ORA SERVONO PARAMETRI UGUALI PER TUTTI
L’Oms imponga un sistema comune di catalogazione dei morti e dei guariti dal virus
Ore 18: il Commissario per l’emergenza della Protezione civile Borrelli diffonde il quotidiano Bollettino di Guerra al Coronavirus e, altrettanto puntuale, sui balconi si fa sentire la Resistenza Italiana. Quanto durerà il conteggio di guariti (citati sempre per primi), contagiati e morti? E quanto la reazione colorita dei cittadini in isolamento? Non si sa: siamo in guerra, continuano a ripeterci gli esperti e quei dati lo confermano, e non sarà né breve né facile da vincere.
Una riflessione su quelle statistiche però si impone. Giusto avere un quadro costante della situazione e giusto diffonderlo, per far capire ai furbi che continuano imperterriti ad andare in giro come se nulla fosse con quale mostro abbiamo a che fare. Ma qualche domanda ci permettiamo comunque di farla.
Innanzitutto sui guariti. Un parente (vive a Torino) ha avuto febbre e tosse per qualche giorno, poi si è fortunatamente ripreso. Solo, non sente più né gusti né odori, a quanto pare effetto collaterale del Covid-19. L’ha avuto ed è guarito? Non si sa, perché non avendo tutti i sintomi gravi richiesti, non è stato sottoposto al tampone. Quanti sono i possibili guariti come lui e quanti quelli asintomatici, che magari l’hanno avuto senza accorgersene? Su questo non sarebbe utile avere dati concreti?
E qui salta fuori l’altra grana: i tamponi. Da più parti si chiede che vengano fatti a tappeto. E a ragione, perché solo così potremmo mappare i contagiati e i loro rapporti e circoscrivere i focolai. Ma raccontiamola tutta: a oggi le regioni sono in grado di farne nell’ordine di migliaia al giorno – con grandi differenze territoriali (si va dai 20-25.000 del Veneto ai 2.000 della Puglia), visto che non tutte hanno lo stesso numero di laboratori di analisi a disposizione. Per coprire oltre 60 milioni di italiani ci vorrebbero mesi ( se non anni). Infine i morti, che in Italia hanno superato quelli cinesi. Giusto conteggiare i deceduti con altre patologie o, come ha sostenuto Ilaria Capua a “DiMartedì”, “bisognerebbe vedere quante persone vengono a morte con una polmonite virale acuta. Togliamo dai dati tutti i pazienti che hanno tre o quattro altre malattie e cerchiamo di capire che cosa fa questo virus da solo”? Per fronteggiare il Coronavirus dobbiamo capire come si comporta da solo e per farlo dovremmo escludere dal conteggio i morti con altre patologie pregresse. Senza contare che – per citare la direttrice del Sacco Maria Rita Gismondo – “i deceduti per patologie a impatto sociale vengono sottoposti ad autopsia per accertarne la causa di morte. Facciamo davvero centinaia di autopsie al giorno e tutte entro le 18, per comunicarle in conferenza stampa ?”. Non credo. Ecco, forse – dico forse – bisognerebbe partire dai morti PER Coronavirus, che secondo l’Istituto Superiore di Sanità sono finora 6 (su 481 cartelle analizzate, pari all’1,2%), un dato sensibilmente diverso dai tanti decessi CON Coronavirus. E non è per tranquillizzarci irresponsabilmente, questo mai; è per studiare meglio il nostro nemico, la sua capacità di colpire corpi sani, giovani, i nostri figli oltreché i nostri nonni. E armarci a dovere per sconfiggerlo.
Soprattutto, qualunque metodo adottiamo per stilare quelle statistiche che ogni giorno ci gettano nel panico, uniformiamolo, facciamo in modo che i parametri sulla base dei quali si contano guariti, morti, contagiati valgano per tutti, li stabilisca in fretta e li imponga a tutti obbligatoriamente l’Oms. Solo così potremo avere un quadro mondiale reale e non l’attuale “sovranismo” delle informazioni, in cui ogni Paese va per conto proprio, diffondendo allarmi o rassicurazioni a seconda dei propri interessi nazionali.
Solo così avremo un quadro reale e non il ‘sovranismo’ delle informazioni in cui ogni Paese va per conto proprio