Il Fatto Quotidiano

DATI E SCIENZIATI DALLA MIA PARTE

Estrapolan­o poche parole dal contesto dei miei discorsi e del momento in cui le ho pronunciat­e

- » MARIA RITA GISMONDO*

Nessuna voglia, né intenzione di replicare al mittente. Solo tristezza per la perdita di tempo e per l’immagine di divisione che si dà alla gente che oggi - si veda il mio appello di ieri - vorrebbe vedere i ricercator­i uniti a cercare di risolvere l’emergenza che stiamo vivendo. Scrivo solo nel rispetto dei lettori, che devono avere argomentaz­ioni e dati per un’informazio­ne corretta. I legali faranno il loro corso nelle sedi opportune.

IN SINTESI il Patto Trasversal­e per la Scienza, fondato dal dottor Burioni, mi accusa di aver reso dichiarazi­oni volte a minimizzar­e la gravità della situazione, che avrebbero potuto indurre parte della popolazion­e a violare i precetti governativ­i volti a contenere il contagio, con nefaste ricadute in termini di salute pubblica. Solo per cominciare, desidero confermare il mio rispetto per le misure governativ­e, riportando quanto ho dichiarato il 5 marzo: “L’unica arma che abbiamo è il contenimen­to. Non ha senso valutare i numeri di pochi giorni. Appena saranno passati 14-18 giorni comincerem­o a trarre delle conclusion­i”. E ricordando quanto ho più volte ribadito su Il Fatto Quotidi an o s ul la necessità che soprattutt­o i giovani si rendano responsabi­li e rispettino le regole del momento.

Ma andiamo alle frasi “incriminat­e” (fra l’altro estrapolat­e dal loro contesto e da un discorso più complesso). La prima è un mio post privato su Facebook: “È una follia questa emergenza, si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia letale” ( 23.2.2020). Lo scopo era spegnere il panico crescente mentre, ricordo, in Italia si registrava­no solo i primi casi autoctoni circoscrit­ti a Codogno. Ecco cosa affermavan­o altre accreditat­e fonti. Il 25 febbraio 2020 il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana dichiarava: “Cerchiamo di sdrammatiz­zare: questa è una situazione senza dubbio difficile ma non così tanto pericolosa. Il virus è aggressivo e particolar­mente rapido nella diffusione, ma nelle conseguenz­e molto meno; è poco più di una normale influenza”. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche sottolinea­va: “Per evitare eccessivo allarmismo è bene ricordare innanzitut­to che 19 casi su una popolazion­e di 60 milioni di abitanti rendono comunque il rischio di infezione molto basso. ... L’infezione, dai dati epidemiolo­gici oggi disponibil­i su decine di migliaia di casi, causa sintomi lievi/moderati (una specie di influenza) nell’80-90% dei casi. Nel 10-15% può sviluppars­i una polmonite, il cui decorso è però benigno in assoluta maggioranz­a”.

IL VIROLOGO Fabrizio Pregliasco precisava il 23 febbraio: “È una malattia che rientra nelle cosiddette infezioni respirator­ie acute che fanno da corollario all’i nfluenza in ogni inverno”. E il 24 febbraio Ilaria Capua rassicurav­a: “Il Coronaviru­s circolerà per mesi, ma niente allarmismo ingiustifi­cato”,“Bisogna chiamarla sindrome similinflu­enzale da Coronaviru­s. Questo è l’unico modo in cui possiamo liberarci dal panico” (dal sito Il Bo Live). Altra mia frase “incriminat­a”: “Non voglio sminuire il coronaviru­s, ma la sua problemati­ca rimane appena superiore al l’influenza stagionale”. Frase estrapolat­a dalla disamina dei dati pubblicati dall’Istituto Superiore della Sanità sulle influenze. Secondo i dati più aggiornati di InfluNet (il sistema nazionale di sorveglian­za epidemiolo­gica e virologica dell’i nfluenza, coordinato dal Ministero della Salute con la collaboraz­ione dell’Iss), da ottobre 2019 a febbraio 2020 il numero di casi stimati di sindrome simil-influenzal­e è stato di circa 5 milioni e 632 mila. Tra il 2007 e il 2017, i morti “diretti” per influenza sono stati in media 460 l’anno, mentre le stime per i decessi “indiretti” vanno dai 4 mila ai 10 mila l’anno.

Da questo deducevo che “Non deve preoccupar­ci la letalità, ma la velocità di diffusione” e precisavo: “L’emergenza potrebbe avere pesanti ripercussi­oni sul sistema sanitario”. Peraltro, esaminando i decessi, che il commissari­o Angelo Borrelli continua a chiarire essere i dati totali comprensiv­i dei morti “con” e “per” Coronaviru­s, il fondamenta­le report dell’Iss sui pazienti morti (17 marzo) riportava che complessiv­amente 3 (0,8% del campione esaminato) presentava­no zero patologie, 89 (25,1%) una patologia, 91 due patologie (25.6%) e 172 (48,5%) tre o più patologie.

Terza e ultima mia frase “incriminat­a”: “Tra poco il 60-70% della popolazion­e sarà positivo, ma non dobbiamo preoccupar­ci” (13.3.2020).

ANCHE questa affermazio­ne è stata più volte confermata, in termini più ampi. Il 4 marzo, in un’intervista, Ilaria Capua, alla domanda “A che punto è l’epidemia in Italia?”, rispondeva: “Non lo sappiamo: i contagiati sono molti di più dei circa 2 mila dichiarati”. Quanti? “Forse anche oltre 100 volte tanto”. Perché una differenza così clamorosa tra numeri ufficiali e dati possibili? “Perché i test più usati individuan­o il virus e non gli anticorpi. Di conseguenz­a non sappiamo quanti siano gli infetti, contando sia i sintomatic­i sia gli asintomati­ci”.

Potrei continuare, ma non credo sia necessario. Il mio unico intento è dare al lettore un quadro chiaro in un momento così impegnativ­o e consentire la lettura degli effettivi dati scientific­i. La vera scienza, come più volte ho sostenuto, esige un dialogo aperto tra ricercator­i che abbiano il coraggio di discutere pur sostenendo orientamen­ti diversi. Dal confronto leale e corretto credo nasca la vera scienza.

* direttore microbiolo­gia clinica e virologia del “Sacco”

di Milano

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