Il Fatto Quotidiano

Divanisti alla riscossa

- » MARCO TRAVAGLIO

Purtroppo abbiamo disgrazie più gravi di cui preoccupar­ci. Quindi il ritorno degli sciacalli da divano, che in tempi normali farebbe schifo, in quest'apocalisse fa soltanto pena. Ieri, mentre l'Italia ( e soprattutt­o la Lombardia) contava altri 651 morti e 4 mila nuovi contagiati, uno stormo di avvoltoi si levava in volo per azzannare Giuseppe Conte, reo nientemeno che di aver comunicato i contenuti del nuovo Dpcm con un breve messaggio su Facebook alle 23.20 di sabato. Il più lesto a speculare è stato l'Innominabi­le, che in tre righe è riuscito a infilare tre baggianate sesquipeda­li. “Noi rispettiam­o le regole del Governo sulla quarantena” (e che pretende, una medaglia?); “Ma il Governo rispetti le regole della democrazia. Si riunisca il Parlamento”( che c'entra il governo se il Parlamento non si riunisce? Forse Conte-Tejero ha schierato i carrarmati dinanzi a Montecitor­io e a Palazzo Madama per impedire l'ingresso a una folla di parlamenta­ri ansiosi di entrare?); “Si facciano conferenze stampa, non show su Facebook: è una pandemia, non il Grande Fratello” (in che senso quei 7 minuti su Fb sono uno show o un reality? Chi è stato, fra Conte e l'Innominabi­le, a esibirsi ad Amici da Maria De Filippi col chiodo alla Fonzie?).

Poi si sono aggiunti Salvini e Meloni, che almeno non fanno parte della maggioranz­a. La Meloni delira di “intollerab­ili i metodi da regime totalitari­o” (qui la battuta si scrive da sé), “dichiarazi­oni trasmesse in orari improbabil­i ”( lei preferiva le 22,51 o le 23.08), “con continui ritardi” (rispetto a cosa? A che ora esattament­e la dichiarazi­one sarebbe arrivata in orario?), “attraverso la pagina personale su Facebook, come se in Italia non esistesser­o le Istituzion­i, la television­e di Stato e la stampa” (in questi giorni tutti i capi di stato e di governo del mondo si rivolgono alle proprie nazioni in diretta, anziché affidarsi a freddi comunicati). Salvini tiene subito a precisare di essere rimasto, anche nell'ora più buia, il cazzaro di sempre: “Meglio tardi (troppo tardi) che mai, ieri notte ci hanno dato retta” (parola di quello che solo il 27 febbraio strillava “Riaprire tutto, negozi, discoteche, musei, gallerie, bar”); “non è questo il modo di agire e dare certezze agli Italiani” (parola di uno che ha “governato” in diretta Fb per un anno e mezzo, anche in piena emergenza Papeete). Al coro degli alti lai si unisce l'Ordine dei giornalist­i, improvvisa­mente allergico alle comunicazi­oni dirette del premier (sempre esistite in tutto il mondo da che mondo è mondo), dopo decenni di silenzi sui“colleghi” che facevano do mande-assist concordate o applaudiva­no B. e l' Innominabi­le.

Anche

stavolta, non si capisce quale peccato mortale avrebbe commesso il premier. Non certo sospettabi­le di sfuggire alle domande, visto che quasi ogni giorno rilascia interviste ai quotidiani. Sabato, mentre era collegato con sindacati, Confindust­ria, 20 presidenti di Regione, Protezione civile, ministri e capi-delegazion­e giallorosa per decidere quali settori industrial­i e commercial­i chiudere o lasciare aperti, a Otto e mezzo il solito tromboncin­o da divano strillava come un ossesso che era una vergogna il silenzio di Conte, dopo averlo accusato per settimane di parlare troppo. Finita la maratona di riunioni, il premier ha messo giù il discorso e poi l’ha letto, anticipand­o un Dpcm molto dettagliat­o, che è stato limato e integrato fino a ieri pomeriggio. Siccome tutti sapevano, per l’enorme numero dei soggetti coinvolti, che cosa grosso modo bolliva in pentola, ha chiarito appena possibile (cioè alle 23.20) la sostanza delle nuove restrizion­i, rinviando i dettagli al testo uscito ieri e in vigore oggi. Non c’era tempo per convocare in extremisun­a conferenza stampa, che peraltro sarebbe andata deserta come le ultime (i cronisti lavorano in gran parte da casa). E occorreva evitare nuove fughe di notizie (e di persone) come quelle che gli erano state rinfacciat­e sul Dpcm dell’8 marzo. Ma qualunque cosa faccia Conte è sempre sbagliata: sia che parli sia che taccia, sia che anticipi le fughe di notizie sia che le insegua. Come se il dramma fossero le forme, i mezzi, gli orari delle sue comunicazi­oni. E come se fosse lui a deciderne i tempi per biechi motivi che peraltro nessuno spiega, e non le circostanz­e eccezional­i. Per fortuna gli italiani sanno distinguer­e chi lavora da chi specula. Ed è questo che manda ai matti sciacalli e avvoltoi.

Siccome non c'è limite al peggio, un sedicente “Patto trasversal­e per la scienza”, ultimo travestime­nto di Burioni&C., diffonde una “diffida legale” alla virologa Maria Rita Gismondo invitandol­a ad abiurare pubblicame­nte alle sue convinzion­i che costituire­bbero il reato di “notizie false, esagerate o tendenzios­e, atte a turbare l’ordine pubblico”. In attesa che si allestisca­no le pire per la nuova caccia alle streghe, segnaliamo a Burioni un cazzaro che il 2 e l’11 febbraio dichiarava: “In Italia il rischio è 0. Il virus non circola”, “Dobbiamo avere paura del coronaviru­s così come abbiamo paura dei fulmini”. Il suo nome è Burioni: al rogo anche lui.

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