DATI E SCIENZIATI DALLA MIA PARTE
Estrapolano poche parole dal contesto dei miei discorsi e del momento in cui le ho pronunciate
Nessuna voglia, né intenzione di replicare al mittente. Solo tristezza per la perdita di tempo e per l’immagine di divisione che si dà alla gente che oggi - si veda il mio appello di ieri - vorrebbe vedere i ricercatori uniti a cercare di risolvere l’emergenza che stiamo vivendo. Scrivo solo nel rispetto dei lettori, che devono avere argomentazioni e dati per un’informazione corretta. I legali faranno il loro corso nelle sedi opportune.
IN SINTESI il Patto Trasversale per la Scienza, fondato dal dottor Burioni, mi accusa di aver reso dichiarazioni volte a minimizzare la gravità della situazione, che avrebbero potuto indurre parte della popolazione a violare i precetti governativi volti a contenere il contagio, con nefaste ricadute in termini di salute pubblica. Solo per cominciare, desidero confermare il mio rispetto per le misure governative, riportando quanto ho dichiarato il 5 marzo: “L’unica arma che abbiamo è il contenimento. Non ha senso valutare i numeri di pochi giorni. Appena saranno passati 14-18 giorni cominceremo a trarre delle conclusioni”. E ricordando quanto ho più volte ribadito su Il Fatto Quotidi an o s ul la necessità che soprattutto i giovani si rendano responsabili e rispettino le regole del momento.
Ma andiamo alle frasi “incriminate” (fra l’altro estrapolate dal loro contesto e da un discorso più complesso). La prima è un mio post privato su Facebook: “È una follia questa emergenza, si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia letale” ( 23.2.2020). Lo scopo era spegnere il panico crescente mentre, ricordo, in Italia si registravano solo i primi casi autoctoni circoscritti a Codogno. Ecco cosa affermavano altre accreditate fonti. Il 25 febbraio 2020 il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana dichiarava: “Cerchiamo di sdrammatizzare: questa è una situazione senza dubbio difficile ma non così tanto pericolosa. Il virus è aggressivo e particolarmente rapido nella diffusione, ma nelle conseguenze molto meno; è poco più di una normale influenza”. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche sottolineava: “Per evitare eccessivo allarmismo è bene ricordare innanzitutto che 19 casi su una popolazione di 60 milioni di abitanti rendono comunque il rischio di infezione molto basso. ... L’infezione, dai dati epidemiologici oggi disponibili su decine di migliaia di casi, causa sintomi lievi/moderati (una specie di influenza) nell’80-90% dei casi. Nel 10-15% può svilupparsi una polmonite, il cui decorso è però benigno in assoluta maggioranza”.
IL VIROLOGO Fabrizio Pregliasco precisava il 23 febbraio: “È una malattia che rientra nelle cosiddette infezioni respiratorie acute che fanno da corollario all’i nfluenza in ogni inverno”. E il 24 febbraio Ilaria Capua rassicurava: “Il Coronavirus circolerà per mesi, ma niente allarmismo ingiustificato”,“Bisogna chiamarla sindrome similinfluenzale da Coronavirus. Questo è l’unico modo in cui possiamo liberarci dal panico” (dal sito Il Bo Live). Altra mia frase “incriminata”: “Non voglio sminuire il coronavirus, ma la sua problematica rimane appena superiore al l’influenza stagionale”. Frase estrapolata dalla disamina dei dati pubblicati dall’Istituto Superiore della Sanità sulle influenze. Secondo i dati più aggiornati di InfluNet (il sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’i nfluenza, coordinato dal Ministero della Salute con la collaborazione dell’Iss), da ottobre 2019 a febbraio 2020 il numero di casi stimati di sindrome simil-influenzale è stato di circa 5 milioni e 632 mila. Tra il 2007 e il 2017, i morti “diretti” per influenza sono stati in media 460 l’anno, mentre le stime per i decessi “indiretti” vanno dai 4 mila ai 10 mila l’anno.
Da questo deducevo che “Non deve preoccuparci la letalità, ma la velocità di diffusione” e precisavo: “L’emergenza potrebbe avere pesanti ripercussioni sul sistema sanitario”. Peraltro, esaminando i decessi, che il commissario Angelo Borrelli continua a chiarire essere i dati totali comprensivi dei morti “con” e “per” Coronavirus, il fondamentale report dell’Iss sui pazienti morti (17 marzo) riportava che complessivamente 3 (0,8% del campione esaminato) presentavano zero patologie, 89 (25,1%) una patologia, 91 due patologie (25.6%) e 172 (48,5%) tre o più patologie.
Terza e ultima mia frase “incriminata”: “Tra poco il 60-70% della popolazione sarà positivo, ma non dobbiamo preoccuparci” (13.3.2020).
ANCHE questa affermazione è stata più volte confermata, in termini più ampi. Il 4 marzo, in un’intervista, Ilaria Capua, alla domanda “A che punto è l’epidemia in Italia?”, rispondeva: “Non lo sappiamo: i contagiati sono molti di più dei circa 2 mila dichiarati”. Quanti? “Forse anche oltre 100 volte tanto”. Perché una differenza così clamorosa tra numeri ufficiali e dati possibili? “Perché i test più usati individuano il virus e non gli anticorpi. Di conseguenza non sappiamo quanti siano gli infetti, contando sia i sintomatici sia gli asintomatici”.
Potrei continuare, ma non credo sia necessario. Il mio unico intento è dare al lettore un quadro chiaro in un momento così impegnativo e consentire la lettura degli effettivi dati scientifici. La vera scienza, come più volte ho sostenuto, esige un dialogo aperto tra ricercatori che abbiano il coraggio di discutere pur sostenendo orientamenti diversi. Dal confronto leale e corretto credo nasca la vera scienza.
* direttore microbiologia clinica e virologia del “Sacco”
di Milano
Tutti i riscontri
Da Capua a Pregliasco fino al Cnr: gli stessi dubbi sui dati ufficiali del ministero e dell’Iss
SUI COLLEGHI DENUNCIANTI
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I DECESSI PER IL COVID-19
Il fondamentale report dell’Iss sui pazienti morti (17 marzo) riporta che complessivamente solo 3 presentavano 0 patologie pregresse