A Cameri nemmeno il Covid-19 ha fermato gli F-35
Due contagiati Il cuore tecnologico dell’Aeronautica fino a ieri ha continuato a produrre, nonostante i lavoratori “positivi”
Nel
ciclone delle conseguenze del Covid-19 ci finisce anche lo stabilimento di Cameri, nel Novarese. Cuore tecnologico dell’Aeronautica italiana e della difesa aerea nazionale, produce l’ala completa degli F-35 (la prima fonte produttiva è negli Usa, la seconda in Italia) e l’assemblaggio finale dei caccia, non solo per l’Italia, ma anche per l’Olanda. A Cameri è arrivato il virus: nelle ultime settimane ci sono stati un paio di contagi. Ma Leonardo (primo gruppo industriale italiano in Aerospazio, Difesa e Sicurezza) fino ad aggi era fermamente deciso a non chiuderlo, facendosi forte di un Protocollo nazionale firmato con Fim, Fiom e Uilm in cui l’azienda si impegna a garantire le misure di sicurezza necessarie (soprattutto la distanza di un metro) e in generale la riduzione delle presenze nei vari stabilimenti, oltre ad aver fatto nei giorni 16 e 17 marzo un’operazione di sanificazione. Non abbastanza per Cameri, a quanto dice la Fiom, che sta chiedendo all’azienda di verificare le condizioni di applicazione del Protocollo, mentre fa notare come i lavoratori siano impauriti (molti si sono messi in malattia).
A VOLERE la chiusura dello stabilimento è anche la rete “Sbilanciamoci”. Che la mette così: “Ai lavoratori possiamo chiedere il sacrificio di stare in prima linea negli ospedali e nei servizi essenziali, ma non quello di essere contagiati per montare la fusoliera di un cacciabombardiere. Per un F-35 non ci si può ammalare di coronavirus”. Gli F-35 sono un tema da sempre molto discusso. Storicamente contrari i Cinque Stelle e mezzo Pd. Va detto, però, che quando a novembre il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini ha reso nota al Parlamento la sua decisione di confermare il profilo di acquisto per il triennio 2020-2022 di 27 F-35, nessuno si è opposto. “In questa emergenza nazionale, non c’è motivo che la produzione vada avanti. Non è una priorità”, spiega Giulio Marcon, portavoce di “Sbilanciamoci”. Mentre si chiede un intervento al governo ( Leonardo è un’azienda partecipata ). Dice Guerini al Fatto: “Leonardo applica ai propri siti produttivi le regole che sono state date per le aziende. E si adeguerà alle ulteriori misure che si decideranno di adottare”. Perché a continuare a produrre fino alla scorsa settimana sono state moltissime grandi aziende italiane. Un’ulteriore stretta dovrebbe riguardare anche Leonardo. Pure se anche questa non è una scelta facile: in ambienti di governo si riflette su come l’ar e onautica militare e l’industria della difesa siano un settore strategico, anche in prospettiva di una ripartenza post-virus. E Cameri viene considerato un ingranaggio essenziale, visto che è l’Hub per la manutenzione europea del programma F-35. Ma con la Lombardia fuori controllo, difficile pensare di non chiudere tutto ciò che è davvero essenziale.
FONTI VICINE all’azienda, viceversa, ci tengono a dire che di fatto lo stabilimento lavora già in un regime minimo: in questi giorni su 1000 persone ne sono presenti 90 ( quelle che servono a garantire la sicurezza degli impianti, che si renderebbe peraltro necessaria pure con un provvedimento più restrittivo), mentre molti sono in telelavoro. Ma anche che Leonardo non può chiudere: per il Paese sarebbe un danno nel danno. E fanno riferimento alle strutture satellitari che vigilano sulla sicurezza nazionale, agli elicotteri, alle eli ambulanze. Mentre chiariscono come Cameri abbia già rallentato.
Nel Novarese Molte aziende hanno chiuso, ma la produzione degli aerei è considerata strategica