Sono i cristiani la lettera dell’amore di Cristo: facciamola leggere a tutti
Quando è stata l’u lti ma volta che abbiamo ricevuto una lettera? Non una lettera pubblicitaria, non l’estratto conto o la cartolina dal mare speditaci dagli amici. Parlo di una vera lettera. Una di quelle che apri da seduto e poi rileggi, e poi ci pensi e ripensi. Penso per esempio a una lettera d’amore tra due persone. Ricordate l’emozione di scrutare la buca delle lettere in attesa d el l’arrivo del postino con la missiva che forse cambierà, e forse ha cambiato, la nostra vita? Non una telefonata, ma uno scritto nero su bianco, che puoi rileggere infinite volte perché è sempre terribilmente sorprendente. Ricevere una email, un messaggino, un vocale, non è la stessa cosa? No, la lettera cartacea aveva quella lentezza che aiutava a riflettere prima di scrivere e ad ascoltare prima di ricevere. Ed era sempre una sorpresa, anche quando era attesa.
ECCO, SECONDO l’apostolo Paolo, i cristiani sono una lettera d’a
more di Dio: “La nostra lettera, scritta nei nostri cuori, siete voi, lettera conosciuta e letta da tutti gli uomini; è noto che voi siete una lettera di Cristo, scritta mediante il nostro servizio, scritta non con
inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente; non su tavole di pietra, ma su tavole che sono cuori di
carne” ( II Corinzi 3,2-3). La parola “carne” – che normalmente indica l’attitudine umana all’egoismo, all’orgoglio, alla sopraffazione – per una volta è utilizzata in un significato positivo
perché contrapposta a “pietra”. Lo aveva già detto secoli prima il
profeta Ezechiele: “Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne”( Ezechiele 36,26).
È bella l’immagine della lettera: con i nostri comportamenti, non solo con le nostre idee, siamo tutti, non solo i cristiani, come una lettera aperta che tutti possono leggere, confrontare, meditare o anche ignorare. In questi giorni difficili di epidemia, gli esponenti delle varie religioni hanno dato testimonianza della loro responsabilità accettando di sospendere tutte le attività d’i ncontro e di formazione ma mantenendo e a volte incrementando quelle di cura e assistenza. Sospendere gli incontri significa toccare il cuore della vita di fede, che è fatta sì di lettura dei testi sacri e di preghiera, ma soprattutto di comunità, di sostegno reciproco, di incontro personale, di empatia.
È vero, i cristiani, come gli appartenenti ad altre fedi, hanno sempre sottolineato l’importanza della fede personale, che va coltivata direttamente, che non può essere fatta per interposta persona. Una specie di palestra dello Spirito che, come quella fisica, richiede allenamenti personali e quotidiani (o almeno settimanali) per rimanere in forma. Ma la dimensione comunitaria resta fondamentale: Gesù, prima di cominciare a predicare, costituisce intorno a sé la comunità dei discepoli e delle discepole; e il significato della parola “chiesa” indica coloro che sono convocati (dallo Spirito) in assemblea. Insomma non un fatto sociologico ma spirituale.
CHIUDERE I LUOGHIdi culto, o almeno non svolgervi più i consueti incontri, mette dunque a dura prova la missione spirituale delle fedi viventi, e dei cristiani. E richiede la ricerca di modi nuovi per continuare a essere vicini alle persone, accompagnarle, assisterle con la parola e la preghiera, confortarle e incoraggiarle. Sì, c’è Internet, ci sono i videomessaggi, i messaggini, le telefonate, le iniziative creative per tenersi in contatto. Ma la testimonianza che si può dare di persona, come “lettera dell’amore di Cristo” è un’altra cosa. Siamo fiduciosi di poterlo tornare a fare quando, finalmente, potremo uscire di casa, visitarci e abbracciarci. Possibilmente rafforzati da questa esperienza. *Già moderatore della Tavola Valdese
LE CHIESE CHIUSE Non svolgere più i consueti incontri mette a dura prova la missione spirituale delle fedi e richiede la ricerca di modi nuovi per stare vicini