stefano Patuanelli (Sviluppo economico) avrebbero voluto limitare la stretta solo alle regioni più colpite, quelle del Nord. Ma ha prevalso la linea dei capidelegazione di Pd e M5S, Dario Franceschini e Alfonso Bonafede. Chiusura ovunque. “Rallentiamo il motore produttivo, non lo f er m ia m o ” spiega Conte, che predica fiducia: “Lo Stato c’è, ci rialzeremo, non rinunciamo alla speranza”. Anche se questa, ammette, “è la crisi più grave del dopoguerra”. Così, ecco la serrata.
Proprio nel sabato in cui il governatore lombardo Attilio Fontana aveva già chiuso quasi tutto nella sua regione: l’epicentro del disastro, dove in certe province le bare non sono più sufficienti. Così ieri pomeriggio, dopo aver avvertito Palazzo Chigi, Fontana ha emanato l’ordinanza regionale, che chiude tutti i negozi fatta eccezione per alimentari, farmacie, tabaccai ed edicole. Stop anche ai cantieri edili, agli studi professionali e agli uffici pubblici, tranne quelli che erogano “servizi essenziali e di pubblica utilità”. Infine, chiusura anche delle attività artigianali “non legate alle emergenze e alle filiere essenziali”, divieto di fare jogging e limite di due persone per gli assembramenti. Misure che varranno almeno fino al 15 aprile, e che il governatore motiva così: “La situazione è in peggioramento”. Non solo in Lombardia. Per questo l’Agenzia per le dogane e i monopoli sospende Lotto e il Superenalotto.
La decisione della nuova stretta arrivava da governatori e sindaci di mezza Italia. E a invocare la sospensione di “tutte le attività non essenziali” erano anche i tre principali sindacati, Cgil, Cisl e Uil, finora cauti. E a battere forte alla porta di Conte c’era pure il M5S, che dalla mattina reclama “misure più drastiche”, e da dove fuori taccuino fanno filtrare malumore “perché il presidente ultimamente ci ignora”. Poi c’è Matteo Salvini, che si appella al presidente della Repubblica e urla: “Chiudere tutto, stop a tutte le tasse nel 2020”.
TUTTO QUESTO piove su Palazzo Chigi. Così diventa difficilissimo per Conte prendere tempo. Puntava a una maggiore gradualità, perché c’è il tema della tenuta sociale e dell’ordine pubblico, una preoccupazione che non lo abbandona mai. Giustificata, anche a guardare le code chilometriche iniziate dall’alba di ieri davanti ai supermercati di tante città, compresa quella Milano dove nessun amministratore ha mai chiesto limitazioni per le rivendite di alimentari. Anche se sei Regioni, tra cui Veneto ed Emilia-Romagna, hanno chiuso i supermercati nei festivi.
Ma Conte è concentrato su altro, su come dare un nuovo segnale. Per questo consulta sindacati e imprese. E poi decide per la nuova stretta. Una carta, per provare a fermare l’apocalisse.
I dati e i timori
La paura di instabilità sociale e il crollo economico: la stretta almeno fino al 3 aprile
La scheda
LE MISURE DI FONTANA Ancora prima che arrivasse la decisione del governo, il presidente della Lombardia Attilio Fontana ieri aveva già disposto con una ordinanza in vigore fino al 15 aprile lo stop a tutte le attività non essenziali, la chiusura degli uffici pubblici, il divieto di assembramento sopra le 2 persone Aveva invece emanato solo “raccomanda– zioni” per le fabbriche non essenziali