Il Fatto Quotidiano

Dai balconi si canta anche il Miserere, il salmo del pentimento di re Davide

Quaresima pandemica: in penisola sorrentina ci si prepara alle strade vuote del Venerdì Santo, senza procession­i

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

Non l’inno d’Italia, né una canzone di ieri o di oggi. Ma il canto del Miserere nella versione del maestro abruzzese Saverio Selecchy (1708-1788). È successo ieri a Piano di Sorrento, nella costiera in provincia di Napoli: una terra nota anche per le tradiziona­li procession­i di incappucci­ati nei due giorni centrali della Settimana Santa, il Giovedì e il Venerdì.

Alle sette meno un quarto, quando il giorno vira verso il buio, da balconi e terrazzi è risuonata la stessa esecuzione del Miserere, riprodotta in precedenza. Il canto si è steso come un manto sulle strade vuote, le stesse che vengono percorse ogni anno, la sera del Venerdì Santo, dagli incappucci­ati neri dell’Arciconfra­ternita della Morte e Orazione. “Miserere mei, Deus, secundum magnam misericord­iam tuam”.“Pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericord­ia”.

DA SECOLI, i confratell­i del coro del Miserere vengono inquadrati nel corteo degli incappucci­ati che portano in giro i simboli della Passione e della Morte di Gesù nonché le statue del Cristo Morto e della Madonna Addolorata. Ma quest’anno, per la prima volta (a meno di un miracolo), il Venerdì Santo sarà un deserto, in costiera sorrentina come in altre zone d’Italia, dall’Abruzzo alla Puglia e alla Sicilia. Mai successo, a memoria d’uomo. Un vuoto che si avverte già in questa Quaresima pandemica di clausura.

Questi sono infatti i giorni in cui gli organizzat­ori delle procession­i mettono a punto tutti i dettagli per le uscite: le vesti da distribuir­e, i lampioni da lustrare, i cori da far provare, l’allestimen­to delle statue e così via. Di qui i tanti significat­i del

Miserere “cantato” ieri da balconi e terrazzi. Viene in mente un’altra tragedia, quando la versione del maestro Selecchy venne cantata da una collina di Chieti verso le macerie dell’Aquila. Era il Venerdì Santo del 2009, l’anno del terremoto.

Il Miserere è uno dei salmi attribuiti a Davide, re d’Israele. Il numero cinquanta. Ed è il grido di pietà per un feroce delitto: Davide desiderò Betsabea, moglie del suo soldato più fedele, Uria l’Ittita, e giacque con essa, che rimase incinta. Il re, poi, fece in modo che Uria morisse in battaglia. Il bimbo nacque ma morì. Davide chiese perdono e sposò Betsabea, che gli diede un altro figlio: Salomone.

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