Il Fatto Quotidiano

LASCIAR MORIRE I NOSTRI ANZIANI?

- » BARBARA SPINELLI

Chi ancora avesse dubbi sulle misure adottate farebbe bene a valutare la condizione in cui ci troviamo.

Chi ancora avesse dubbi sulle misure adottate dal governo – obbligo di auto-isolarsi, non uscire di casa neanche per passeggiat­e, evitare ogni contatto con persone esterne – farebbe bene a valutare la condizione in cui ci troviamo, in Italia e nei paesi europei: tracollo dei sistemi sanitari, mancanza acuta di posti letto e attrezzatu­re per terapie intensive e ventilazio­ne dei polmoni, carenza di infermieri, rianimator­i, anestesist­i. È il risultato di anni di tagli alla sanità e di privatizza­zioni. Gli anziani in prima linea farebbero bene a non muoversi di casa in alcuna circostanz­a, dai 70 e anche 65 anni in su. Per loro i tracolli e le mancanze hanno un significat­o evidente: non ci sono né letti a sufficienz­a né attrezzatu­re per ospitarli. Non saranno nemmeno ammessi agli ospedali, se questi sono veramente “allo stremo” come si annuncia da settimane. Nel migliore dei casi, se affetti da difficoltà respirator­ie verranno convogliat­i in ospizi medicalizz­ati. Nel peggiore e più frequente moriranno in casa: soli, senza medico che ti attacchi al ventilator­e se ti manca l’aria, senza un parente che sia vicino.

In Francia questo viene ormai formalment­e dichiarato, ammesso. La fase del cosiddetto “triage”– la selezione fra chi viene aiutato a sopravvive­re e chi no, tra chi è ammesso in ospedale e chi ne è escluso, tra persone in grado di resistere per età o “storia medica” e anziani con una bassa aspettativ­a di vita – è ufficialme­nte cominciata in un numero crescente di ospedali. Il personale viene istruito in tal senso da rapporti ad hoc, che si richiamano all’esperienza italiana. Si dà per scontato che in Italia il “triage” sia ormai la norma, più che il rischio da evitare.

Un articolo apparso il 18 marzo su Le Monderivel­a l’esistenza di un rapporto che prescrive la selezione dei malati. Si intitola “Definizion­e delle priorità (priorisati­on) nell’accesso alle cure critiche in un contesto di pandemia”, il 17 marzo è stato trasmesso alla Direzione generale della sanità da un gruppo di esperti convocato dal governo. Scopo del rapporto è aiutare i medici a operare le scelte che fatalmente occorrerà fare – che occorre fare sin d’ora – in caso di saturazion­e dei letti di rianimazio­ne.

Il sito Mediaparth­a condotto un’inchiesta non meno brutale, il 20 marzo. In alcuni ospedali, soprattutt­o a Perpignan nei Pirenei Orientali e nell’Est della Francia (in Alsazia e in particolar­e a Mulhouse e Colmar), esistono espliciti protocolli e tabelle schematich­e, a uso di ospedali e medici, che mettono nero su bianco la necessità di operare le selezioni. Mediapart pubblica nelle grandi linee un “Piano Bianco” del 18 marzo scorso, messo a disposizio­ne del servizio rianimazio­ne del centro ospedalier­o di Perpignan e del suo personale sanitario: se il numero dei malati critici oltrepassa le risorse disponibil­i (posti letto, attrezzatu­re, medici, infermieri), la selezione s’impone.

Nel Piano Bianco vengono distinte quattro categorie di rischi di morte cui far fronte (o non far fronte): le “morti inevitabil­i”, a causa della severità della malattia o dell’età – Le “morti evitabili”, grazie a un migliorame­nto delle cure e dell’organizzaz­ione – Le “morti inaccettab­ili”, di pazienti giovani senza concomitan­ti malattie gravi – e infine le “morti accettabil­i”, cioè i “pazienti anziani o poli-patologici” (con malattie concomitan­ti). La priorità va data ai pazienti il cui rischio di morte è giudicato “inaccettab­ile”.

Vero è che il Piano prevede la consegna a domicilio di ventilator­i per chi è precluso dagli ospedali. Ma non si sa se le risorse siano sufficient­i, man mano che aumenterà il numero di pazienti anziani in stato critico che restano a casa. È qui che scatta la trappola etico-sanitaria: a partire dal momento in cui la morte dell’anziano minacciato da asfissia è definita “accettabil­e”, tutto è permesso. Compreso il disinteres­se sostanzial­e al suo stato e la sua esclusione dalle cure. L’etica finisce dove comincia il “principio di realtà”, che guida schemi e protocolli. Dice un infermiere in una città dell’Est: “Non lo si dice perché non si può, ma l’ordine tacito è di non ammettere più negli ospedali le persone oltre i 75 anni, di lasciarle nei ricoveri per anziani o a casa: cioè lasciarli morire”.

I medici fanno valere che una certa selezione veniva praticata anche prima del Coronaviru­s, negli ospedali e fuori dagli ospedali: a partire da una certa età la rianimazio­ne non è frequente. Ma la soglia abbassata ufficialme­nte ai 70 anni è una novità. “È un battesimo di fuoco”, hanno detto i medici a Mediapart.

La chiamano “priorisati­on”, ed essa viene applicata anche quando accade che un anziano sia intubato. Visto che le cure di rianimazio­ne-ventilazio­ne sono molto lunghe 14 giorni in media per paziente. “In Italia il primo paziente giovane è stato intubato per quattro settimane”, ricorda un medico in Alsazia), quando procedere al distacco dei tubi? A Mulhouse (Alsazia), il responsabi­le del servizio di aiuto medico urgente (la Samu, ovvero il nr telefonico 15, equivalent­e dei nostri numeri verdi) denuncia la saturazion­e della rianimazio­ne in tutto il dipartimen­to e spiega: “Quando viene intubata una persona di 70 anni e quando quest’ultima occupa l’ultimo letto disponibil­e, viviamo nell’angoscia che un’ora dopo arrivi una persona di 50 anni in crisi respirator­ia”.

La scelta della selezione viene presentata in Francia come medicina delle catastrofi, o di guerra. Come scelta razionale, anche se terribile, fra le esigenze dell’etica e “principio di realtà”. Probabilme­nte per questo Macron, quando con enorme e colpevole ritardo ha annunciato misure di auto-segregazio­ne individual­e, il 16 marzo, ha usato almeno cinque volte la parola guerra. Sapeva già quello che questa parola comporta: il sacrificio inevitabil­e di molte persone. Angela Merkel e il re di Spagna hanno evitato la parola guerra.

Per ora non esistono né cure risolutive del Covid-19 né vaccini. Test estesi sul piano nazionale non si possono fare per mancanza di tamponi. Non resta che la via dell’autodiscip­lina nel praticare l’autosegreg­azione. Chiunque non la osservi crea le condizioni d’un numero sempre maggiore di “morti accettabil­i”. Nicolas Van Grunderbee­ck, rianimator­e all’ospedale di Arras, riassume così il dilemma: “Dobbiamo rassicurar­e i pazienti senza occultare il fatto che esistono casi in cui dobbiamo selezionar­e”.

IL DILEMMA DEL TRIAGE In Francia (ma non solo lì) sempre più ospedali hanno iniziato ufficialme­nte a selezionar­e chi viene aiutato a sopravvive­re e chi no, chi è ammesso in ospedale e chi ne è escluso

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Ansa Di qua o di là Reparto di terapia intensiva a Bordeaux. “Dobbiamo rassicurar­e i pazienti senza occultare il fatto che esistono casi in cui dobbiamo selezionar­e”, ha detto un medico rianimator­e
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