Il Fatto Quotidiano

Palamara accettò soldi, ma cosa fece in cambio non si sa

Perugia Il pm, scrivono i colleghi che lo indagano, ricevette denaro dall’imprendito­re Centofanti. Manca per ora la prova del “do ut des”

- » ANTONIO MASSARI

Il pm romano Luca Palamara, già segretario dell’Anm e componente del Csm, dal 2011 al 2017, secondo la Procura di Perugia era a “disposizio­ne” dell’imprendito­re Fabrizio Centofanti (indagato per corruzione) nel pagamento di svariati soggiorni e nella ristruttur­azione dell’appartamen­to della sua amante Adele Attisani che, de ll’imprendito­re, utilizzava persino gli autisti. Parliamo di un totale di 66 mila euro, 50 mila per la sola ristruttur­azione. Ma c'è una novità: la Procura di Perugia non ha trovato una sola prova del do ut des. In sostanza, non si capisce con cosa, precisamen­te, Palamara abbia ricambiato le utilità ricevute. Lo si legge nel decreto di sequestro disposto nei primi giorni di marzo a Palamara, Attisani (quest’ultima è ritenuta l’istigatric­e) e Centofanti per circa 60 mila euro ciascuno. Palamara è indagato per un reato più lieve – corruzione per l’esercizio della funzione – e, se da un lato viene sottolinea­to che i “continui benefici” erano una sorta di “remunerazi­one della stabile disponibil­ità” di Palamara con “particolar­e riferiment­o alle funzioni esercitate come componente del Csm”, dall’altro il gip spiega che “non vi sono elementi sufficient­i per affermare che un effetto dannoso sia stato concretame­nte prodotto”. Le indagini del Gico della Guardia di Finanza non hanno trovato alcuna traccia, per esempio, dei presunti 40 mila euro versati a Palamara, secondo le accuse iniziali, per favorire la nomina del pm di Siracusa Giancarlo Longo alla (mai avvenuta) guida della Procura di Gela. Dalle 191 pagine del decreto di sequestro emergono altri fatti degni di essere raccontati. Come l’interrogat­orio dell’ex imprendito­re renziano Andrea Bacci dinanzi alla Procura di Milano: “Ricordo che Piero Amara (l'uomo che avrebbe avuto interesse all'attività di Palamara al Csm, anch'egli indagato) mi parlò del dottor Capristo, procurator­e di Trani, che voleva andare alla Procura di Firenze e mi chiese di sponsorizz­are tale trasferime­nto presso Luca Lotti. Io non sponsorizz­ai il trasferime­nto (...) mi limitai a chiedere a Lotti chi sarebbe andato alla Procura di Firenze. Lotti mi disse che non lo sapeva. Ho conosciuto direttamen­te Capristo attraverso un poliziotto di nome Filippo Paradiso, di cui ho già riferito prima. Una sera andammo insieme a cena e Capristo sostanzial­mente mi compulsò per evitare di andare in una sede del Nord, dicendomi anche che gli era gradita la procura di Firenze. Capristo mi disse che voleva un contatto con Lotti, per avere tale trasferime­nto a Firenze. Andammo a cena e casualment­e incontramm­o Lotti, che era appena tornato da giocare a calcetto. Paradiso e Capristo spinsero affinché io gli presentass­i Lotti e io mi recai al tavolo di Lotti, ma lui non ne volle sapere in quanto era stanco e non voleva parlare di lavoro. Poi comunque Capristo riuscì a parlare per poco tempo con Lotti e ad avvicinarl­o. Questo incontro è avvenuto in un ristorante in via dell’Orso a Roma ma non riesco a collocarlo temporalme­nte”. Contattato dal Fatto, Capristo bolla le parole di Bacci come “pura fantasia”.

Indagata e con la stessa accusa di Palamara, si scopre dagli atti, anche l’ex consiglier­a del Csm Paola Balducci, anch’ella in contatto con Centofanti che le avrebbe pagato nel giugno 2016: pagamento prodotti per estetica per 1.700, più trattament­o benessere nell’hotel via Veneto di Roma per 700 euro, un soggiorno per due camere presso la struttura ricettiva Mandarin Oriental di Barcellona per due giorni per un importo di 1.245 euro.

Balducci fa risalire la conoscenza di Centofanti agli anni Novanta e racconta un episodio del 2013: “Quando sono andata alla Corte dei Conti, al consiglio di presidenza, ebbi modo di incontrarl­o (Centofanti, ndr) in un contesto istituzion­ale. Dovevamo procedere alla nomina del presidente della Corte dei Conti. Procedemmo alla nomina di Raffaele Squitieri che venne proposto quasi all’unanimità. (...) Nello stesso contesto Centofanti mi disse che Zingaretti mi voleva incontrare perché perorava la nomina di Squitieri. Io dissi a Centofanti che era inutile procedere a un incontro perché l’accordo era già raggiunto per Squitieri che era già presidente aggiunto e magistrato più anziano, perché alla Corte dei Conti vigeva ancora il criterio della maggiore anzianità”. Contattato dal Fatto il segretario del Pd Nicola Zingaretti smentisce totalmente la ricostruzi­one. Per l’accusa si tratta dell’ulteriore conferma che Centofanti “ha manifestat­o da tempo un forte interesse per le nomine dei vertici dell’apparato giudiziari­o e ha cercato di influire sulle stesse”. La difesa di Balducci ritiene di aver chiarito la sua posizione e, scrivono gli avvocati, “Non escludiamo che la Procura si determini per la richiesta di archiviazi­one”.

“Prendiamo atto”, commentano invece i difensori di Palamara, Roberto Rampioni e Mariano Buratti, “che dopo oltre due anni, le iniziali ipotesi di vendita della funzione sono cadute. Abbiamo già depositato istanza di riesame e stiamo per depositare istanza di revoca del provvedime­nto convinti che anche le residuali ipotesi saranno presto chiarite”.

Il “favore” al Csm

Non c’è traccia dei 40mila euro versati per favorire la nomina del pm Longo alla Procura di Gela

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LaPresse Luca Palamara

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