Trombonevirus: quanti diari da isolamento ci aspettano!
Caro Enrico, dal mio balcone non vedo nessuna Europa in ginocchio, non ho tali retoriche pretese, mi basta già il silenzio atroce della mia Milano, rotto di tanto in tanto dal suono delle sirene, dallo sferragliare – raro e però rassicurante – di qualche tram, cosicché ci si convinca che nonostante tutto qualcosa continua come prima. Ancora non sono stato contagiato dal trombonevirus che invece dilaga implacabile sui giornaloni, dove schiere di commentatori si prodigano nell’infliggere lezioni di vita, riflessioni sugli effetti collaterali del panico e della umanissima paura di morire, o sulle strategie paramilitari per contenere il maledetto contagio. Che non è l’unico in agguato. L’amica e scrittrice Caterina Emili paventa infatti il diffondersi della sindrome di Boccaccio: “Non temo il contagio tra la gente semplice, di poca perizia. Questa scriverà e scriverà e magari pubblicherà a pagamento. Ma mi terrorizza la diffusione di tale sindrome tra i narratori professionisti. Ommadonnasanta, quanti diari da isolamento ci aspettano! Amori che nascono tra la cucina e il cesso, viaggi attorno al tinello, brevi cenni sull’universo del balcone. Senza contare gli incontri con dio, ruffiano il Coronavirus...”. Natalia Aspesi, agguantando l’ironìa di Caterina, le ha risposto su Fb: “Lascia che si distraggano, intanto noi torniamo a leggere la Peverelli”, celeberrima rivale di Liala. Il poeta Gabriele Via teorizza la poesia come terapia e strumento di cura. Forse per questo Piero Nissim mi ha inviato il sonetto in vernacolo pisano “A’ tempi der coronavirus”.
Riordi Nèri della piena d'Arno? Fu ner sessantasei la gran sciagura! Ma s’era tutti ’nsieme ’n mezzo ar fango a sarvà’i libri, l’arte, la ’urtura. Vennero terremoti a spiacciacce e noi a scavà’, cercà’ persone ’n vita e ’r foo a Carci, come se un bastasse, trovò la gente insieme, tutta unita. Ma qui, co’ ’sto ’Orona è n’artra ’osa, si deve sta isolati in quarantena, ognun per l’artri, ma rinchiusi in casa! Tempo sospeso fra colazione e cena: fragilità, stanchezza... ma non resa! “Adda passà’ a nuttata!” e vesta pena...